Il Pakistan appoggia gli islamici, che ora controllano il nord, ma corteggia il re in esilio a Roma
E' il petrolio la vera causa della guerra afghana
Da Repubblica (pag. 17), martedi' 11 agosto 1998
Di Marco Ansaldo
In Afghanistan il "grande gioco", per dirla con Kipling, non finisce mai. Alla fine del secolo scorso, erano le manovre compiute da Gran Bretagna e Russia per il controllo di Kabul. Cent'anni piu' tardi, e' il petrolio a rappresentare il vero motore del confronto per sottomettere l'intero paese.
La grande partita del petrolio - vera posta in palio su cui l'Asia centrale giochera' la prima parte del 2000 - e' appena all'inizio. In questo moderno "Risiko" tutti gli Stati della regione sono coinvolti. E ognuno mette a punto nuove strategie e vara inedite alleanze. Il Pakistan con Arabia Saudita e Stati Uniti schierati a favore dei Taliban, che dopo l'offensiva del nord di questi giorni governano quasi tutto l'Afghanistan. La Russia con Uzbekistan e Tagikistan, repubbliche che pure avevano "tradito" l'URSS alla ricerca della loro indipendenza. Iran e India a fianco dei guerriglieri che combattono l'espansionismo degli "studenti di teologia islamica".
Proprio Mosca, dotata di giacimenti di petrolio per 12 miliardi di tonnellate e di immense riserve di gas, pensa a facili rotte che le consentano di tirare le fila del grande gioco come se le repubbliche ex sovietiche facessero ancora parte del suo impero. Due sono le direzioni degli oleodotti. A Occidente, attraverso il Mar Caspio e il Mar Nero. A Oriente, attraverso l'Afghanistan. Ma quest'ultimo progetto e' contrastato dal Pakistan, che ha un piano preciso.
Tre giorni dopo la conquista di Kabul da parte dei Taliban infatti, il presidente del Pakistan - paese che insieme con l'Arabia Saudita sostiene abbondantemente i fondamentalisti dal punto di vista finanziario e militare - annuncio' un suo viaggio in Asia centrale per discutere di strade e logistica dell'area. L'intento era chiaramente piu' importante: gettare le basi per la costruzione di un oleodotto americano - saudita, alternativo a quello russo, che dal Caspio finisse nel Mare Arabico via Afghanistan. Due sono gli obiettivi pachistani. Il primo economico: lanciarsi alla conquista dell'Asia centrale, sia per vendere i suoi prodotti su questo mercato sia per approfittare dell'immenso potenziale energetico offerto dalla regione. Ma le uniche vie terrestri che gli permettono l'accesso all'area passa per l'Afghanistan. Il secondo interesse e' strategico. Con il controllo di Kabul e dintorni, il Pakistan vorrebbe poter beneficiare di quella profondita' strategica che le manca a causa del rapporto conflittuale
con l'India.
Il Piano pachistano, a cui dunque ne' i sauditi ne' gli americani sono estranei, avrebbe una geometria perfetta. Sostegno ai Taliban finche' non liquidano tutti i signori della guerra afghani. Liquidazione dei Taliban. Rientro in Afghanistan del re deposto vent'anni fa. E' proprio Zahir Shah, il sovrano ora in esilio a Roma, o piu' probabilmente suo genero, il generale Abdul Wali, la carta segreta che il Pakistan intende giocare in futuro.
Il solo problema di questo piano e' l'allontanamento - tutt'altro che semplice - dei Taliban adesso padroni della quasi totalita' del paese. E' a questo punto disegno, ben compreso dalla Turchia, preoccupata per l'espandersi di altre potenze in una regione dove essa puo' giocare u grande ruolo, che la Russia e l'Iran si oppongono strenuamente foraggiando l'opposizione. A meno che l'eterno intrigo afghano sfugga di mano ai suoi ispiratori, e il "grande gioco" si risolva in una partita con esiti tutti nuovi rispetto al piano originario.