Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
mar 08 lug. 2025
[ cerca in archivio ] ARCHIVIO STORICO RADICALE
Conferenza Partito radicale
Partito Radicale Rinascimento - 11 maggio 1999
LETTERA APERTA DI EMMA BONINO AI SENATORI, AI DEPUTATI E AI DELEGATI REGIONALI CHIAMATI AD ELEGGERE IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Roma, 10 maggio 1999

Cari Colleghi,

(uso questo termine perché sono stata per tre volte una di voi, partecipando all'elezione del Presidente Pertini nel 1978, del Presidente Cossiga nel 1985, e del Presidente Scalfaro nel 1992)

sarò, se mi eleggerete, Presidente della Repubblica quale la Costituzione scritta impone e consente di essere.

Durante il mio settennato non mi rivolgerò mai direttamente al Paese; mai mi esprimerò pubblicamente -quali che siano le prassi pregresse- su temi che possano anche indirettamente concernere la vita politica, e vigilerò a non dare alle relative "consuetudini" automatiche valenze giuridiche.

Mi indirizzerò esclusivamente al Parlamento per inverare la dialettica inter-istituzionale - così come in cinquant'anni non è accaduto- attraverso lo strumento ordinario dei messaggi presidenziali, dei quali il popolo avrà regolare contezza solo perché costitutivi, anch'essi, degli atti parlamentari.

Sarò la Presidente di una Repubblica parlamentare, senza remore e con determinazione, finché la Costituzione non verrà mutata. E, se lo sarà stata, servirò con determinazione la nuova, come l'antica, fino al termine - confermato o mutato che sia- del mio mandato.

Non mi permetterò mai, per alcuna ragione, di interferire con le responsabilità e le prerogative anche dei partiti, cui la Costituzione assegna il compito di concorrere liberamente - e liberi quindi da pesanti ipoteche e intrusioni- a determinare la politica nazionale, precludendo così in maniera assoluta al Presidente della Repubblica di ergersi a soggetto politico costituzionale, al pari di quelli riconosciuti in quanto tali: Parlamento, Governo, Regioni, popolo legislatore attraverso i referendum, e, appunto, partiti.

Vigilerò perché non accada più che il voto del popolo sovrano, in caso di approvazione di referendum abrogativi ai sensi dell'art.75 della Costituzione, venga ignorato o, peggio, annullato; ciò, ovviamente, per quanto starà nelle competenze e nelle prerogative presidenziali, che ritengo perfettamente adeguate a questo fine. In uno Stato di diritto sono perfettamente fisiologici anche i conflitti di poteri, a condizione che come tali siano e vengano riconosciuti e giudicati. Si deve dirimerli, non sopraffare niente e nessuno.

Come Presidente della Repubblica, non sarò minimamente disposta ad avere una qualsiasi preferenza - dirò di più: una qualsiasi attenzione- per "il senso della storia", se ce n'è uno (come torno a leggere qua e là), né per le propensioni o le volontà, di riforma o di conservazione che siano, della maggioranza, forte o debole, vera o supposta, delle forze politiche, anche istituzionali.

Il compito che eserciterò sarà quello del massimo servizio per il massimo funzionamento e per la massima efficacia delle attuali prescrizioni costituzionali. Ma lo eserciterò vietandomi (come la Costituzione impone) di sostituirmi ai poteri di indirizzo che sono propri del Parlamento, e, per la loro attuazione, del Governo, com'è troppo spesso accaduto. Ubbidirò, insomma, ai dettami della legge fondamentale che è compito esclusivamente, liberamente, sovranamente di altri modificare, e modificare nella direzione in cui vorranno e potranno modificarla. Come Presidente della Repubblica, avrò tutt'al più il compito di vigilare affinché non avvengano o non si confermino surrettizie modifiche da legittimare successivamente come "costituzione materiale", o, piuttosto, come costituzione e legge "di fatto".

In un certo senso, potrei quindi dire che il mio compito dovrà essere quello di garantire al massimo la possibilità della conservazione dell'attuale Costituzione. Non di indebolirla, disapplicarla, bombardarla o sabotarla, di disperare in essa, di fare "sintesi" fra passato e avvenire, di pasticciare, di esercitare "supplenze", nel nome di non meglio precisate (e che comunque non spetta al Presidente né precisare, né immaginare, né tantomeno prospettare) evoluzioni, involuzioni o riforme.

