"NESSUNO POTRA PIU NEGARLO QUELL'UOMO E' UN CRIMINALE"
Bonino soddisfatta: "Un segnale per i dittatori nel mondo"
di RAFFAELLA MENICHINI
La Repubblica, 28 maggio 1999
ROMA - Quando si dice: un giorno atteso da anni. Otto, per la precisione. Nel 1991 i radicali chiesero per la prima volta l'incriminazione di Slobodan Milosevic. Nel mezzo c'è stata la guerra di Bosnia, la nascita del Tribunale ad hoc per la ex Jugoslavia, quella del Tribunale penale internazionale, e ora il Kosovo. Oggi Emma Bonino, commissario europeo per gli aiuti umanitari, è raggiante. "Era ora, aspettavamo da tempo questa decisione: è un passo verso la pace. Potremo anche negoziare con Milosevic, ma adesso sappiamo chi abbiamo davanti".
Un caso senza precedenti, quello di Milosevic.
"Per la prima volta un capo di Stato colpevole di crimini contro l'umanità viene incriminato mentre è in carica per reati compiuti sul suo territorio. Si supera la concezione della sovranità come proprietà privata. Il messaggio è chiaro: qualunque dittatore intenda ricorrere al crimine per raggiungere i suoi scopi e all'impunità per mantenersi al potere non è più al sicuro".
Dunque un segnale più politico che giudiziario?
"No, un segnale anche politico. Ha ragione Louise Arbour: è un contributo alla pace perché nessuna pace sarebbe possibile finché regna l'impunità. Certo nell'immediato complica un po' le cose...".
In molti - in Europa e in Serbia - dicono che questo è il colpo di grazia al negoziato... "Può darsi che complichi il negoziato e potrebbe inceppare di nuovo la risoluzione dell'Onu, ma non mi sembra che le cose stessero andando tanto bene. E poi è una decisione di un organismo dell'Onu, e abbiamo tanto invocato l'Onu che ora non dovremmo lamentarci se fa il suo lavoro. Quanto all'opposizione, sono i primi a temere che si faccia un accordo con Milosevic per poi lasciarlo in sella".
Si è chiesta perché questo passo è arrivato proprio adesso, con un negoziato che zoppica e alcuni paesi che spingono per l'intervento di terra?
"La missione delle Nazioni Unite è appena rientrata dal Kosovo, e la Arbour deve avere avuto una mole tale di prove che l'incriminazione era inevitabile. No, conosco a sufficienza Louise Arbour per poter dire che non si sarebbe prestata a un utilizzo politico della sua decisione. Ha un approccio molto giudiziario. Spero solo che adesso non la prendano troppo di mira per quel che ha fatto, è importante che non venga lasciata sola".
Cosa succederà adesso? Si negozierà con un ricercato?
"Non sarebbe una novità. Holbrooke incontrò Karadzic persino a Dayton. L'importante è che si sia fatta chiarezza: si tratta con un signore che è incriminato. Prima si pensava che Milosevic dovesse essere parte della soluzione, ora si rovesciano i termini: lui è "il" problema".
Non c'è il rischio di una stretta repressiva di Milosevic?
"Peggio di quel che è già stato fatto ai civili in Kosovo, è difficile immaginare. Invece penso che Milosevic sarà spinto all'accordo".Gli si offriranno garanzie sull'immunità?
"Nessuno può andarlo ad arrestare a casa sua. Il problema si porrà se si dovesse negoziare, che so, a Ginevra. Ma si può trovare una formula... Certo, è improbabile che vada all'Aia a farsi processare, e il Tribunale non prevede processi in contumacia. Forse si apriranno nuove contraddizioni. Ma, come tutti i chiarimenti, avvicinerà la soluzione. In fondo è il primo caso di scontro tra realpolitik e diplomazia etica. Si fanno gli accordi anche con il diavolo, purché sia chiaro che è il diavolo".