PARLEMENT EUROPÉEN
PROJET D'AVIS
(article 147 du règlement)
à l'intention de la commission des affaires étrangères, de la sécurité et de la politique de défense
sur la communication de la Commission "Vers un partenariat global avec la Chine" (COM(98)0181 - C4-0248/98)(rapport de M. Bernard-Reymond)
Commission des libertés publiques et des affaires intérieures
Rapporteur pour avis: M. Olivier Dupuis
I rapporti tra Unione europea e Repubblica Popolare Cinese (RPC) sono stati storicamente tesi a causa del mancato rispetto da parte di quest'ultima dei diritti umani e delle libertà fondamentali. A più riprese il Parlamento europeo ha fermamente condannato la politica repressiva e violenta della leadership cinese sia nei confronti della popolazione che governa - ed in particolare dei militanti dei diritti umani e delle minoranze etniche appartenenti ai territori occupati (Tibet, Mongolia Interna e Turchestan Orientale)- sia nei confronti degli stati confinanti (India, Taiwan, etc). La politica europea nei confronti della RPC oggi definita nella Comunicazione della Commissione "Verso un partenariato globale con la Cina", si dice improntata al dialogo ed alla cooperazione, anche legale e giudiziaria. L'UE deve ciononostante mantenere prioritariamente ed imperativamente un approccio di ferma condanna delle persistenti violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali in tutte le sedi bilaterali e multil
aterali, e di condizionare ulteriori sviluppi nelle relazioni tra l'UE e la RPC a realizzazioni concrete che portino alla costituzione di uno Stato di diritto democratico e rispettoso dei diritti umani.
1. La politica europea del dialogo nei confronti della Repubblica Popolare Cinese: la Comunicazione della Commissione "Verso un partenariato globale con la Cina"
La Commissione ha emesso il 25 marzo 1998 una Comunicazione dal titolo "Verso un partenariato globale con la Cina", che definisce le linee della politica della UE nei confronti della RPC per i prossimi anni. Il Consiglio ha approvato tale Comunicazione il 29 giugno 1998. Gli obiettivi enunciati sono cinque: maggiore integrazione della RPC nella comunità internazionale mediante una intensificazione del dialogo politico; maggiore integrazione della RPC nell'economia mondiale tramite la partecipazione al sistema commerciale mondiale e l'appoggio al processo di riforma economica e sociale in un contesto di sviluppo durevole; migliore utilizzazione dei finanziamenti europei; sviluppo dell'immagine dell'UE in RPC; sostegno della transizione cinese verso una società aperta basata sullo Stato di Diritto ed il rispetto dei diritti dell'uomo. Nell'ambito di tale ultimo obiettivo, la Commissione ha deciso di sviluppare un programma integrato di iniziative di cooperazione legale e giudiziaria tra UE e RPC di 13.2 Mecu e
delle proposte di cooperazione internazionale, sul quale la Commissione Libertà pubbliche ed Affari interni è chiamata ad esprimersi per parere. La Comunicazione esprime il cambiamento intervenuto nella politica degli stati occidentali nei confronti della Repubblica Popolare Cinese negli ultimi anni: alla politica del "confronto" che si era imposta a seguito della violenta e barbarica repressione del movimento democratico del 1989, si sostituisce ora una nuova politica detta del "dialogo", che si giustifica ufficialmente dando grande enfasi ai presunti quanto inconsistenti progressi della RPC in ambito politico ed economico.
