("Sole 24ore" del 29 aprile 1999)"Belgrado - Dragoliub Karic è sicuramente l'uomo più influente della Jugoslavia sotto il profilo economico. La sua ascesa inizia vent'anni fa, in piena autogestione socialista, quando impianta nel Kosovo la prima industria privata dell'Europa orientale. Oggi guida una holding che comprende una banca, una compagnia di assicurazioni, il servizio di telefonia mobile in Serbia, una tv privata, alcuni stabilimenti industriali. Ma i suoi interessi più importanti sono concentrati in Russia, in numerose repubbliche ex sovietiche, in Canada, e negli Stati Uniti dove è impegnato nel settore immobiliare. Il gruppo Karic, che ha 4.700 dipendenti, nel '98 ha registrato un fatturato consolidato di 480 milioni di dollari.
Dall'ottobre dello scorso anno Dragoljub Karic, che non è iscritto ad alcun partito, ricopre la carica di ministro per le privatizzazioni nel Governo federale jugoslavo.
D) Signor ministro, l'Italia ha notevoli interessi economici nella Repubblica federale jugoslava ed è il suo primo partner commerciale. Pochi giorni dopo l'inizio dei bombardamenti in atto, i depositi esteri di cittadini e società dei Paesi alleati sono stati congelati e alcuni esponenti politici serbi hanno annunciato l'intenzione di nazionalizzare i capitali delle imprese dei Paesi Nato, citando il caso della Telecom italiana che detiene assieme alla greca Ote il 49% di Telekom Serbia, a garanzia dei <> provocati dai raid alleati. Può confermarci questa eventualità?Non c'è alcun fondamento in questa ipotesi. Il nostro Governo conferma in modo deciso che gli investimenti esteri saranno tutelati e garantiti. Da quelli di grandi dimensioni, come la Telecom che ha già investito 800 miliardi di lire nel nostro Paese, alle piccole joint venture. Mantenere la fiducia degli investitori è indispensabile perchè la guerra prima o poi dovrà finire e sono certo che nonostante tutto quello che sta succedendo, la Jugoslavia sarà ancora un Paese in grado di attirare capitali stranieri. Tanto più se partirà il nuovo piano Marshall, di cui già si parla. L'importante è risolvere la crisi più in fretta possibile, perchè ogni giorno che passa si consolidano gli interessi di chi si arricchisce con le guerre.
D) Una volta risolto il conflitto armato, pensa che le imprese italiane saranno ancora per voi un partner preferenziale, nonostante l'Italia faccia parte della Nato?
Le nostre porte saranno sempre aperte per l'imprenditoria italiana. Tanto più che pensiamo che l'Italia, assieme alla Francia, sia al fianco della Russia per trovare una soluzione alla crisi.
D) Lei alcuni mesi fa aveva avviato il processo di privatizzazione dell'industria statale jugoslava. I raid aerei della Nato però hanno distrutto buona parte di quelle che erano comprese nella lista prioritaria, le più attraenti per i capitali provenienti dall'estero. A fine conflitto, cosa vi resterà da privatizzare?
Certo, alcune delle nostre industrie più importanti, per le quali avevamo già in corso trattative con potenziali partner stranieri, sono state bombardate. Basti pensare alla Zastava, per la quale stavamo trattando anche con la Fiat che già detiene il 49% del pacchetto azionario del settore camion attraverso l'Iveco, ai tabacchifici di Nis cui era interessata la Philip Morris o all'industria elettrotecnica di Nis, che ha una partecipazione della Siemens. Sarà forse un caso ma gli stabilimenti Coca-Cola, una joint venture serbo-americana, non sono stati toccati.
D) Può quantificare le perdite economiche?
L'aggressione della Nato ha comportato sino ad ora danni che dovrebbero aggirarsi complessivamente attorno ai cento miliardi di dollari. Ma vi sono ancora imprese e società nei settori dei trasporti, dell'agricoltura, dell'agroalimentare potenzialmente appetibili per partner stranieri. Molti mi hanno chiamato in questi giorni per dirmi che vogliono proseguire le trattative appena questa situazione folle finirà. E spero che avvenga presto perchè solo l'avvio del processo di ricostruzione e rilancio economico possono restituire stabilità ai Balcani. Spero che lo capiscano tutti.".