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Manfredi Giulio - 13 gennaio 1999
Sul "Sole 24ore" dell' 8 gennaio, intervento di Conor A. Gearty (Professore di Diritto dei diritti umani al King's College di Londra) su <

"... Tradizionalmente, la repressione dei crimini contro i diritti umani non è stata estesa in modo automatico e indolore ai governanti, nello stesso modo in cui lo è stata ai sovversivi e agli oppositori violenti. Questo perchè gli Stati-nazione che, nel corso degli anni, hanno dato il loro assenso al "nuovo codice" dei diritti umani l'hanno tendenzialmente fatto sulla base della convinzione che l'immunità sovrana sarebbe rimasta intatta per i loro capi di Governo, al potere e in pensione. In un certo senso è stata proprio la sensazione che essi stessi non ne fossero coinvolti in prima persona a consentire ai vari leader, persino ai più efferati, a dare il loro apparente consenso alla creazione di un codice internazionale dei diritti umani... La maggioranza raggiunta nella Camera dei Lord che ha portato alla prima decisione sul caso Pinochet ha inferto un duro colpo a tale status quo, alquanto compiacente, affermando che anche gli ex capi di Governo devono rispondere davanti a un tribunale di gravi violazi

oni delle leggi internazionali sui diritti umani... Anche se i giudici hanno fatto di tutto per mettere da parte i casi analoghi di capi di Governo in servizio effettivo, sarà la logica stessa del loro ragionamento a spingerli in quest'area ancora più controversa. E' solo una questione di tempo. La retorica cosi' efficacemente utilizzata dalla Corte britannica nella sua argomentazione si riferisce agli assassini e ai torturatori del presente non meno che a quelli del passato, e solo una cautela tattica può spiegare perche' i giudici siano stati cosi' reticenti ad ammetterlo.

Alla luce del caso Pinochet - qualunque sia il suo epilogo - e dell'accordo raggiunto per istituire un nuovo tribunale penale internazionale, non è del tutto fantasioso prevedere un futuro in cui il mondo sara' governato da un sistema internazionale del diritto, garantito da giudici che avranno il dovere di imporre in tutto il mondo determinati standard sui diritti umani, senza lasciarsi vincolare ne' dalle circostanze di un particolare luogo, ne' dalla presunta sovranità di un particolare capo di Governo. In linea di principio i diritti umani sono una bella cosa e questo rappresenta per molti versi un grande progresso. Ma non potranno non sorgere spinose questioni riguardanti da un lato la definizione dei diritti umani, dall'altro la loro effettiva applicazione... Se l'idea di democrazia è destinata a sottomettersi in modo crescente all'applicazione internazionale del diritto e ai principi dei diritti umani, cosi' come vengono definti dai giudici, c'è da attendersi che l'attenzione sara' concentrata in modo

crescente sull'identità di tali giudici, e su cio' che di essi rivelano le loro vite personali e politiche. Il caso Pinochet potrebbe non solo segnalare la nascita di un "nuovo codice" internazionale per i diritti umani , ma anche accelerare la morte dell'idea - che e' sempre stata in gran parte illusoria - che il diritto esiste indipendentemente dalla politica.".

La pagina del "Sole 24ore" ospita pure un intervento di Valerio Zanone <>:

"... pensando al cinquantennale della dichiarazione universale, merita una citazione la Dichiarazione di Parigi, che è stata approvata l'11 dicembre dai <>: le organizzazioni non governative riunite in Stati generali per iniziativa di Amnesty International, di Atd Quatrième Monde e della Federazione internazionale dei diritti dell'uomo... In condizioni di crescente interdipendenza mondiale, è augurabile che la globalizzazione si estenda dai mercati ai diritti umani. Nella Dichiarazione di Parigi compare in proposito una clausola finale che chiede alle imprese transnazionali e alle istituzioni della finanza internazionale di contribuire con il loro notevole potere di persuasione all'affermazione dei diritti contenuti nella Dichiarazione universale e nelle successive convenzioni delle Nazioni Unite. I codici deontologici delle multinazionali industriali e finanziarie sarebbero certamente un importante rimedio alle debolezze delle tutele giurisdizionali..." (no, caro Zanone, tutt'alt

ro: sarebbero innanzitutto un elemento di confusione in una materia gia' infarcita di norme e dichiarazioni: il "codice Nestle'", il "codice Coca-Cola",......; inoltre, mi stupisce che un liberale sostenga l'intrusione di soggetti economici in un campo che deve rimanere riservato agli Stati, alle Unioni di Stati e ai diritti da loro espressi; per quanto riguarda, poi, l'efficacia concreta del codice deontologico di una multinazionale, a partire dall'attivita' della stessa, non occorre essere terzo-mondisti per nutrire seri dubbi...).

 
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