Dibattito sulla situazione in Kosovo - della Commissaria Emma Bonino a nome della Commissione
Strasburgo, Martedì 4 maggio 1999.
Bonino, Commissione. Signor Presidente, credo che sia la seconda o la terza volta che affrontiamo questo argomento. Inizierò da lei, presidente Rocard. Non so quale sia stato il grado d'informazione degli Stati membri dell'Unione o di quelli che siedono nel Consiglio atlantico. Quello che io le posso dire è che la Commissione, almeno a livello umanitario, così come tutte le agenzie umanitarie, non è stata informata dagli Stati membri, che pure siedono nel Consiglio atlantico oltre che nell'Unione europea. Nessuno è stato messo al corrente, informato di eventuali piani o di eventuali informazioni. Credo anzi che, dal punto di vista umanitario, si tratti di un problema di coordinamento. Onorevoli parlamentari, la generosità individuale, anche degli Stati membri, è una cosa sacrosanta ma rende il coordinamento quasi impossibile. E' molto difficile, anche per l'HCR, riuscira a organizzare centinaia di ONG, finanziate da donazioni private, oltre tutte le strutture dei quindici Stati membri, mobilitati, a giusto t
itolo, oltre agli altri donatori dall'altra parte dell'Atlantico, più canadesi, norvegesi, giapponesi, eccetera. Il ruolo del coordinamento, vi assicuro, è molto facile invocarlo, un po' più difficile svolgerlo, anche perché ognuno, giustamente, ha anche l'esigenza della visibilità politica, su cui siamo tutti d'accordo. Alla fine, ci sono, evidentemente, interessi che non coincidono.
Come evitare la duplicazione degli aiuti, visto che quasi nessuno è informato di che cosa fanno gli Stati membri? Come evitare errori dovuti a generosità ma a poca esperienza? Difficile, per esempio, informare, avvertire o prevenire qualcuno di allestire campi dove non sono sostenibili perché nella fretta nessuno si consulta. Con questo intendo dirvi che non c'è, a tutt'oggi, una forte limitazione di finanziamenti o di progetti umanitari. C'è un grave limite di coordinamento, di disciplina e di scelte di priorità. Credo che da questo punto di vista il compito dell'HCR, il nostro cioè, non sia dei più facili.
Un secondo punto che mi è stato chiesto, e sul quale stiamo lavorando, è il problema più importante, quello ciè dello sheltering. E' vero che le cose più visibili sono i campi in tragiche condizioni, ma gli onorevoli deputati devono sapere che la stragrande maggioranza dei deportati sono ospitati da famiglie poverissime albanesi o macedoni, come tutti sanno, e che uno dei maggiori sforzi che stiamo compiendo è l'aiuto dato alle famiglie proprio per evitare l'insorgere di tensioni sociali e per evitare che, dopo un mese di accoglienza generosa, essi vengano cacciati creando problemi sociali.
Un'altra attività in cui siamo molto impegnati sono, soprattutto, i preparativi in vista dello scenario peggiore, cioè l'inverno. Almeno per una parte di questi rifugiati, quello che stiamo facendo è il recupero di case in mattone, di centri collettiviin modo da poter evacuare prima possibile la stragrande maggioranza dei deportati che si trovano sotto le tende e dar loro condizioni sanitarie, igieniche o, perlomeno, climatiche più accettabili.
Il secondo elemento è il Montenegro. Ritengo che non vada dimenticato in questa sede che in Montenegro si trovano più di 70 mila deportati che sono delle vere e proprie bombe umane. Essi non sono i rifugiati che siamo abituati a conoscere, sono bensì deportati, sono delle bombe umane usate se, quando e dove decide Milosevic. E se decide di inviare una bomba umana di centomila persone contro il Montenegro, questo costituirà davvero anche un problema di destabilizzazione politica.
Un altro aspetto che non va dimenticato riguarda la Bosnia che, già in una situazione così difficile, ha ricevuto cinquantamila rifugiati, questa volta serbi.
Il terzo elemento su cui lavoriamo è rappresentato dagli sfollati serbi in territorio serbo, cui abbiamo provveduto con degli interventi specifici. Mi recherò di nuovo nei prossimi giorni nella regione, ma vi pregherei di aiutarci a trasmettere questo messaggio: oggi l'elemento fondamentale dell'aiuto umanitario è dato dalle scelte prioritarie, dalla disciplina e dal coordinamento, altrimenti temo che anche la grande generosità di tutti finisca in una grande confusione.
Due ulteriori considerazioni, forse di ordine più politico. Onorevoli colleghi, io credo che quando i nostri genitori hanno optato a favore della Comunità europea, l'hanno fatto per due ragioni: mai più la guerra tra di noi e mai più Auschwitz. Oggi dobbiamo sciegliere tra queste due eventualità, perché escluderle entrambe non è stato possibile. Si chiede una soluzione politica. Bene, che cosa abbiamo fatto in questi ultimi dieci anni se non ricercare con Milosevic una soluzione politica? Anche troppo abbiamo fatto, a mio modestissimo avviso: da una conferenza all'altra, da una riunione diplomatica all'altra, da un incontro di Ginevra all'altro. Mi si consentirà comunque che è meglio tardi che mai. Probabilmente è tardi - sono d'accordo che è troppo tardi - ma basta far l'elenco da Osiek a Vukovar, da srebrenica a Sarajevo, da Bihac a tuzla e a quante altre vergogne, che non hanno trovato reazioni. Non è possibile dire che, siccome non interveniamo ovunque, non interveniamo neanche sotto casa nostra. Credo c
he su questo sia ben chiaro quali siano le responsabilità, almeno dell'Unione europea, di risolvere non tanto i problemi della Tasmania quanto quelli sotto casa nostra. Se non abbiamo neanche questo coraggio, se riteniamo che essere europei sia condividere una moneta comune, un po' di agricoltura e, perché no?, un po' di pesca ma non condividere questi valori, cioè il rifiuto della pulizia etnica almeno nel nostro continente, non ha più neanche senso chiamarci europei.
(Applausi).