E le situazioni di emergenza, si sa, sono tali, sempre per colpa dell'altro.Un dittatore, per esempio, sospende i diritti civili e le regole della democrazia, (o applica entrambi secondo una sua interpretazione) perche' in quel determinato periodo, per il bene della nazione e/o del popolo, e' giusto che sia cosi'. Il dittatore -magari anche arrivato alla guida del Paese con metodo democratico- fa questo per evitare il peggio, e indirizzare il suo popolo verso la giusta via. "E' meglio non rischiare".
Questa e' la logica non solo di chi ha a che fare con gli stati e le nazioni, ma anche di chi opera nelle organizzazioni politiche e/o associative. Per restare nell'orticello di zona: non e' stato cosi' con il Movimento dei club Pannella-riformatori, che ha fatto un congresso in cui ha deciso di dare tutto in mano al suo fondatore, ma e' cosi' per il Partito Radicale.
L'emergenza non paga, mai. Tant'e' che per ovviare a questa situazione, ci siamo dati da fare per creare un partito con la pretesa di governare le situazioni di conflitto e contesa internazionale, con alla base una transnazionalita' che, di per se', nel metodo, indicasse l'obiettivo. Ma, al di la' di alcuni risultati non secondari (voto Onu pena di morte, tribunale internazionale), e' mancata la sostanza: il metodo. Alcuni obiettivi sono stati raggiunti, ma con metodo diverso rispetto a quello di partenza, che invece doveva essere la prefigurazione del futuro. L'Ong radicale ha fatto un ottimo lavoro, ma non e' il partito radicale, perche' un partito e' fatto di iscritti che partecipano e determinano, non solo di contribuenti che foraggiano la professionalita' di altri. Cosi' come dovrebbe essere per gli Stati democratici, con il voto e le altre forme di partecipazione dei cittadini a determinare la vita del Paese, con il rischio -accettato da tutti- che possa anche vincere chi sfascia tutto quello che un al
tro aveva costruito e che tu, in quel momento, consideri il meglio.
Questo e' -come ben sottolinea Marco Pannella nel suo comunicato sull'Iraq- il bello degli Usa (maggioranza per la messa in stato d'accusa, e maggioranza per l'azione in Iraq), ma -aggiungo io- al loro interno, non certamente all'esterno, dove fanno di tutto perche' ci sia sempre un'emergenza che abbia bisogno di loro e che -razionalmente- non possa non essere risolta in altro modo che non quello militare, e che tutti coloro che hanno una testa sulle spalle non possono non accettare.
E gli Usa, come il Pr, vivono di emergenza. Senza questa non esisterebbero, perche' e' grazie all'emergenza che hanno ragion d'essere. Altrimenti sparirebbero: gli Usa sparirebbero dal ruolo di gendarme buono del mondo ("C'e' qualcun altro in grado di sporcarsi le mani come fanno loro?", e' l'espressione piu' diffusa); il Pr ha una storia di chiusure, sospensioni, minacce non minacce in materia che tutti i conferenzieri conoscono. E le emergenze, nel contesto in cui si sviluppano, possono essere governate solo in assenza di democrazia: non a caso sono i militari che le gestiscono, sia che si chiamino Henry Shelton (capo stati maggiori congiunti Usa) o Olivier Dupuis, e i militari "obbediscono e combattono", questo sono per definizione.
Il problema e' tutto qui: far si' che non ci siano solo situazioni d'emergenza. Far si' che l'emergenza sia l'eccezione e non la regola.
Agli Usa, questa riflessione, gliela facciamo fare da soli :-) , con i suoi cittadini. Per il Pr si puo' anche fare qui. In particolare rispetto alle scelte che conseguono la sua emergenza. C'e' il "pericolo" del marchio dell'infamia ...che pare sia l'appellativo di catto-comunista, oltre all'invettiva e la commiserazione di chi sa e fa spallucce, ma i radicali si dice che abbiano il coraggio delle loro scelte (anche di fronte ad un piatto di lenticchie .... dicono), e la capacita' dissacratoria di ridere di ogni definizione limitata..
All'Ong radicale non si puo' imputare cio' che il Pr non e': fa il suo lavoro, ha i suoi funzionari che fanno un lavoro di lobbie con le istituzioni sovrannazionali e nazionali, perseguendo scopi che sembrano marciare -pur nelle difficolta'- bene. Il Pr non c'e', ma sul bombardamento Usa/Gb in Iraq compare a mo' di finocchietto, per dire la sua, esprimendo ovviamente le posizioni di un gruppo (immagino) di persone che parla solo per se' stesso, col metodo dell'emergenza, senza mostrare sforzi per vedere oltre il proprio naso. Che questo lo facciano gli Usa, va bene, perche' i suoi elettori gli danno il consenso per vivere sull'emergenza esterna (si guarderebbero bene da quella interna), ma che lo faccia il Pr, e' bizzarro e azzardato.
Una domanda: quale strategia di affermazione della democrazia e della liberta' in Iraq e nel mondo, c'e' oltre e grazie ai bombardamenti? La continua emergenza Usa?
Credo che su questo si possa incentrare il confronto, anche con i militari nostrali.
Le vere e proprie pippe su violenza e nonviolenza, su Gandhi e codardia, lasciamole fare a chi non ha argomenti e che, come i teisti, ha sempre bisogno di un dio che gli suggerisca il bene e il male. Io, Vincenzo, sono perche' nessuno tocchi il Caino di turno (e mi faccio due palle cosi' quando qualcuno non fa altro che ricordarci che abbiamo a che fare con Caino), e questo mi da' la forza del ragionamento; ma non sopporterei mai che la mia forza diventasse la forza di uno Stato, non sopporterei che le mie intime convinzioni diventassero legge universale, perche' considero la legge come il luogo dell'equilibrio che consente a me -e a chi pensa l'esatto contrario di me- di convivere nello stesso luogo (ho detto convivere, non governare insieme): i dogmi li reputo debolezze. Queste pippe riferite al Pr, poi, sono ancora maggiori: a che serve evocare uno statuto che non esiste, delle regole che non sono tali? Serve solo a mostrare il proprio conservatorismo, un piangersi addosso cosi' come fa il ministro Dilibe
rto che ad ogni pie' sospinto ci ricorda che e' comunista: che palle. Sono morto, punto e basta: il comunismo e il Pr, figuriamoci gli statuti. Esistono gli individui, con le storie e le volonta', e le capacita' d'azione e di pensiero.
Vediamo se c'e' qualcuno che e' arrivato fin qua e che raccoglie la palla al balzo.