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Partito Radicale Roma - 26 aprile 1999
IL BANCHIERE SLOBO VALE 17 MILA MILIARDI

Il tesoro dei Milosevic/ Da Cipro a Mosca, una trama tra false privatizzazioni e holding di comodo

Dal Corriere Economia (pag. 7), lunedì 26 aprile 1999

Di Sandro Orlando

I depliants la descrivono come uno dei centri strategici della Federazione: Kosovska Mitrovica, l'unica cittadina industriale

del Kosovo, 30 chilometri a nord di Pristina, sorge su enormi giacimenti di piombo e zinco: il complesso della Rmhk-Trepca è tra i maggiori in Europa e il potenziale di sfruttamento delle sue vene minerarie - da cui escono anche magnesite, cromo, nichel e asbesto - viene valutato sui 5 miliardi di dollari.

Una ricchezza che aveva spinto già nell'89, all'inizio del confronto militare con Belgrado, la popolazione albanese a occupare le miniere di Mitrovica per protestare contro la politica di jugoslavizzazione forzata. Kosovska Mitrovica è la prima località del Kosovo dalla quale il 23 marzo, alla vigilia dei raid Nato, gli albanesi vengono deportati in massa.

Lo Stato siamo noi. E' un bombardamento Nato su una fabbrica di sigarette di Nis attribuita al figlio di Milosevic, Marko, a sollevare la questione: "La Jugoslavia è uno Stato basato sul nepotismo - dice la Nato - é impossibile colpire qualsiasi obiettivo industriale senza distruggere beni dei ministri di Milosevic o della sua famiglia, perché sono loro lo Stato".

Finita l'epoca dell'autogestione, l'economia di Serbia e Montenegro è estita come un affare di pochi (30-40 famiglie hanno in mano le leve del Paese), dove politica e business si intrecciano indissolubilmente. La Rmhk-Trepca, ad esempio, è controllata dalla Yugobanka, la banca centrale, e dalla Genex, la principale società di import-export del Paese. A dirigere la prima è Miodrag Zecevic: conosce il presidente dai primi anni '60, ha fatto da testimone al suo matrimonio con Mira Markovic, è stato suo collega nella Beogradska Banka fino a diventarne il direttore generale (Milosevic ne sarà

successivamente il presidente, dopo essere stato a lungo responsabile delle relazioni con il Fondo monetario internazionale) ed è infine andato a Parigi per dirigere la Banca franco- jugoslava che lo stesso Slobo ha contribuito a fondare.

Nell'estate del '98 Zecevic, ormai con passaporto francese, viene arrestato all'aeroporto di Parigi: è accusato di aver aggirato le sanzioni imposte dall'Onu contro il regime di Belgrado con alcune transazioni illegali su conti svizzeri. Due versamenti, rispettivamente nel febbraio e marzo '96. Il primo (un miliardo e mezzo di lire) è andato alla Banca svizzero- jugoslava: a beneficiarne sembra sia la figlia stessa di Zevecic, che vive a Londra. Il secondo, più consistente (oltre 4 miliardi), è finito invece su un conto zurighese della Barclays. L'intestataria è la signora Milosevic. I soldi arrivano da una misteriosa finanziaria domiciliata a Nicosia, nel paradiso off-shore di Cipro. Per la scarcerazione di Zecevic interviene il ministro degli Esteri jugoslavo: rimesso agli arresti domiciliari, il banchiere fugge a Belgrado dove viene nominato governatore centrale. Sulla sua testa oggi pende un mandato di cattura internazionale. A Parigi intanto il suo posto viene affidato a Borislav Milosevic, il fratello

maggiore del presidente, che oltre a fare da ambasciatore jugoslavo a Mosca ha il vero controllo sulla Genex. Sono lui e Zecevic a procurare alla Rmhk-Trepca, sempre nel '96, due contratti per la vendita di minerali in Usa e in Grecia.

Quest'ultimo vale 500 milioni di dollari e assicura all'holding del finanziere greco Evangelos Mytilinaios i diritti di prelazione sulla futura privatizzazione della Rmhk-Trepca. Per coincidenza, pochi mesi dopo l'affare, si scopre che Milosevic ha iniziato a investire in immobili ad Atene e sta trattando l'acquisto di una villa a Corfù, dove ha già speso 300 mila dollari per uno yacht.

Privatizzazioni in famiglia. Nell'aprile '98 viene avviato un procedimento di bancarotta per la Genex. La società, che ancora nel '90 dispone di un capitale di oltre 1 miliardo di dollari, viene valutata ufficialmente 70 milioni di dollari, miniere comprese. Un prezzo risibile che rende subito sospetti i piani di privatizzazione del Governo.

L'urgente bisogno di liquidità ha spinto anche la signora Milosevic, leader del partito neocomunista Jul, ad abbandonare la sua ostentata avversione ai liberismo. Il 49% di Telekom Serbia viene venduto a Telecom Italia e alla greca Ote per 950 milioni di dollari, una somma che non basta nemmeno a coprire il deficit della bilancia dei pagamenti di sei mesi. A Mosca intanto il fratello di Milosevic, grazie all'intreccio di relazioni e amicizie, ottiene a credito le forniture della Gazprom: gas per 300 milioni di dollari l'anno.

Relazioni che portano la Genex in contatto anche con la Mabetex, la società di costruzioni svizzera di Behget Pacolli, il fidanzato di origini kosovare di Anna Oxa, che recentemente finisce nell'inchiesta sul Kremlin-Gate, lo scandalo degli appalti dorati in Russia, con tangenti per decine di milioni di dollari e un contorno di sesso e film a luci rosse. E' il quotidiano ginevrino Le Temps a scoprire che sul sito Internet della Mabetex la Genex appare come società partner nel contesto dei progetti di restauro del Cremlino e del Parlamento russo. "Si tratta di un errore", spiega la Mabetex.

Il tesoro nascosto. Prima della scissione di Slovenia e Croazia, la Jugoslavia disponeva di riserve estere per quasi 10 miliardi di dollari. Queste riserve, custodite nei forzieri della banca centrale di Belgrado, ammontavano a fine '97 a soli 300 milioni di dollari. Sono in molti a credere oggi che molti dei miliardi mancanti siano stati dirottati all'estero, già tra il '92 e il '93, mentre la Yugobanka continuava a stampare dinari portando l'inflazione al 20.000%. A questi capitali si somma quella parte di debito estero (12 miliardi di dollari) che è rimasta a Belgrado, a dispetto delle legittime richieste delle Repubbliche secessioniste. La via di fuga passa per Cipro grazie a un'altra amica del presidente, Borka Vucic, l'attempata signora che dirige la Beogradska Bank e la sua filiale di Nicosia.

All'inizio della guerra transitano attraverso le tre banche serbe dell'isola (le altre sono la Karic e la Kreditna) almeno 3 miliardi di dollari, con destinazione Francoforte, Londra e Parigi. Servono a pagare le forze speciali di polizia, le più fedeli a Milosevic, attraverso istituti di copertura come la Asi Bank di Zoran Todorovic (che finanziava solo gli iscritti allo Jul), l'imprenditore tedesco-serbo ucciso tre mesi dopo la sua nomina al vertice della Beopetrol, nel '97. Memorabile resta la dichiarazione dello scomparso viceministro degli Interni, Radovan Stojicic Badza: "In Serbia il crimine organizzato non esiste". Quando fu ucciso, nell'aprile '97, aveva ancora con sé una valigetta con dentro 700 mila marchi.

 
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