Roma, 7 settembre 1998
Dichiarazione di Olivier Dupuis, segretario del Partito Radicale e deputato europeo:
"La vicenda russa dimostra in maniera lampante e fattuale che la transizione si è
arrestata ed è franata proprio a partire dall'assenza (e non dall'eccesso) di regole di diritto e di mercato tradizionalmente (quasi scolasticamente) liberali: l'assenza di potere di controllo e vigilanza delle autorità monetarie; l'abolizione di ogni meccanismo di "sanzione" giuridica della illegalità o della criminalità economica; il conferimento non solo del controllo ma di fatto della proprietà delle grandi imprese nazionali ad un management politico-affaristico sopravvissuto al tracollo sovietico; un sistema istituzionale di stampo più cesaristico che presidenziale; la riduzione del Parlamento ad una "camera delle impunità", ad un gran bazar in cui è possibile concludere ogni sorta di transazione, legale o illegale, ma è impossibile esercitare alcun potere legislativo.
Non si capisce quali possano essere state, in questo quadro, le colpe di una troppo
affrettata "democratizzazione" della Russia post-comunista. Se, inoltre, esistono responsabilità da parte dell'occidente e delle istituzioni economiche internazionali, non sono certo quelle di avere imposto il "proprio" modello economico e politico, ma di avere continuato, ben oltre i primi segni del tracollo, a finanziare direttamente un sistema al collasso e, indirettamente, il potere delle mafie economiche post-sovietiche.
Sostenere, in sostanza, come fa Galli Della Loggia che il popolo russo avrebbe oggi
bisogno di una dittatura - o, per parlare con stile, di una "normalizzazione autoritaria" - e che ancor più ne avrebbe avuto bisogno al crollo della "cortina di ferro", è una prova di superficialità e di razzismo: dello stesso atteggiamento che porta tanti a considerare i regimi partitocratici e corporativi di Roma e Bruxelles una alternativa preferibile ai rischi che la democrazia, il mercato e lo stato di diritto inevitabilmente comporterebbe per italiani o belgi."