PROVO VERGOGNA PER IL MIO POPOLO
di Bora Cosic (scrittore serbo)
L'Espresso, 6 maggio 1999
Sulla "Frankfurter Allegemeine Zeitung" è stato scritto che la gente di Belgrado è regredita al livello di bambini, anzi di bambini cattivi. Io dei bambini ho un'altra opinione. Per me sono creature orgogliose, con un tipo di nobiltà particolare. Loro, per esempio, non si lasciano avvicinare e sedurre da chiunque, sono molto selettivi.
La gente che oggi partecipa alle dimostrazioni nelle piazze e sui ponti di Belgrado non possiede invece questa nobiltà infantile e la loro ira contro le bombe che cadono numerose non può essere associata alla cattiveria infantile. Nelle proteste di massa la cosa più facile è bruciare la bandiera di un altro paese o distruggere il fantoccio di un uomo di Stato. Si tratta di una reazione etnologica che Lévi-Strauss avrebbe potuto spiegare, paragonandola al comportamento che hanno indigeni selvaggi nei confronti dello spirito di una tribù nemica o di una divinità malvagia che li minaccia.
Per un certo periodo, il mio popolo ha amato la libertà, e ha dimostrato di essere maturo. Ma anche nella sua maturità è stato volubile. Questo popolo è orgoglioso di tutto, anche del suo stesso orgoglio che custodisce nel fondo dell'anima. Ora, ogni uomo dovrebbe essere prima di tutto orgoglioso della propria anima. Ma come si può non offendere questo sommo bene quando noi, i serbi, siamo senza anima e crudeli con un intero popolo: gli albanesi del Kosovo? Di questo popolo che oggi viene sterminato i miei concittadini non vogliono sentir parlare. Non si rendono conto di ferire così la loro proria dignità. A questo livello, non si ha più a che fare con qualcosa di infantile. La gente, quella folla esaltata oltre misura, che oggi rappresenta uno scudo per il suo dittatore dovrebbe preoccuparsi prima di tutto dei deboli e dei bisognosi dell'intero popoplo del sud della Jugoslavia che è stato cacciato dal proprio territorio. Ci si deve vergognare di quei campi profughi pieni di uomini, di stracci e di miseria,
che oggi sono l'abitazione, anzi la stanza dei bambini della nazione albanese del Kosovo. Che solo può sperare in un padre immaginario in paradiso.
La gente che appoggia Milosevic a Belgrado è cieca. Non si rende conto che si ritrova infine una guerra partita proprio dalla loro città, otti anni fa. E se loro adesso proteggono postazioni strategiche dell'esercito, con i loro corpi, dimenticano che si tratta dello stesso esercito che per anni ha sistematicamente sottomesso, distrutto e portato morte al loro stesso paese. Questo esercito ha commesso aggressioni, come l'armata tedesca ai tempi di Hitler in Europa. Sotto la bandiera jugoslava è stato prima conquistato e poi distrutto un pezzo dopo l'altro della Jugoslavia. Più tardi, come a Stalingrado, gli stessi attaccanti si sono ritirati di sconfitta in sconfitta (tra Croazia e Bosnia) in frontiere sempre più ristrette. Adesso la guerra ha bussatoalla porta della mia città come una volta essa irruppe a Berlino.