Subject: Esperanto
E' parecchio tempo che rifletto sul problema della lingua comune e vorrei fare alcune considerazioni.
1) E' vero che occorre salvaguardare il patrimonio linguistico di ciascun popolo;
2) è vero che l'uso del plurilinguismo si adegua ai più sacrosanti principi democratici;
3) è vero che oggi la lingua più diffusa è l'inglese e che l'inglese è il destino più prossimo come lingua veicolare;
4) non è giusto definire il latino come lingua morta ed inutilizzabile solo perché il latino che si studia oggi è quello scritto e non ha nulla a che fare col latino parlato; la stessa cosa si puo' dire di qualsiasi altra lingua che, proprio per esigenze di comprensibilità si è dovuta evolvere e mutuare con altre;
5) non è giusta la definizione dell'Esperanto come lingua artificiale in contrapposizione alle lingue esistenti nate dalla necessità della comunicazione all'interno di una tribù o di un popolo; non è giusto perche' anche l'esperanto nasce dalla necessità di comunicazione come qualsiasi altra lingua esistente; non è giusto classificarla *non nobile* solo perché è nata da poco e non è ancora radicata;
6) il problema di una lingua veicolare non è solo un problema limitato ai confini europei; mi sembra, percio', che la Comunità Europea, proprio in virtù dell'essere una delle culle della civiltà, dovrebbe promuovere questo problema della comunicazione anche al di fuori dei propri confini;
Percio', dato per scontato che nel prossimo futuro sarà l'inglese la lingua veicolare, cio' non impedisce che si possa eleggere una lingua come l'Esperanto a lingua veicolare per un futuro più lontano coinvolgendo in questa operazione le scuole di tutto il mondo.
Certo, questa puo' essere considerata oggi un'utopia; ma anche l'Unione Europea, cent'anni fà, era un'utopia, ed oggi si sta realizzando.
Certo, occorrono persone ed organismi che non abbiano paura di apparire utopisti; pensare in grande e pensare in piccolo hanno lo stesso costo, ma con prospettive ben diverse.
Questa mi sembra l'iniziativa che dovrebbe perseguire con maggiore intensità il PR, al quale mi onoro di appartenere idealmente.
Paolo Paganetto