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Partito Radicale Centro Radicale - 27 dicembre 1998
L'Unità/PR/Kosovo: comunicato stampa

L'UNITA' SUL KOSOVO. PR: RINGRAZIAMO E PRECISIAMO

Dichiarazione di Olivier Dupuis, segretario del Partito Radicale e di Rita Bernardini

Roma, 27 dicembre 1998. "Ringraziamo L'Unità che con l'articolo a pagina 10 a firma P.So. ha reso "notiziabile" una nostra presa di posizione in merito al silenzio dei pacifisti su quanto di drammatico sta avvenendo in queste ore in Kosovo. Si tratta di un ringraziamento sincero perché ci consente, nel rispondere agli attacchi del quotidiano fondato da Antonio Gramsci, di precisare un punto di vista che non gode, spesso perché non conosciuto, di molta attenzione e considerazione.

La nostra nonviolenza (senza trattino) non è un'ideologia, ma ricerca e azione che è inscindibile dal concetto di democrazia ed è il contrario dell'"assenza di violenza" e del concetto di neutralità. Là dove si manifestano due violenze, come nel caso del dittatore di Bagdad che affama e uccide giorno dopo giorno il suo popolo e come nel caso di Clinton e Blair che bombardano l'Irak riportando Saddam alla situazione di un anno fa per quel che riguarda gli armamenti, non scegliamo l'equidistanza, ma appoggiamo la parte che più si avvicina al rispetto della legalità. E riteniamo che Usa e Gran Bretagna abbiano fatto nella direzione del rispetto delle risoluzioni dell'Onu quello che l'Europa non è stata neppure in grado di balbettare.

Quanto ai "pacifisti" ci chiediamo cosa abbiano fatto, concretamente, dal '91 ad oggi per salvare il popolo iracheno dai massacri di Saddam. Nella prefazione al Libro "la Fattoria degli animali", George Orwell, attaccando il conformismo "filorusso" degli intellettuali inglesi scrive dell'"incapacità di molti e chiassosi pacifisti inglesi di far sentire la loro voce contro la crescente ammirazione per il militarismo russo" e afferma " Secondo questi pacifisti, ogni forma di violenza è male, e in ogni fase della guerra ci hanno esortato ad arrenderci o a fare almeno una pace di compromesso. Ma quanti di loro hanno mai suggerito che la guerra è un male anche quando è fatta dall'Armata Rossa?" Da parte nostra, con i pochi mezzi a disposizione e nel silenzio dei mass media, abbiamo, con successo, portato l'Italia ad essere protagonista e a vincere la battaglia per l'istituzione della Corte Penale Internazionale e lotteremo affinché il nostro Paese mantenga la leadership della campagna per il raggiungimento di una

giurisdizione internazionale ratificando per prima lo Statuto del Tribunale.

Entrando più direttamente nel merito della questione, il problema non è quello di "vivere di certezze assolute", ma puramente e semplicemente quello di prendere atto di ciò che è accaduto negli ultimi due lustri nell'intera area balcanica. Piaccia o no, da quasi dieci anni c'è un solo uomo che abbia avuto le idee tremendamente chiare sui destini dell'ex-Jugoslavia: quest'uomo è il Presidente serbo Slobodan Milosevic, che - dapprima in Slovenia e in Croazia, poi in Bosnia e da ultimo nel Kosovo - ha scelto di praticare la "politica" dell'aggressione sistematica, del massacro delle popolazioni civili, delle fosse comuni, della pulizia e dello stupro etnici.

Dinanzi a questi tristi dati di fatto, ciascuno ha il diritto e il dovere di fare la propria scelta di campo. Da una parte ci sono i radicali, che chiedono - insieme a 100.000 cittadini- che il macellaio nazi-comunista di Belgrado sia chiamato a rispondere delle atrocità che ha ordinato di fronte al Tribunale ad hoc per i crimini commessi nell'ex-Jugoslavia; dall'altra c'è, in ottima e vasta compagnia cattosocialpacifista, il Presidente del Consiglio Massimo D'Alema, il quale - si vedano, a puro titolo esemplificativo, le recenti interviste a "Newsweek" e a "La Stampa" - continua imperterrito a dichiarare che Milosevic "non deve essere demonizzato" e che "esiste un problema tanto con i Serbi quanto con i Kosovari". In altre parole, per noi è necessario e urgente portare il massacratore dinanzi al Tribunale dell'Aja; per D'Alema, invece, è più opportuno mantenere una sorta di olimpica equidistanza tra il massacratore e i massacrati.

Speriamo almeno che con il governo D'Alema non si ripeta - magari attraverso l'ENI - la triste pagina del giugno 1997, quando, in pieno governo Prodi, la STET - che allora era un'azienda totalmente pubblica - acquistò il 29% della Telekom serba, consegnando circa 900 miliardi di lire all'uomo delle fosse comuni. Se proprio non si vuole abbattere il regime di Belgrado, si potrebbe quanto meno fare lo sforzo di non considerarlo un partner d'affari".

P.S. Alla brillante penna di Michele Serra, che onora Pannella con un pezzo in prima pagina, suggeriamo di cambiare registro: invece di rimpiangere il Pannella di una volta, che si sfoghi, invece, con il Pannella arteriosclerotico che da trent'anni è amerikano con il kappa, finanziato probabilmente da Cia e Mossad come gli rimproveravano i simpatici comunisti di un tempo.

Partito Radicale

Tel. 06-689.791

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