Bollettino di informazione sulle campagne del Partito Radicale transnazionale per la liberta' del Tibet e per la democrazia in Cina.
Numero 73 del 2 luglio 1998
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"I truly believe that individuals can make a difference in society. Since periods of great change such as the present one come so rarely in human history, it is up to each of us to make the best use of our time to help create a happier world".
Tenzin GYATSO, the Fourteenth Dalai Lama, 1992
Pubblicato in inglese, francese, spagnolo e italiano.
CLINTON A PECHINO
IN FRANCIA SI DA' FUOCO UN MILITANTE DEL TIBET
Chiudiamo questo numero di "Cina-Tibet Fax" prima della conclusione della visita del Presidente USA a Pechino. Visita che segue a ruota quella di un altro presidente: Oscar Luigi Scalfaro, Presidente italiano. Lasceremo alla prossima edizione del bollettino, le riflessioni e le analisi su queste due importanti visite di Stato, in un momento assai delicato della lotta per la democrazia in Cina e per la liberta' in Tibet.
Ci sembra, invece, importante dedicare la nostra attenzione al secondo suicidio, questa volta accaduto in Francia, alle porte di Parigi, dove Gilles Blanchard, dandosi fuoco alle vesti, si e' immolato per la liberta' del Tibet. Disgrazia che ci ha fatto ricordare immediatamente l'orrore delle vesti infuocate del monaco Thupten Ngodup, a New Delhi.
Fatti come questi allarmano e segnalano uno stato di tensione ed ansia nell'arcipelago dei sostenitori della liberta' del Tibet. A partire da questi eventi e dopo la lettera aperta del Partito Radicale al Kashag e la conseguente risposta di Kalon T.C. Tethong, anche Piero Verni ha sentito la necessita' di scrivere per "Cina Tibet Fax" un articolo, che pubblichiamo nella rubrica "Seconda Pagina".
Sempre su questa tragedia, la rappresentante del Dalai Lama a Parigi, Kunzang D. Yuthok, in un comunicato diffuso il giorno successivo ha riaffermato che "Sua Santita' il Dalai Lama e il Governo tibetano in esilio disapprovano qualsiasi ricorso alla violenza".
Continua inoltre la raccolta di fondi per evitare la chiusura di Radio Voice of Tibet.
A tutti voi, buona lettura.
SALVIAMO RADIO VOICE OF TIBET
La sottoscrizione pubblica per salvare Radio Voice of Tibet prosegue. Ad oggi alcune organizzazioni hanno gia' inviato alcuni contributi ed altre si stanno organizzando per raccogliere i fondi.
* La situazione dei versamenti al 29 giugno (comunicati alla Redazione di "Cina-Tibet Fax")
- Yosh 20 USD
- Tibet Unterstutzung Liechteinstein 2.000 CHF
- Olivier Dupuis, segretario del PR, 500 USD
* Come inviare il proprio contributo
Il versamento deve essere intestato a:
VOICE OF TIBET
WELHAVENSGATE 1
0166 OSLO (NORWAY)
BANK ACCOUNT: 1607.39.44191 (UNION BANK OF NORWAY)
SWIFT CODE: UBONOKK
Vi preghiamo, dopo aver effettuate il versamento, di darcene comunicazione attraverso un fax o un messaggio di posta elettronica: Redazione di "Democrazia per la Cina - Liberta' per il Tibet Fax": mailto: tibet.fax@agora.stm.it oppure fax ()39-055-230.24.52.
TIBET CINA TELEX
ROMA/VISITA DEL SINDACO DI PECHINO
28 maggio. L'organizzazione federata al Partito Radicale "Nessuno Tocchi Caino" ha organizzato una manifestazione durante la visita ufficiale del Sindaco della capitale cinese. In un volantino diffuso ai passanti si ricordavano le 6.100 condanne a morte e le 4.367 vittime di esecuzioni capitali, avvenute nel '96 nella RPC.
MOSCA/PRESENTAZIONE FILM
29 maggio. Circa 450 persone, tra cui numerosi deputati, giornalisti ed esponenti del Partito Radicale, hanno assistito alla prima del film "Sette anni in Tibet". La serata, su invito, e' stata organizzata dal "Tibet Culture & Information Service, American House of Cinema e Moscow Friends of Tibet Society".