In realtà, la Repubblica Popolare Cinese continua ad essere uno Stato autoritario, repressivo e violento, che non rispetta minimamente i diritti dell'uomo e le libertà fondamentali. Le infrazioni sono massive e sistematiche: detenzione arbitraria, carcerazione politica, torture, maltrattamenti e costrizione al lavoro forzato dei detenuti, privazione dei diritti di espressione ed associazione, non applicazione delle leggi che proteggono i diritti dei lavoratori, dei bambini e delle donne, soppressione della libertà religiosa ed uso della coercizione fisica e psicologica nell'implementare la politica demografica, traffico di esseri umani, prostituzione forzata, oppressione delle minoranze etniche, uso esteso della pena di morte (migliaia di esecuzioni ogni anno, in molti casi per crimini minori, in assoluta violazione delle norme internazionali in questo campo). Di fronte ad una tale drammatica situazione, il PE ha più' volte alzato la voce per condannare fermamente il governo cinese. In particolare, ha chiest
o di presentare e sostenere risoluzioni sulla situazione in RPC presso la Commissione ONU sui diritti dell'uomo a Ginevra. Le dichiarazioni del governo cinese e di molti responsabili politici occidentali su presunti passi in avanti verso un rafforzamento dello Stato di diritto ed il rispetto dei diritti umani, si dimostrano cosi' formule retoriche vuote di sostanza.
Quali ragioni spingono allora la Commissione ed il Consiglio a delineare una nuova politica europea improntata al "dialogo", sebbene la situazione politica cinese sia dal punto di vista politico sostanzialmente immutata? Principalmente le preoccupazioni di ordine commerciale-economico: la RPC è un mercato in espansione nel quale l'UE mira a penetrare maggiormente al fine di colmare l'attuale deficit commerciale, e l'inserimento della RPC nell'OMC e la cooperazione giuridica e legale sono gli strumenti necessari per creare regole chiare per gli investimenti ed il commercio UE-RPC (quando oggi il mercato cinese è una giungla giuridica, in molte sue parti controllata addirittura dall'esercito, poco somigliante a quanto chiamiamo libero mercato e di cui non si capisce il grado maggiore di affidabilità e appetibilità per gli investitori stranieri rispetto a quello offerto dall'India). Questa spregiudicata ed opaca politica basata sugli interessi commerciali ed economici del cosidetto "Airbus club" (Francia, Germa
nia, Italia, Spagna, Inghilterra) relega in secondo piano il contenzioso politico sui diritti umani, nonostante i proclami fatti dai governi e dalle istituzioni europee. La cooperazione economico-commerciale UE-RPC risulta cosi' svincolata da qualsiasi clausola relativa ai diritti umani e alle libertà fondamentali del popolo cinese. Inoltre tale "dialogo" avviene sempre più esclusivamente in sede bilaterale, in maniera non trasparente, escludendo o limitando fortemente l'accesso dell'opinione pubblica e delle altre istituzioni europee a tale processo.
Se l'UE conducesse - come afferma di fare - una politica estera basata prioritariamente sulla promozione del rispetto dei diritti dell'uomo ed il progresso democratico nei paesi terzi, e tenuto conto che la RPC ha bisogno di accedere pienamente al sistema commerciale internazionale per piazzare le proprie abbondanti produzioni sui mercati mondiali, allora l'Europa non rinuncerebbe a condizionare l'accesso della RPC all'OMC e l'afflusso degli investimenti europei al miglioramento del rispetto dei diritti umani. Al contrario, tale confronto permetterebbe all'UE di esercitare sull'RPC una pressione politica al fine di ottenere reali riforme, invece che continuare ad ottenere qualche minima concessione come l'espulsione diqualche dissidente scomodo dalla RPC. L'odierna politica di "appeasement" - che nasce quindi dalle preoccupazioni economico-commerciali e confida erroneamente nella conseguente e necessaria democratizzazione dell'attuale stato cinese - non può fare altro che portare agli stessi risultati dei ca
polavori della diplomazia di questo secolo, come gli accordi di Monaco e di Dayton. Esempio eloquente di tale approccio è la rinuncia dell'UE a presentare in Commissione ONU dei Diritti Umani a Ginevra una risoluzione di condanna della situazione cinese il marzo scorso.
