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Orofino Veronica - 6 luglio 1998
QUANDO IL CALCIO DIVENTA POLITICA

Il giornale / Marco Ventura

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Tre gol alla Germania, ed è una nuova vita,. Era già nuova, la Croazia, diversa da quella che per tanti anni ci siamo abituati a conoscere come un immenso campo di battaglia. Ma adesso è un secondo riconoscimento. La consacrazione .

Vukovar, la Guernica croata, è un ricordo. Vukovar oggi è croata. La Slovenia è tornata a Zagabria. E' croata Knin, capitale della Krajina. Allo scoppio della guerra i serbi, che da quelle parti erano la stragrande maggioranza, s'erano ribellati alla proclamazione d'indipendenza di Zagabria dalla Jugoslavia e avevano cacciato i croati, unendosi con un lungo corridoio a Belgrado. Invece oggi si trovano in Serbia, dai profughi. Son dovuti scappare loro. I simboli della grande Croazia, gli stessi che campeggiano sulle maglie di Boban e compagni, hanno invaso tutta la Krajina. E la Croazia ambisce a entrare nell'Unione europea e nell'euro.

Ieri si festeggiava la vittoria sulla Germania, a Zagabria. Anche il 15 gennaio 1992 si festeggiavano come una battaglia vinta i primi riconoscimenti da parte degli Stati amici, grazie soprattutto alla Germania. Anche allora si cantava e ballava in piazza Ban Jelacic, sotto il monumento equestre al condottiero (bano) Josip Jelacic che il 9 settembre 1848 aveva scavalcato la Drava con 40mila uomini e s'era lanciato alla conquista di Buda regalando allaq Croazia 12 anni d'indipendenza. Il presidente Franjo Tudjman, pur di ottenere il riconoscimento, aveva promesso una maggiore tutela delle minoranze. Storico revisionista, ex comunista, dissidente nazionalista contro Tito, ex generale e custode dell'ortodossia titina nell'esercito, Tudjman oggi è considerato fascista. Nonostante la Croazia sia una democrazia, lui comanda col piglio e i metodi di un dittatore. Demagogo, sciovinista, ma anche destinato a passare alla storia come il padre della ritrovata patria croata, usa lo sport in funzione patriottica e di

propaganda al suo partito. Tra i testimonial elettorali dell'Hdz c'era lo scomparso campione di basket, Drazen Petrovic. E al vertice del calcio croato Tudjman è arrivato a inserire un ex direttore della Tv di Stato. Portò Boban e Toni Kukoc in elicottero a Knin, dopo il contrattacco in Krajina. Durante la guerra, la Dalmazia era come morta, oggi riprende a far concorrenza al turismo italiano.

Anche il 15 gennaio 1992, gli speaker televisivi invitavano a << non sparare dalla gioia>>. Sventolava su tutti i pennoni la scacchiera bianco-rossa emblema del regno fondato da Tomislav nel 925 e durato due secoli. Nell'ex via delle Brigate Proletarie, ora via Vukovar, il consolato tedesco diventava ambasciata. Una cantante di mezza età avvolta nella bandiera tedesca intonava alla Tv e alla radio Danke Deutschland (Grazie Germania). Nei rifugi e bar sotterranei di Vukovar, sotto la tempesta di proiettili serbi, i gardisti avevano per lunghe e spaventose notti urlato una versione slava della mitica Lilì Marlene. Chissà dov'era Boban, allora. Nel maggio 1990, quando giocava a Belgrado nella Dinamo Zagabria contro la Stella Rossa, a capo della tifoseria serba c'era Zeljko Raznjatovic <>, che di lì a poco avrebbe guidato i massacri in Slavonia e in Bosnia. I nazionalismi, compressi dal pugno di ferro del regime titino, trovavano nel calcio uno sfogo. Poi venne la guerra , e dalle botte si passò alle b

ombe, dai campi di calcio ai campi di concentramento. Non era più teppismo da stadio: gli stadi servivano ad altro. Arkan lanciava i suoi <> armati di mitra e non più di bastoni. <>. Ma ci somigliava.

Solo che nel calcio era anche una speranza di resurrezione. Nei pochi momenti di tregua serbi, croati e caschi blu tiravano quattro calci al pallone tra i girasoli. La Croazia sarebbe rinata in uno stadio, a Parigi. Alle Olimpiadi di Barcellona del 1992, la squadra croatadi basket fu seconda e i giocatori passarono la notte a cantare inni estremisti ustascia in una trattoria Erano le canzoni del fronte croato, quando i gardisti salivano sui pullman per andarsi a riprendere i loro villaggi. <>, urlava il capitano. <>, rispondeva la truppa. <>. <>. L'identificazione nazionale riempie di pathos la tifoseria, oggi come ieri. In Bosnia, a Mostar Ovest, la Mostar croata, non si tifava Bosnia alle qualificazioni mondiali dell'ottobre 1996, ma Croazia. Finì 1-4 il confronto diretto. Arkan ha comprato una squadra di seconda divisione, l'ha intitolata a Milos Obilic, l'eroe medioevale serbo, e ha vinto il campionato jugoslavo.

Se Goran Ivanisevic avesse battuto Sampras ieri a Wimbledon, i croati avrebbero un motivo in più per sentirsi lontani dai tempi di Vukovar detta Pakao, Inferno. Un motivo in più per sentirsi in Paradiso. Ivanisevic torna invece a Spalato, a scambiare qualche battuta di tennis col suo amico Tudjman.

 
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