ITALIA/VISITA DI PALDEN GYATSO
2 giugno. Durante la sua recente visita in Italia, il monaco Palden Gyatso ha rilasciato una lunga intervista all'emittente di informazione politica "Radio Radicale". L'intervista e' stata curata dal Consigliere Generale del PR, Paolo Pietrosanti. Alla domanda sulla proposta di lanciare una azione nonviolenta mondiale al di fuori del Tibet, Palden Gyatso ha cosi' risposto: " E' una soluzione eccellente, ritengo che in questo momento questa sia la soluzione eccellente".
VIENNA/DALAI LAMA
10 giugno. Durante la sua recente visita ufficiale in Austria, il Dalai Lama si e' rallegrato per il ruolo costruttivo dell'UE nella sua disputa con Pechino.
MARSIGLIA/CONGRESSO DELL'ASSOCIAZIONE TLS
12 Giugno. L'associazione Tibet-Liberté-Solidaritéé ha chiuso il suo congresso con la presentazione della "Marcia della Tigre": una camminata da Lione a Marsiglia per rilanciare la proposta di negoziati sino-tibetani. La marcia, organizzata dal Collettivo CFTL (13 organizzazioni francofone), si concludera' il 24 ottobre in prossimita' del Consolato cinese di Lione.
PE/VISITA DI CLINTO A PECHINO
24 giugno. Su iniziativa degli eurodeputati radicali, Olivier Dupuis e Gianfranco dell'Alba, una lettera aperta al Presidente USA, Bill Clinton, e' stata presentata dal dissidente cinese WEI Jingsheng, durante l'audizione alla Commissione esteri del PE. La lettera sottoscritta da 35 eurodeputati chiede al Presidente USA, di sottolineare il sostegno del mondo occidentale al Movimento democratico in Cina, di non sospendere le sanzioni commerciali riguardanti i trasferimenti di tecnologie sensibili e di insistere sulal ripresa immediata del dialogo diretto tra il Dalai Lama e il Governo cinese.
PRT/CINA/DICHIARAZIONE DI OLIVIER DUPUIS
24 giugno. Sulla lettera al Presidente Clinton, il Segretario del Partito Radicale, Olivier Dupuis, ha dichiarato: "l'amico Wei ha ricordato giustamente che la cruna d'ago attraverso cui le autorita' cinesi si rifiutano di passare e' la democrazia. Peccato che in questa loro ostinazione trovino tanti complici, a cominciare da Sir Leon Brittan, che ha sempre manifestato l'opposto di quanto dichiarato ieri dal suo collega conservatore britannico, Tom Spencer, presidente della Commissione Esteri del PE, per il quale Wei Jingsheng, come molti dei dissidenti a lungo in prigione nelle ex colonie britanniche, meriterebbe di essere al Governo in Cina. Speriamo che il presidente americano sappia distinguersi da questa impostazione suicida, non solamente per la Cina e per i suoi cittadini, ma per il mondo intero".
TORINO/MOBILITAZIONE PER IL TIBET
27 Giugno. Contemporaneamente alla visita di una delegazione ufficiale cinese, militanti radicali hanno organizzato una distribuzione massiccia di cartoline per la liberta' del Panchen Lama.
CINA/DOCUMENTO DELEGAZIONE PE/INTERNET
L'eurodeputato radicale Gianfranco Dell'Alba non ha potuto presentare ed illustrare il documento che aveva preparato per i lavori della delegazione del PE per i rapporti con l'Assemblea popolare cinese. Il documento pero' e' consultabile on-line su Internet all'indirizzo www.radicalparty.org.