Dai partiti, da tutti i partiti maggiori, da tutti gli ambienti, mi pare invece che siano giunti obiettivi, criteri, auspici e argomenti per eleggere un Presidente della Repubblica che abbia come compito, come impegno, come ragione della propria elezione, il suo essere politicamente di parte - riformista o restauratrice, maggioritaria o proporzionale che sia -, il suo essere "politico" in proprio o per conto d'altri. Un Presidente così già l'abbiamo: tanto varrebbe -allora- il confermarlo, piuttosto che trasferire al Quirinale una sua qualche pallida fotocopia.

Per cultura, o piuttosto per ideologia, chiunque eserciti in Italia un potere, piccolo o troppo spesso grande, è tentato di farlo come se il passaggio dalle concezioni proprie delle monarchie assolute a quelle delle monarchie costituzionali e degli Stati di diritto, non fosse mai avvenuto.

Per me e con me, Presidente da voi eletta, "tutto", certo, non muterebbe. Ma nei limiti dei miei poteri-doveri, con umiltà ma anche con decisione, una mutazione (e mi sembra di poter dire: una mutazione non del tutto irrilevante) avverrebbe di certo.

Per le attività e le presenze internazionali e comunitarie, e le funzioni rappresentative dell'Italia che possono essere confidate anche al/alla Presidente della Repubblica, agirò in assoluto rispetto di quanto la Costituzione chiaramente indica (anche se troppi occhi sono stati accecati da questa evidenza): la responsabilità della politica essendo tolta al Capo dello Stato, solo d'intesa con il Governo ne potrò individuare occasioni, forme e contenuti.

La Costituzione affida al Presidente anche l'incarico e il compito di presiedere il Consiglio Superiore della Magistratura e il Consiglio Supremo di Difesa. Non li eluderò, ma ne assumerò l'onore e l'onere, con piena consapevolezza di quanto questi cinquant'anni abbiano in proposito determinato situazioni di grande delicatezza e fragilità, grandi distanze insorte dal primitivo disegno, distanze che occorrerà superare e governare con il massimo di prudenza, certo, ma anche con il massimo di rigore e di chiarezza.

In particolare, il Consiglio Supremo di Difesa sarà (ri)animato e adeguato al suo funzionamento e alle sue responsabilità. In entrambi i casi, la Presidente della Repubblica opererà quale Presidente dei suddetti organismi non in base a pregiudizi o dogmi ideologici o anche di "scuole" o di schieramenti attivi nel paese, ma in modo da conformare la propria azione ai principi generali del nostro diritto scritto e alle esigenze di una gestione che i giuristi definirebbero da "buon padre di famiglia".

Se qualcuno dovesse temere che il mio rispetto assoluto della regola del silenzio, della riserva di meditazione e di saggezza, della estraneità ai momenti ed alle forme della politica, possa relegare la Presidenza della Repubblica lontano dalla vita e dalla coscienza dei suoi cittadini, si sbaglia. La maestà della legge, l'evidenza del suo rispetto, l'umiltà di fronte ad essa, che è anima necessaria dei doveri civili, trarranno forza anche dal ritrovato consenso dei cittadini, e dalla verifica che faremo della efficacia del disegno costituzionale quale fu concepito e troppo parzialmente, troppo brevemente, troppo raramente, compreso, condiviso, rispettato. Il senso dello Stato può vivere più forte che la ragion di Stato. Sono certa che ne faremo la prova.

Queste sono, Colleghi, le mie intenzioni, le linee programmatiche che seguirei, se mi eleggerete come tanta parte degli italiani auspica e vi chiede.

Sono perfettamente consapevole di dire in tal modo un fermo "no" a quasi tutte le richieste e le attese che sono autorevolmente avanzate da ogni parte. Si dà, infatti, come per scontato che il Presidente della Repubblica debba essere al servizio di questo o di quello, di questa o di quella politica, di questo o di quel calcolo, di questo o di quel compromesso. Il/la Presidente della Repubblica italiana, se fosse libero e capace di rispettare la Costituzione, di servirla, di essere tale quale la Legge esige e gli detta, se desse tale esempio, con ciò stesso potrebbe fare molto per l'Italia e gli italiani, ma anche per l'Europa e per affrontare i drammi del presente, in collaborazione e dialettica istituzionale con i poteri dello Stato, in primo luogo il Parlamento ed il Governo. Ne sono convinta, e me ne ritengo capace.

E' per queste ragioni che nei giorni scorsi ho manifestato la mia disponibilità ad incontrare i gruppi parlamentari, disponibilità che oggi rinnovo.

Emma Bonino

 
Argomenti correlati:
stampa questo documento invia questa pagina per mail