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Partito Radicale Centro Radicale - 8 ottobre 1998
PE/KOSOVO/Agence Europe

Agence Europe, 8 ottobre 1998

(EU) PE/KOSOVO: LA MAGGIORANZA DEL PARLAMENTO, IL CONSIGLIO E LA COMMISSIONE SONO AMPIAMENTE D'ACCORDO SULLA NECESSITA DI AGIRE ANCHE MILITARMENTE - NESSUN DIRITTO DI VETO ALLA RUSSIA

Strasburgo, 07/10/1998 (Agence Europe) - Il PE mercoledì ha avuto un nuovo dibattito sulla crisi del Kosovo, nel corso del quale un numero crescente di deputati si è espresso per un'azione militare dato che gli appelli ripetuti al presidente Milosevic sono rimasti senza risposta. Per vari parlamentari nessuna soluzione durevole nel Kosovo sarà possibile fino a che non vi sarà una reale democratizzazione in Serbia.

Il presidente del Consiglio sig.ra Ferrero-Waldner ha rilevato che dal dibattito del PE sul Kosovo nello scorso settembre, la situazione è più grave ora: quello che dice il presidente Milosevic non corrisponde alla realtà, ha detto, rilevando in particolare che i suoi annunci sul ritiro delle truppe serbe sono solo "una manovra tattica". Il principale responsabile di questo dramma umanitario è lo stesso Milosevic, ha detto la sig.ra Ferrero Waldner pur ammettendo una certa responsabilità dell'esercito di liberazione del Kosovo. La presidentessa del Consiglio ha fatto il punto sulle varie iniziative prese dall'UE, in particolare sulla designazione dell'ambasciatore Petrisch come rappresentante speciale del Kosovo (il suo ruolo sarà essenzialmente garantire il coordinamento in campo umanitario tra l'UE e le organizzazioni internazionali e di essere il "contatto" co Belgado e tra Belgrado e Pristina, ha detto), l'iniziativa Kinkel-Védrine di Salisburgo in vista di un ritorno dei profughi "degna e in condizioni

di sicurezza", l'invio di medici legali sul posto per effettuare un'inchiesta sulle condizioni dei massacri dei civili (in questo caso un gruppo dell'Università di Helsinki).

Quanto alle sanzioni dell'UE contro la RFY, la sig.ra Ferrero Waldner ha sottolineato che il Consiglio aveva deciso di esaminare le "carenze in materia. Quanto agli ulteriori sviluppi, ha rilevato un certo "capovolgimento di opinione" in seno alla comunità internazionale, quanto alla necessità di una reazione "più dura" al comportamento del presidente Milosevic. A titolo personale ha ritenuto che l'Europa e la comunità internazionale non possono restare "inattive" se Milosevic non applica "subito" le risoluzioni dell'ONU. Si potrebbe prevedere la presenza di una "truppa multinazionale" come in Bosnia, ma è troppo presto per parlare di tale possibilità, ha detto.

Il commissario europeo van den Broek ha detto di capire le obiezioni della Russia per un intervento militare dato che ha detto, vi è la solidarietà slava, l'alleanza tradizione con la Iugoslavia, il Parlamento russo che è contro; ma la Russia non deve avere il diritto di veto se si tratta di porre fine a crimini contro l'umanità. Detto questo van den Broek ha ritenuto che non spetti alla Commissione europea dire se si possa o no ricorrere alla forza militare: è la coalizione dei paesi che auspicano una tale azione che deve farlo. In Bosnia, ci sono voluti 300.000 morti perché si faccia qualcosa. Quanti morti ci vorranno nel Kosovo? Si è chiesto. E si è lamentato di ascoltare solo "parole, parole, parole" mentre sul campo "si spara si spara, si spara".

Basta con le discussioni "bizantine" sulle basi giuridiche necessarie per l'avvio di una dichiarazione militare, la Risoluzione 1199 "basta" ha detto il laburista britannico Titley, chiedendosi quanti ostacoli si vogliono mettere sulla via di un tale intervento. "Troppo è troppo, fate qualcosa" ha detto. La democristiana tedesca sig.ra Pack che ha criticato la "stupidaggine occidentale" in tale crisi, si è chiesta perché Roguva, che appare come "l'uomo importante" nel Kosovo non è stato aiutato dall'Occidente anni fa quando aveva iniziato a lottare pacificamente per l'autonomia nel Kosovo. Notando che l'esercito di liberazione del Kosovo ha "disturbato la pace del cimitero" che regnava fino ad ora nel Kosovo, e ha detto che l'unica soluzione sarebbe un'amministrazione internazionale limitata nel tempo.

E' molto prima che si sarebbe dovuto intervenire, ha detto Hadar Cars (membro svedese del gruppo liberale, mentre Leonie van Blandel (Gruppo Unione per l'Europa, olandese) si è interrogata in particolare sulla strategia che seguirebbe un eventuale raid aereo: l'esercito di liberazione del Kosovo è molto diviso, e si chiede con chi negozierà. Milosevic ha già raggiunto il suo obiettivo, la pulizia etnica, ha detto Carlos Carnero Gonzalez (Sinistra unitaria, spagnolo), che si chiede se il leader serbo crede davvero che l'Europa interverrà. D'accordo con le risoluzioni "forti" ha detto Cohn Bendit (gruppo dei Verdi, tedesco ma abbiamo bisogno di politiche forti. Ha chiesto a van den Broek: "lei parla n modo chiaro, faccia allora lo stesso con Primakov, e gli dica nella lingua che vuole: no money if no change in Kosovo". Olivier Dupuis, per il gruppo Alleanza radicale, ha rilevato che Milosevic è pronto a cedere la parte "non utile" del Kosovo, per mantenere a parte più ricca, che gli permetta di meglio controll

are un allegato che diviene sempre più difficile, il Montenegro. Come altri parlamentari intervenuti nel dibattito Dupuis ritiene che un mandato di comparizione davanti al Tribunale dell'Aia sarebbe l'arma migliore contro Milosevic.

E' il regime di Belgrado che deve cambiare, hanno detto vari parlamentari n particolare Oostlander (PPE olandese) e il socialista spagnolo Baron che ha detto che spetta al popolo serbo prima vittima di Milosevic, che si debba inviare un chiaro messaggio sulla necessità di una maggior democrazia per il loro paese. E' anche il parere di Sarlis (PPE greco) mentre l socialdemocratico austriaco Swoboda ha detto che dopo l'intervento aereo se vi sarà, si dovrà prevedere una presenza di lunga durata su terreno. Karl Absburg Lothringen (PPE austriaco) ha detto che non ci si deve aspettare un miracolo da parte della Russia in questo campo.

Il PE voterà una risoluzione sulla crisi del Kosovo giovedì a mezzogiorno. Ricordiamo che nella sessione plenaria precedente, il Parlamento non era riuscito ad esprimersi a causa delle divergenze su un intervento militare eventuale.

 
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