SECONDA PAGINA
Volentieri pubblichiamo il seguente articolo di Piero Verni che si colloca, cosi' come la lettera del Partito Radicale al Governo tibetano in esilio, nel dibattito per rilanciare al piu' presto una campagna mondiale per la liberta' del Tibet. Ricordiamo ai lettori che chiunque puo' mandarci riflessioni e contributi scritti, preferibilmente entro le 60-70 righe di scrittura, al seguente numero di fax ()39-55.230.24.52 oppure all'indirizzo di posta elettronica tibet.fax@agora.it
PERCHE' IL TIBET VIVA
Di Piero Verni
Lo sciopero della fame dei sei digiunatori di Jantar Mantar a New Delhi e il tragico rogo di Thupten Ngodup hanno reso evidenti e manifesti per tutti la disperazione, la frustrazione e l'esasperazione del popolo tibetano. Sono stato a Delhi per buona parte delle oltre sei settimane di questo sciopero, ho potuto parlare con i sei digiunatori, con i dirigenti della Tibetan Youth Congress che l'aveva organizzato e con molti delle centinaia di tibetani che per tutta la durata dello sciopero sono venuti a rendere omaggio a questi sei digiunatori che, come ha giustamente ricordato Richard Gere in una conferenza stampa tenuta a Jantar Mantar, rappresentavano la stragrande maggioranza dei sei milioni di tibetani. Per quasi cinquanta giorni la tenda di New Delhi e' stata il cuore di una forte mobilitazione politica che e' riuscita a toccare ogni ambito della societa' tibetana dell'esilio e che ha ridato entusiasmo e coraggio alla resistenza all'interno del Tibet. Il dolore del popolo tibetano, dentro e fuori il Tibet
, ha trovato nell'iniziativa della Tibetan Youth Congress uno sbocco concreto e razionale consentendo ad una disperazione che sta realmente raggiungendo un pericoloso livello di guardia di esprimersi in un ambito politico. Non credo che si debba essere uno storico per sapere che quando un popolo colonizzato, represso, privato dei piu' elementari diritti umani e' ridotto a pensare di non avere piu' alcuna prospettiva tende a rifugiarsi in una deriva psicologica, prima ancora che politica, al termine della quale l'attendono inevitabilmente le scelte estreme dettate dalla disperazione. Il mio timore, sperando ovviamente di sbagliarmi, e' che la frustrazione e il senso di isolamento che vedo crescere tra la comunita' tibetana possano sfociare in scelte estreme e disperate Scelte che possono essere foriere di atti nichilisti e/o terroristi.
A mio modesto parere la situazione non e' ancora degenerata, oltre che per le eccezionali qualita' umane (individuali e collettive) delle donne e degli uomini del Tibet, anche perche' la Tibetan Youth Congress e' stata in grado di incanalare e indirizzare la disperazione e la frustrazione dei tibetani. Al contrario mi e' sembrato invece che il governo tibetano in esilio si sia trovato piuttosto spiazzato da questa azione della TYC, impegnato piu' di convincere i digiunatori ad interrompere la loro azione dopo i primi parziali successi, che non ad amplificarne e sostenerne il peso politico. Da questo punto di vista mi e' sembrata opportuna la franca e cordiale lettera inviata nelle scorse settimane dal Partito Radicale al governo tibetano in esilio per invitarlo da una parte ad una riflessione comune sullo stato della lotta per la liberta' del Tibet e dall'altro a prendere con decisione la testa del movimento nato dallo sciopero della fame dei sei di Jantar Mantar e dal sacrificio di Thupten Ngodup. Purtroppo
mi sembra che la risposta data da Kalon Tethong sia stata piuttosto evasiva e non sia entrata nel merito delle questioni poste dalla lettera del Partito Radicale. Anzi, e lo dico con la profonda amicizia che da oltre un decennio mi lega al governo tibetano in esilio, si e' scelto di insistere sul fatto che scioperi della fame fino alla morte e gesti estremi come il tragico rogo di Thupten Ngodup sono anch'essi azioni violente. Ma come si fa a chiedere al popolo tibetano, che da oltre quarant'anni sopporta senza un gesto di autentica violenza una delle piu' crudeli e terribili repressioni, di rinunciare anche al sacrificio di se stesso? Come si fa a non capire che a qualche (molti?) giovane tibetano se anche un gesto nobile come lo sciopero della fame ad oltranza viene considerato violento allora potrebbe venire in mente di farne qualcuno violento per davvero? Come si fa a credere che sia possibile liberare il Tibet senza pagare dei prezzi, anche dei prezzi molto elevati? Ripeto, giustamente il popolo tibeta
no sta facendo di tutto per non usare la violenza contro i cinesi e tantomeno il terrorismo contro terzi. Pero', che ai tibetani sia almeno lasciata la liberta' di sacrificare se stessi. Un piccolo esempio personale. Non posso dimenticare che trent'anni or sono decisi di occuparmi di politica vedendo in televisione un monaco buddhista vietnamita avvolto dalle fiamme. Quelle immagini mi fecero riflettere e mi fecero capire che se c'erano persone disposte ad un simile sacrificio dovevano esserci delle ragioni dalla loro parte. Credo che oggi lo stesso si possa dire per la questione tibetana e certo non per una voglia di martirio e/o di martiri che e' estranea alla mia cultura e psicologia quanto a quella dei tibetani (tanto e' vero che hanno evitato questi gesti per oltre 40 anni).
