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Conferenza Partito radicale
Orofino Veronica - 14 settembre 1998
Il grande silenzio. L'Occidente ha dimenticato le stragi. Che però continuano
DO YOU REMEMBER ALGERIA ?

di Giuseppe Cruciani

Lasciateli, devono scattare tutte le foto che vogliono di mia figlia morta>> dice il padre mentre l'uomo barcuto spinge i due fotografi fuori dal cimitero di Kattar, ad Algeri. << Perché volete bloccarli ? Tutto il mondo deve conoscere la verità>> E' il primo settembre e nei dintorni della capitale algerina si svolgono due funerali. A Kattar vengono sepolte quindici persone, tredici chilometri più lontano altre dieci. Le vittime dell'attentato del giorno prima al mercato dei tre Orologi nel quartiere di Bab el Qued: donne e bambini dilaniati da una bomba. Qualcuno ha fatto i conti, per ritrovare una tale carneficina nella capitale bisogna tornare al 1995. E forse qualcuno ha cantato vittoria troppo presto se è vero che da qualche tempo un buon numero di analisti non sospetti per simpatie governative dicevano che in Algeria << il terrorismo islamico è stato eliminato all'ottanta per cento>>. Eliminato. Negli ultimi mesi, spiega Omar Belhouchet, direttore di el Watan, giornale dell'opposizione, <er la prima volta assaporato il gusto di scrivere di argomenti che di solito vanno in prima pagina nel vostro Paese, i problemi sociali, il lavoro, siamo come tornati a vivere>>. E parla al passato. La bomba la mercato, i funerali, sono arrivati come una frustata . I titoli sui giornali il giorno dopo la strage, aiutano a capire quanto è stata forte e inattesa: << La barbarie è tornata>>, << Recrudescenza degli atti terroristici >>, << I martiri di Bab el Qued>>. L'analisi di Belhouchet è un'autocritica : <>. In effetti << per un periodo nella capitale e al centro del Paese, nella Mitidja, c'è sta ta una certa calma , le azioni si erano spostate nella parte occidentale del Paese>> , ma gli ultimi fatti dimostrano che i terroristi hanno ancora una sufficente disponibilità di armi rifornimenti e appoggi, e la dispersione delle fazioni aumenta le possibilità di attentati>>. Un segnale c'era già stato all'inizi

o di luglio quando una bomba scoppiata alla periferia della capitale aveva ucciso dieci persone. Ma la violenza, nel 1998, non si è mai fermata. Forse è stata meno spettacolare, ha avuto meno risalto sulla stampa internazionale, ha fatto meno notizia del crollo delle Borse o degli attentati alle ambasciate americane, però non ha lasciato l'Algeria.

UN CONFLITTO A BASSA INTENSITA'. CHE PERO' HA UCCISO PIU' DI SESSANTAMILA PERSONE.

MA PER LA CLASSE DIRIGENTE LA VERA CRISI E' IL CROLLO DEL PREZZO DEL PETROLIO.

Il governo di Ahmed Ouyahia sperava di incassare quest'anno, dalla vendita dei suoi prodotti energetici, una cifra vicina ai 13 miliardi di dollari, invece dovrà accontentarsi, secondo le stime più ottimistiche , di undici. Non è poco per un Paese che ha dovuto restringere le importazioni allo stretto necessario e che deve ancora rimborsare cinque miliardi di dollari ai suoi creditori internazionali. Ali Efssaoui, ricercatore algerino all'Oxford institute for Energy Studies, è sicuro che <>., mentre per Giovanni Ceccaroni del Rie (Ricerche industriali ed energetiche) il crollo dei prezzi rischia di far riesplodere la violenza su larga scala>>.Intanto il governo deve fronteggiare l'ostilità dei sindacati per il massiccio programma di privatizzazioni che solo l'anno scorso ha provocato la perdita di circa 400 mila posti di lavoro. In autunno andranno sul mercato 34 imprese chiave, forse << un passaggio nece

ssario e doloroso per modernizzare il Paese>>. come dice Omar Belhouchet, ma con il riacutizzarsi della violenza ad Algeri e la previsione di minori entrate, le tensioni non potranno che aumentare.

 
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