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Conferenza Partito radicale
Partito Radicale Matteo - 25 ottobre 1998
PENA DI MORTE / SANT'EGIDIO

L'articolo di Piero Sansonetti pubblicato sull'unità del 20 ottobre

(inserito in conf. il 22 ottobre) sulla pena di morte negli Stati Uniti

e sulla conduzione di una campagna per la moratoria delle esecuzioni

capitali nel 2000, fa riferimento alle iniziative prese negli ultimi

anni in tal senso dal Governo italiano in sede Onu e al recente impegno

della Comunità di Sant'Egidio, la quale si è fatta promotrice di una

raccolta firme che ha come obiettivo quello di legare l'ottenimento della

moratoria delle esecuzioni capitali nel 2000, alla ricorrenza del Giubileo,

"festa" per eccellenza del mondo cattolico. Si può quindi dire che con

questa iniziativa si cerca di consentire al Vaticano di rafforzare il

proprio ruolo si soggetto istituzionale e politico capace di inluenzare,

più di quanto già non lo sia, i processi legislativi e di governo

al livello del diritto internazionale.

Il mondo clericale alza dunque il tiro e, oltre ad occuparsi del

"potere temporale italiano" (è di questi giorni la proposta della Chiesa di

fare un'amnistia in Italia in occasione del giubileo), punta ad estendere

la propria ingerenza anche al "potere temporale mondiale" di cui formalmente

sono titolari gli stati nazionali.

Non mi dilungo (sperando che altri vogliano farlo) nell'indicare le ragioni

che fanno intravedere in questo quadro, una prospettiva inaccettabile e

agghiacciante a chi si professa laico e liberale.

Venendo alla pena di morte, a mio avviso, da almeno un anno e mezzo

(caso Joseph O'dell), è ormai chiaro che la leadership radicale nella

campagna per l'abolizione della pena di morte, intesa soprattutto come

capacità di indicare le ragioni di fondo e gli obiettivi che ci si propone

di raggiungere, è in crisi -nonostante abbia ottenuto dei risultati

notevolissimi e impensabili solo qualche anno fa- e rischia di essere

assorbita e di non distinguersi più, dalle iniziative di chi punta

all'abolizione della pena di morte con motivazioni di carattere umanitario

e/o anti-americano.

Per chi conduce questa campagna con motivazioni ed argomenti, che per

semplicità possiamo definire catto-comunisti, l'abolizione della pena di

morte, sempre semplificando al massimo, è solo uno strumento, un passaggio

tattico, nell'ambito della strategia di contestazione del potere politico ed

economico degli Stati Uniti (la chiusura dell'articolo di Sansonetti è questa

"E ci sono dei campi ideali, come quello della giustizia, in cui gli

americani sono molto indietro rispetto a noi") in quanto modello di riferimento

della democrazia anglosassone e di contestazione della globalizzazione

in genere.

Per i radicali invece questa campagna è uno strumento, un passaggio tattico,

della strategia che si propone di rafforzare (a mio avviso utilizzando

campagne e iniziative che andranno profondamente riviste) la potestà

legislativa delle istituzioni sovranazionali.

Appare così in modo evidente che gli obiettivi di fondo di questi due filoni

politico-culturali che sono impegnati nella stessa campagna politica,

sono antitetici. Tuttavia, questo non significa che non si debba

collaborare con le altre forze abolizioniste, ma che occorra farlo

a condizione che sia possibile tutelare l'identità e le ragioni

dell'iniziativa politica radicale, pena l'abbandono e il mancato

raggiungimento degli obiettivi liberali e di costruzione dello Stato di

diritto per i quali il Partito radicale è nato, e la non raccolta dei

frutti politici quando l'obbiettivo della moratoria sarà raggiunto grazie

soprattutto al gran lavoro di noi radicali (sulla pena di morte

non saremo più distinguibili dall'ARCI).

--- MMMR v4.00reg

 
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