Mi e' difficile esprimere compiutamente l'angoscia e lo strazio che ho provato durante i venti giorni che ho trascorso a Delhi a stretto contatto con i digiunatori. Perche' da una parte avrei fatto di tutto perche' queste sei persone, miti e giuste, interrompessero lo sciopero e non morissero. Dall'altra parte pero' sapevo che avevano ragione quando mi dicevano che se c'era una possibilita' per mettere il mondo di fronte alle sue responsabilita' era quella di passare attraverso il loro sacrificio e quello di altri coraggiosi militanti come loro. Con l'angoscia nel cuore sapevo che aveva (ed ha) ragione Dawa Gyalpo quando con un filo di voce, al 39.mo giorno di digiuno, mi sussurrava che quando centinaia di tibetani si saranno lasciati morire forse quel giorno per la comunita' internazionale sara' un poco piu' difficile ignorare il caso tibetano. Vorrei sbagliarmi, e lo spero con tutte le mie forze, ma temo che Dawa Gyalpo abbia ragione e che la lotta del popolo tibetano debba passare attraverso il collo di b
ottiglia di sacrifici del genere.
Mi si potra' facilmente obiettare che pero' Sua Santita' il Dalai Lama si e' piu' volte espresso contro questi metodi di lotta, soprattutto contro il tragico rogo di Thupten Ngodup (e nei giorni scorsi di quello di Gilbert Blanchard). Pero', come giustamente ricorda il presidente della Tibetan Youth Congress in una intervista pubblicata sul numero di giugno della "Tibetan Review", il Dalai Lama e' un monaco buddhista, e' un bodhisattva e quindi e' l'incarnazione stessa della compassione verso tutti gli esseri senzienti. Ma il popolo tibetano sta lottando per i suoi diritti politici e questo non e' un atto religioso ma politico. Ed e' questo il punto di vista da cui dovrebbe porsi il governo tibetano al quale mi permetto di rivolgere con rispetto queste riflessioni in un momento come l'attuale in cui la Repubblica Popolare Cinese sembra essere forte come mai era stata negli ultimi dieci anni e quando e' sempre piu' difficile per gli amici del popolo tibetano contrastare le potenti lobbies filo-Pechino. A mio
modestissimo avviso oggi piu' che mai si dovrebbe tutti, tibetani e non, coordinare i nostri sforzi e intensificare la mobilitazione con azioni quantitativamente e qualitativamente piu' efficaci e decise. Perche' non e' vero che si possa dialogare piu' facilmente con il governo di Pechino (che proprio oggi ha accusato per l'ennesima volta il Dalai Lama di voler instaurare una dittatura feudale in Tibet e che ha negato di aver mai represso le liberta' religiose in Tibet) grazie a sempre maggiori rinunce e concessioni. E' invece vero proprio il contrario, come ha spiegato in questi giorni Wei Jinsheng alla Commissione per gli Affari esteri del Parlamento Europeo: la Cina cede soltanto in seguito a forti pressioni e se non vi sono pressioni, la sua arroganza aumenta.
Per finire. Ricordando l'immenso lavoro svolto dal 1959 ad oggi e i grandi meriti accumulati in questi quarant'anni di esilio dal governo tibetano in esilio, vorrei, in tutta modestia, pregarlo di rispondere con energia, forza e determinazione alla mobilitazione nata in seguito al digiuno dei sei di Jantar Mantar e al sacrificio di Thupten Ngodup e rilanciare con ancora piu' efficacia che in passato la lotta per la liberta', la democrazia e il diritto all'autodeterminazione del popolo tibetano.
Perche' il Tibet viva.