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Radio Radicale Roberto - 15 dicembre 1998
IN IRAN SCOMPAPRE IL SETTIMO SCRITTORE
Degli 8 promotori del manifesto per la libertà d'espressione solo uno sarebbe ancora in vita. Il governo: presi i killer

La Stampa, 15 dic. 98

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TEHERAN. "I responsabili dei recenti assassinii di scrittori e pensatori sono stati arrestati ed altri arresti seguiranno": il comunicato delle autorita' giudiziarie ieri ha certamente calmato scrittori e intellettuali, terrorizzati dall'impressionante catena di omicidi. Ma non ha tranquillizzato i familiari di Rostami Hamadani, che secondo il quotidiano "Iran" sarebbe scomparso nella provincia occidentale di Hamadan. Anche lui e' uno scrittore più volte uscito allo scoperto contro l'ala conservatrice del regime. Anche lui era tra i firmatari del manifesto con cui, nel '94, 134 intellettuali invocavano liberta' d'espressione. Ed era amico di Piruz Davani, lo scrittore trentasettenne scoparso ad agosto che, secondo voci insistenti, sarebbe stato impiccato.

Ma secondo i dissidenti, che parlano di una "strategia della tensione" contro il governo riformista del presidente Mohammed Khatami, lo "squadrone della morte" avrebbe quasi completato il lavoro. I promotori del manifesto del '94 infatti erano otto. Loro avevano raccolto le firme e si battevano per la ricostituzione dell'Associazione degli scrittori, sciolta dal clero islamico dopo la rivoluzione del '73. E di quegli otto ormai, solo uno sarebbe ancora vivo.

Il primo ad essere trovato morto fu Ebrahim Zalzadeh. Poi, in agosto, scomparve Divani. Il 26 novembre viene trovato il cadavere dello scrittore Madjid Sharif, un musulmano moderato. Il 21, nella loro casa, i corpi orrendamentre mutilati di Daryush Foruhar, un nazionalista, e di sua moglie Parvaneh. Il 9 dicembre quello dello scrittore e poeta Mohammed Mokhtari: strangolato, cosi' come il suo amico critico e traduttore Mohammed Puyandeh, trovato due giorni fa. L'ultimo della serie, il settimo, e' Hamadani, che pochi ormai sperano di rivedere vivo.

Per mesi la catena degli omicidi si e' allungata nell'indifferenza del potere giudiziario, che dipende dal clero conservatore, non dal governo. Ma negli ultimi giorni le mogli di due scomparsi si erano appellate al presidente Khatami, ed il caso e' esploso anche sui giornali. Khatami ha creato una commissione d'inchiesta governativa, dando ordine al ministro dell'Interno di seguire personalmente le indagini. "Mi impegno a difendere i legittimi diritti dei cittadini - ha detto ieri -, in particolare la loro sicurezza. I recenti crimini costituiscono un attacco al prestigio della repubblica islamica".

Domenica 140 parlamentari conservatori avevano invitato il governo a fermare gli omicidi, ma gettandone la responsabilita' sui nemici esterni dell'Iran, in particolare sui mujaheddin del popolo, l'organizzazione armata dell'opposizione in esilio. Piu' o meno la stessa linea e' stata seguita ieri dall'ayatollah Ali' Khamenei, "guida spirituale della repubblica islamica": la massima carica dello Stato. Parlando in tv, Khamenei ha detto che "la giustizia, i servizi e le forze del ministero dell'Interno devono farsi carico di questa vicenda. L'omicidio di cittadini, chiunque essi siano, e' un crimine contro la sicurezza nazionale". Ma ha aggiunto: "Non vi e' dubbio che vi siano ingerenze di nemici dell'Iran nei recenti incidenti", in particolare "arroganti potenze" (gli Usa in primo luogo), che tentano di "compiere crimini direttamente o indirettamente ed a servirsene per rafforzare la loro propaganda contro il regime, insinuando che governo, organismi giudiziari e forze di sicurezza sono incompetenti".

Piu' lontano ancora e' andato Mohsen Rezaie, ex comandante dei Pasdaran ed oggi segretario del potente "Consiglio delle scelte". Secondo lui gli omicidi rientrerebbero addirittura in una "campagna di disinformazione" intrapresa da Israele. Peccato che il suo successore al comando dei Pasdaran , Rahim Safavi, avesse detto ad aprile: "Dovremo tagliare la gola a qualcuno e la lingua a qualche altro. Lo faremo a tempo debito". [f. sq.]

 
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