Le mutazioni economiche e sociali in corso in RPC, per quanto profonde possano sembrare, non comportano di per sé una lenta ed irreversibile trasformazione della RPC da regime totalitario in regime democratico. Essa diventa, col venir meno del collante ideologico, un regime autoritario-poliziesco basato sul modello di "sviluppo senza democrazia" - in cui ad esempio parte delle merci esportate viene prodotta nei campi di lavoro forzato o campi di rieducazione (laogai), fenomeno di cui la Commissione sembra non volersi occupare nella sua Comunicazione . In un tale contesto, lo sviluppo economico ed il rafforzamento dello "Stato di diritto" (nella concezione cinese: rafforzamento del controllo del Partito Comunista Cinese sulla società civile tramite le leggi scritte ed il sistema giudiziario, essenzialmente poi nel campo delle garanzie agli investitori stranieri per un minimo rispetto di alcune regole di concorrenza) non cambiano la sostanza delle cose: lo Stato totalitario è monopolizzato dal Partito Comunist
a Cinese che impone ai sudditi (e non cittadini) cinesi tramite le leggi il suo arbitrio, calpestando diritti umani, libertà fondamentali, Stato di diritto democratico.
In virtù di tali considerazioni, è necessario che i governi e le istituzioni europee riaffermino come priorità di politica estera la promozione dei diritti umani, delle libertà fondamentali e dei principi democratici nella Repubblica Popolare Cinese, perseguendo una politica coerente ed intransigente e svincolata da preoccupazioni ed interessi economicocommerciali.
2. Il programma di cooperazione legale e giuridica UE-Repubblica Popolare Cinese
La Comunicazione della Commissione enumera una serie di programmi di cooperazione in svariati settori, in parte già avviati precedentemente, e annuncia il lancio di un programma di cooperazione legale e giuridica UE-RPC, che nel frattempo ha ottenuto l'approvazione dei governi europei e cinese. Tale programma, che stanzia 13.2 Mecu su un lasso di tempo di 4 anni si pone l'obiettivo di sostenere dei non meglio precisati "sforzi del governo cinese nello sviluppo di una società basata sul governo della legge". Tale obiettivo viene perseguito tramite scambi di avvocati, di giudici e procuratori e di altri professionisti del settore legale ed amministrativo (amministratori, arbitri, legislatori ed accademici). Un ulteriore fondo viene stanziato al fine di fornire una assistenza finanziaria rapida per progetti di budget minore ritenuti di particolare importanza. I settori del diritto che saranno oggetto di studio sono quello fiscale, contrattuale, proprietario, del lavoro, criminale, europeo. Tale progetto esempli
fica chiaramente l'approccio dell'UE di sostegno ad un modello di sviluppo senza democrazia: si persegue una più sicura regolamentazione del mercato cinese per renderlo più appetibile per gli investitori europei a prescindere dal fatto che questo mercato sia inscritto in un quadro di regole democratiche. Atteggiamento reso ancora più esplicito dall'ostilità aperta della Commissione nei confronti di progetti di informazione radiofonica libera ed indipendente rivolta alle minoranze dei territori occupati militarmente dalla RPC.
La Commissione Libertà pubbliche ed Affari interni non è pregiudizialmente contraria a progetti di cooperazione e scambio nel settore legale e giudiziario a livello internazionale.L'UE ha una profonda esperienza nel campo della cooperazione nel settore della giustizia e degli affari interni, che può' essere utilmente impiegata anche nella cooperazione con Stati terzi. Ciò nonostante nel quadro della cooperazione con Stati che come la RPC non rispettano i diritti umani e le libertà fondamentali, tali progetti di cooperazione non rappresentano certamente misure in grado di modificare la realtà politica verso una trasformazione democratica, e di conseguenza è essenziale che l'azione politica dell'Unione si concentri prioritariamente sulla necessità dell'avvio immediato di un vasto programma di riforme democratiche basate sui principi del moderno Stato di Diritto. Senza un tale approccio di fondo qualunque progetto di cooperazione mirata e limitata ad un settore specifico è destinato a non ottenere alcun success
o politico.
