L'articolo di Piero Sansonetti pubblicato sull'unità del 20 ottobre
(inserito in conf. il 22 ottobre) sulla pena di morte negli Stati Uniti
e sulla conduzione di una campagna per la moratoria delle esecuzioni
capitali nel 2000, fa riferimento alle iniziative prese negli ultimi
anni in tal senso dal Governo italiano in sede Onu e al recente impegno
della Comunità di Sant'Egidio, la quale si è fatta promotrice di una
raccolta firme che ha come obiettivo quello di legare l'ottenimento della
moratoria delle esecuzioni capitali nel 2000, alla ricorrenza del Giubileo,
"festa" per eccellenza del mondo cattolico. Si può quindi dire che con
questa iniziativa si cerca di consentire al Vaticano di rafforzare il
proprio ruolo si soggetto istituzionale e politico capace di inluenzare,
più di quanto già non lo sia, i processi legislativi e di governo
al livello del diritto internazionale.
Il mondo clericale alza dunque il tiro e, oltre ad occuparsi del
"potere temporale italiano" (è di questi giorni la proposta della Chiesa di
fare un'amnistia in Italia in occasione del giubileo), punta ad estendere
la propria ingerenza anche al "potere temporale mondiale" di cui formalmente
sono titolari gli stati nazionali.
Non mi dilungo (sperando che altri vogliano farlo) nell'indicare le ragioni
che fanno intravedere in questo quadro, una prospettiva inaccettabile e
agghiacciante a chi si professa laico e liberale.
Venendo alla pena di morte, a mio avviso, da almeno un anno e mezzo
(caso Joseph O'dell), è ormai chiaro che la leadership radicale nella
campagna per l'abolizione della pena di morte, intesa soprattutto come
capacità di indicare le ragioni di fondo e gli obiettivi che ci si propone
di raggiungere, è in crisi -nonostante abbia ottenuto dei risultati
notevolissimi e impensabili solo qualche anno fa- e rischia di essere
assorbita e di non distinguersi più, dalle iniziative di chi punta
all'abolizione della pena di morte con motivazioni di carattere umanitario
e/o anti-americano.
Per chi conduce questa campagna con motivazioni ed argomenti, che per
semplicità possiamo definire catto-comunisti, l'abolizione della pena di
morte, sempre semplificando al massimo, è solo uno strumento, un passaggio
tattico, nell'ambito della strategia di contestazione del potere politico ed
economico degli Stati Uniti (la chiusura dell'articolo di Sansonetti è questa
"E ci sono dei campi ideali, come quello della giustizia, in cui gli
americani sono molto indietro rispetto a noi") in quanto modello di riferimento
della democrazia anglosassone e di contestazione della globalizzazione
in genere.
Per i radicali invece questa campagna è uno strumento, un passaggio tattico,
della strategia che si propone di rafforzare (a mio avviso utilizzando
campagne e iniziative che andranno profondamente riviste) la potestà
legislativa delle istituzioni sovranazionali.
Appare così in modo evidente che gli obiettivi di fondo di questi due filoni
politico-culturali che sono impegnati nella stessa campagna politica,
sono antitetici. Tuttavia, questo non significa che non si debba
collaborare con le altre forze abolizioniste, ma che occorra farlo
a condizione che sia possibile tutelare l'identità e le ragioni
dell'iniziativa politica radicale, pena l'abbandono e il mancato
raggiungimento degli obiettivi liberali e di costruzione dello Stato di
diritto per i quali il Partito radicale è nato, e la non raccolta dei
frutti politici quando l'obbiettivo della moratoria sarà raggiunto grazie
soprattutto al gran lavoro di noi radicali (sulla pena di morte
non saremo più distinguibili dall'ARCI).
--- MMMR v4.00reg