CARI POLITICI, DAVVERO LA SICUREZZA VALE MENO DELLA RIFORMA ELETTORALE?
Di Luigi Caligaris
La Nazione, 4 novembre 1998
LO SCHIERAMENTO a Seseno di nostri agenti e soldati, oltre a quelli che operano in terraferma albanese, nelle nostre acque e in Italia, per l'emergenza del Kosovo ed Albania, è allo stesso tempo giusto e sbagliato. Dietro a una scelta che si condivide poiché affronta il problema alle origini rinunciando a un attendiamo nocivo, c'è ancora il metodo in cui l'Italia primeggia, di affrontare un problema di sicurezza alla volta, attingendo alle risorse che solo il caso le ha dato. VI E CHI sostiene che non importa, tanto c'i penserà presto l'Europa a insegnare all'Italia a gestire la sua sicurezza. In effetti, non sarebbe sbagliato chiedere istruzioni, anche in questo campo, all'Europa; l'integrazione economica, di cui l'Unione Monetaria è un anticipo, è solo la prima gamba del progetto di costruzione europea. Che di gambe ne ha tre: la prima, come già detto, è economica, la seconda è la politica dì sicurezza, la terza tratta di politica interna e giustizia. Non vi è dubbio che compete all'Europá assicurare l'arm
onica crescita delle tre gambe, per garantire stabilità al suo progetto. MA OGGI è troppo chiederle perché l'Unione Monetaria, a lungo assorbirà grande parte della sua attenzione politica e delle sue risorse economiche, marginalizzando la sua seconda gamba e la terza. Ne consegue che all'Unione Europea, poggiando su tre gambe asimmetriche, occorre un puntello che rafforzi quelle più deboli fino a che, in un futuro prossimo, essa possa occuparsene. FINO AD ALLORA, la sicurezza, esterna ed interna, dovrà continuare ad appoggiarsi su due dimensioni..Nato e nazionale, senza un raccordo europeo che le saldi. Inoltre, poiché ogni- impegno multinazionale vale quanto valgono i contributi nazionali che -li sono concessi, e proprio la dimensione nazionale della sicurezza a fare, in più o in meno, la differenza. E così resterà' fino al giorno in cui i corpi armati europei dipenderanno da una autorità federale europea. Nel frattempo, ogni nazione deve rendersi conto che non può pietire il soccorso di altri nelle proprie
emergenze né sottrarsi alle sue responsabilità collettive. DEVE QUINDI disporre d'una propria politica di sicurezza, coerente con le proprie esigenze e i suoi impegni internazionali, e con risorse umane e materiali adeguate allo scopo. Che così sia, lo dimostra il case, Albania, i n cui per ben due volte (che non sia necessaria una terza!) l'Italia, sia da sola (missione Pellicano) sia (missione Alba) con altri europei, è intervenuta militar-mente per salvare il Paese dalla fame e dal caos. In entrambi i casi, riuscendoci. Senza l'Italia, che esito avrebbero avuto le crisi? Disastrose, anche perché nessuno sarebbe intervenuta in sua vece. C'è UN SECONDO motivo per far sì che l'Italia pensi alla sua sicurezza, ed è la partecipazione a imprese collettive, ieri in Libano, Irak, Mozambico, Somalia, oggi in Bosnia, domani, forse, nel Kosovo, dopodomani, chissà. C'è, inoltre, un terzo motivo, la commistione fra problemi esterni con altri, interni; Albania, Kosovo, Bosnia non sono solo teatri potenziali di guerra,
ma anche crocevia di criminalità organizzata in cerca d'affari e di asilo in Italia. Tutto questo è stato finora affrontato, chiedendo e ancora chiedendo ad a enti e soldati di arrangiarsi, di darsi da fare. Ma, se non si cambierà metodo, tutto questo un giorno avrà fine. E chi chiederà agenti e soldati si sentirà rispondere che non ce ne sono; stessa risposta all'Onu e alla Nato e, in futuro, alla difesa europea, C'è però una sostanziale differenza fra il problema del personale operatvo delle forze dell'ordine e quello delle forze armate. Mentre per le prime, consistenti di numero, si tratta di migliorarne l'impiego sottraendole a deprofessionalizzanti oneri (controlli fissi, scorte a papaveri, cerimoniali, ecc.), per le seconde il problema è invece soprattutto di numero. Negli ultimi anni, infatti, si è fatto il possibile per ridurre a livelli di crisi, oltre al bilancio della difesa, anche il personale militare, nella convenzione che, in barba alla Costituzione, la difesa armata un'orribile optional e qu
ella civile un sublime dovere. All'impresa hanno collaborato un po' tutti, dalla Corte Costituzionale alle Camere, con il concorso, più o meno entusiasta, degli occasionali Governi. So quanto queste cose sollevino solo sbadigli in se-de politica, ma se il Governo non vuole farsi carico dello smaltellamento delle Forze Armate (esercito in prima schíera) e, contestualmente della sicurezza nazionale, con tutto quello che ne consegue, farà meglio a cambiare registro. La riforma elettorale è importante, ma la sicurezza nazionale non lo e di meno.