La Comunicazione della Commissione fa riferimento ad una eventuale cooperazione UERPC nei settori della lotta al traffico illecito di stupefacenti, al riciclaggio del denaro sporco, al crimine organizzato ed all'immigrazione illegale. La Commissione è stata inoltre autorizzata a negoziare un accordo relativo alla cooperazione doganale ed alla mutua assistenza amministrativa, al fine di lottare contro la frode doganale e facilitare gli scambi tra UE e RPC. La Commissione Libertà pubbliche ed Affari interni chiede alla Commissione di vegliare affinché le politiche della RPC in tali campi vengano perseguite nel totale rispetto dei diritti umani e dei principi dello stato di diritto e di essere tenuta informata sulle evoluzioni in tali settori nella cooperazione con la RPC.
Conclusioni:
1. raccomanda alla Commissione, al Consiglio ed agli Stati Membri, l'adozione di una politica europea comune nei confronti della Repubblica popolare di Cina - diversa dalla politica attuale che privilegia i soli interessi economico-commerciali a discapito della promozione delle libertà fondamentali e della difesa dei diritti umani - che persegua l'instaurazione di un vero e proprio Stato di diritto democratico sull'intero territorio della Repubblica Popolare cinese e di cui possa godere l'intero popolo cinese, sola precondizione ad un vero e proprio sviluppo;
2. invita la Commissione, il Consiglio e gli Stati membri a sollevare nel corso di ogni riunione bilaterale e multilaterale con il governo della RPC il tema delle sistematiche violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali nella RPC (detenzione arbitraria, carcerazione politica, torture, maltrattamenti e costrizione al lavoro forzato dei detenuti, privazione dei diritti di espressione ed associazione, non applicazione delle leggi che proteggono i diritti dei lavoratori, dei bambini e delle donne, soppressione della libertà religiosa ed uso della coercizione fisica e psicologica nell' applicare la politica demografica, traffico di esseri umani, prostituzione forzata, oppressione delle minoranze etniche dei territori occupati - Tibet, Mongolia Interiore e Turkestan orientale - , uso esteso ed indiscriminato della pena di morte), e di fare della soluzione di tali problemi la precondizione al mantenimento ed allo sviluppo delle relazioni tra l'UE e la RPC;
3. chiede di conseguenza alla Commissione ed al Consiglio di approntare degli strumenti efficaci e trasparenti che permettano una verifica imparziale e sicura del progredire della situazione dei diritti umani nella RPC e di rendere più trasparenti agenda e risultati del "dialogo" UE-RPC;
4. ritiene che la sola attuazione di progetti di cooperazione legale e giuridica, o comunque settoriali, non sia in grado di produrre un cambiamento in senso democratico e pluralista delle strutture totalitarie della RPC e che di conseguenza tali progetti debbano accompagnarsi a proposte ed iniziative da parte dell'UE miranti alla radicale riforma dell'intero sistema civile e politico cinese; considera inoltre con preoccupazione gli ostacoli posti alla realizzazione di progetti radiofonici di informazione libera e indipendente rivolti alle minoranze oppresse della RPC, atteggiamento poco in sintonia con una vera politica di dialogo e di cooperazione mirante alla democratizzazione della RPC;
5. Chiede alla Commissione di informare il Parlamento sui progressi presenti e futuri nella cooperazione UE-RPC nei settori della lotta al traffico illecito di stupefacenti, al riciclaggio del denaro sporco, al crimine organizzato ed all'immigrazione illegale e nella cooperazione doganale ed alla mutua assistenza amministrativa e di vegliare affinché tali politiche vengano condotte nell'assoluto rispetto dei principi dello Stato di Diritto democratico;
6. Chiede alle istituzioni responsabili dell'UE e degli Stati membri e alle autorità cinesi di attivarsi per porre fine al traffico di organi dei condannati a morte organizzato e condotto da responsabili dell'esercito cinese e da una rete internazionale che raggiunge il territorio dell'Unione, di procedere rapidamente all'istituzione di una moratoria sulle condanne a morte in vista dell'abolizione totale della pena capitale, di chiudere i campi di rieducazione e di lavoro forzato (laogai) e di liberare nel più breve tempo possibile tutti i prigionieri politici.