il giornale / Livio Caputo
Il Congo è diventato una specie di teatro dell'assurdo. C'è un leader, laurent Kabila, che dopo essere stato osannato neppure un anno fa come il liberatore del Paese, è ormai stato abbandonato da tutti e sta per perdere il potere. C'è un Paese minusculo come il Ruanda, per giunta devastato da anni di guerra civile, che è accusato di essere il regista dell'invasione di un congo che ha una superficie pari a circa cento volte la sua. C'è una una guerra di movimento, con avanzate e ritirate conquiste e perdite di città, da parte di eserciti di poche migliaia di uomini in un Paese quasi privo di moderne vie di comunicazione. C'è, soprattutto, uno Stato "inventato" dagli europei e tenuto poi artificialmente insieme dal pugno di ferro di Mobutu che si sta rivelando per quello che è : una accozzaglia di tribù che hanno poco o nulla in comune e che mai potranno dar vita a un Paese vitale.
In altre parole, nel Congo assistiamo in queste ore, tra il sostanziale disinteresse delle grandi potenze, a un bis di quello che è già avvenuto in Angola, in Somalia, in Liberia, in Sierra Leone : il collasso del sistema di potere nato dalla decolonizzazione e il ritorno a una situazione di endemico conflitto etnico genuinamente africana , ma resa più esplosiva dalla presenza in abbondanza di armi di distruzione moderne.
E' abbastanza irrilevantese la eterogenea coalizione guidata da Arthur Ngoma e pilotata dall'esterno da leader tutsi dell'Uganda e del Ruanda riuscirà a conquistare Kinshasa , rovesciare Kabila e costruire un nuovo governo . Se anche ce la facesse, non avrebbe poi né uomini, né mezzi, né il consenso Popolare per mantenere il controllo del Paese. La speranza, coltivata a suo tempo dalle forze esterne che avevano sostenuto Kabila, di potere finalmente sviluppare l'enorme potenziale economico del Congo andrà perciò ancora una volta delusa.
L'Africa rischia così di compiere un'altro passo verso l'abisso. Recentemente, ci si era illusi della possibilità di una svolta, perchè intorno al presidente dell'Uganda Musuveni,uno dei pochi leader illuminati del Continente, si stava formando una galassia di Paesi moderati, interessati allo sviluppo e sostanzialmente disposti ad accettare la leadershipamericana. Ma, nonostante la recente visita celebrativa di Clinton, le cose non sono andate per il verso giusto. Etiopia ed Eritrea si sono rimesse a guerreggiare tra loro, il Kenia è affondato sempre più nella corruzione e nella rivalitàtribali e Kabila, l'uomo cui era stato affidato (forse un pò imprudentemente, visto il suo passato di seguace di Che Guevara ) il compito di acquistare il Congo alla coalizione, ha tradito completamente le attese.
Il caos che egli lascia dietro di sé è solo l'ultimo tassello di un mosaico che lascia poco spazio alla speranza. Qualche Stato africano riesce a mantenersi a galla, se non proprio a uscire dal marasma, ma gli indicatori economici e sociali del Continente sono quasi tutti puntati verso il basso. Perfino nel Sud Africa di Mandela, che doveva diventare il Paese guida dell'Africa nera , nodi pressoché insolubili stanno venendo al pettine e l'altra nazione forte del Continente , la Nigeria, si sta avvitando in una spirale di tirannide e di odi interetnici.
Nessuno vuole più investire in Paesi che, pur disponendo di grandi ricchezze potenziali, non hanno poi le classi dirigenti indispensabili per utilizzarle e il << benign neglect>> , l'indifferenza compiacente, che il resto del mondo ha adottato verso il dramma africano dopo una fase di velleitario interventismo non lascia certo bene a sperare per il Terzo millennio.