Per quanto la volontà di aiutare il Kosovo e gli altri paesi dell'area sia comprensibile, l'ipotesi delle "adesioni scontate" va respinta con fermezza in quanto dannosa per i paesi interessati e pericolosa per l'esistenza stessa dell'Unione europea
di Ferdinando Riccardi
Agence Europe, 23 giugno 1999
Adesioni scontate? "Corsie preferenziali" per alcuni paesi perché possano diventare rapidamente membri a tutti gli effetti dell'Unione europea? una idea aberrante di cui non bisognerebbe neanche parlare. Eppure per una specie di demagogia galoppante, numerose buone anime militano in questa direzione. Sono sicuramente animati da nobili motivazioni e da generose intenzioni ma la superficialità delle loro dichiarazioni è estremamente pericolosa.
Non ci riferiamo tanto alle condizioni economiche e amministrative, per quanto anch'esse siano fondamentali, quanto alle condizioni politiche. Alcune anime pie, apparentemente, trascurano che il fattore cruciale che ha reso possibile la nascita della prima Comunità europea, oltre a qualsiasi progetto di ricostruzione e di sviluppo economico, è stata la volontà precisa e definitiva di Francia, Germania, Benelux e Italia di porre fine per sempre agli orrendi conflitti che li travagliavano da sempre e che due volte in questo secolo hanno incendiato il mondo. Il punto di partenza è stato la rinuncia alla proprietà nazionale del carbone e dell'acciaio (il "nerbo della guerra" all'epoca) e di porla sotto un'Alta Autorità sovranazionale a cui i governi dovevano piegarsi. Nate quando la pace permanente tra i paesi dell'Unione era stata già conquistata, le nuove generazioni ignorano o dimenticano questi elementi essenziali dell'integrazione europea e non sembra che capiscano che senza la volontà ferrea e definitiva d
i porre fine ai conflitti e ai dissidi, senza il superamento dei contrasti storici qualsiasi essi siano, senza la determinazione di vivere insieme armoniosamente, non ci può essere una Comunità. Per coloro che l'avessero dimenticato, le piaghe, i rancori, i risentimenti tra i "Sei", quando hanno deciso di operare insieme non erano meno accesi, radicati e tenaci di quelli che esistono oggigiorno tra serbi e kosovari, tra croati e bosniaci. Bisogna dire a questi popoli che non hanno nessuna prospettiva di entrare nell'UE finché non avranno risolto le loro divergenze e rinunciato alle rispettive rivendicazioni. molto difficile, in quanto le piaghe sono ancora aperte e le etnie intimamente interconnesse sugli stessi territori, ma è indispensabile.
Per il momento alcuni popoli sembrano lontani da questa ipotesi. I serbi hanno rinunciato alle azioni avviate perché costretti dalla forza. I kosovari non nascondono la loro volontà di continuare a combattere e a non deporre le armi. E chiunque non sia ingenuo o sognatore sa benissimo che lasituazione in Bosnia non sta evolvendo verso la pacificazione e la cooperazione sincera tra le etnie. Ma niente è possibile senza l'adesione dei popoli interessati. L'UE ha il dovere, e del resto anche la ferma intenzione, di intervenire, di controllare in loco la situazione nel Kosovo, di fare in modo che le armi tacciano effettivamente, di contribuire generosamente alla ricostruzione di tutta la zona, di riannodare i legami con tutti i paesi senza distinzione finché tutte le condizioni previste non saranno state completamente soddisfatte.
I nostri paesi non hanno lezioni da dare, ma... I nostri paesi occidentali non hanno nessuna lezione da dare perché per secoli e secoli non si sono comportati diversamente dai paesi dei Balcani e sono stati l'origine dei peggiori conflitti, delle peggiori ideologie e delle peggiori atrocità della storia moderna. Ma a un momento determinato, alcune menti nobili e profetiche hanno indicato la strada e i mezzi della riconciliazione e hanno incontrato presso le opinioni pubbliche (soprattutto i giovani) e la classe politica sufficienti appoggi per riuscire nella grande impresa. Nessuna lezione, bensì un esempio e una volontà che deve venire dall'interno e che niente può sostituire. Come diceva l'altro giorno un'alta personalità della presidenza del Consiglio su un altro dossier all'ordine del giorno, martedì, a Lussemburgo (quello dei tre paesi del Caucaso del Sud), l'UE può offrire una base e promettere il suo appoggio ma né l'uno né l'altro saranno veramente efficaci finché i popoli interessati continueranno a
massacrarsi tra di loro.
Anche Emma Bonino, accanto a Olivier Dupuis e Daniel Gros? Rimaniamo sconcertati nell'osservare che tra coloro che cedono alla demagogia figurano deputati europei come Olivier Dupuis (che chiede che tutte le Repubbliche dell'ex Jugoslavia aderiscano all'UE "subito") o il vice direttore del CEPS, Daniel Gros (che propone "zone di libero scambio senza fase transitoria" per tutti questi paesi come se fossero in grado di affrontare detto impegno) e persino Emma Bonino, secondo cui, "per questi paesi ci vuole l'integrazione subito e non le mezze misure dei Patti di stabilità".
La demagogia in questo settore non costa niente, è gratificante per coloro che la impiegano, permette di raccogliere i plausi delle persone superficiali e di costruirsi una nomea di generosità e di ampiezza di vedute. Ma ai danni di che cosa? Ai danni dell'esistenza stessa dell'integrazione europea. Per fare parte dell'UE non basta esprimere buone intenzioni e dipingere la facciata della democrazia, del rispetto di diritti dell'uomo e delle garanzie per tutte le minoranze: bisogna anche avere completamente e definitivamente concretizzato questi principi. La Grecia ha dovuto aspettare che il regime dei colonnelli se ne andasse per potere aderire, la Spagna e il Portogallo la fine delle loro dittature, niente di più normale. I paesi che stanno già negoziando la loro adesione conoscono le condizioni, la maggior parte le rispetta già, alcuni paesi che stanno aspettando sanno che il ritardo è dovuto a qualche lacuna nei loro regimi. Non è azzardato affermare che per molti di lorola prospettiva dell'adesione è sta
ta ed è tuttora un incoraggiamento potente a risolvere i problemi delle minoranze etniche e linguistiche. La stessa cosa deve valere per i paesi dei Balcani del Sud. L'assenza di rigore in questi settori sarebbe disastrosa per i paesi stessi, che sognano di aderire, e a maggior ragione per l'UE che potrebbe ritrovarsi, all'interno delle frontiere colonnelli, dei Franco e un giorno, chissà, anche degli Hitler. La fermezza senza indulgenza aiuterà questi popoli e i paesi interessati a compiere gli sforzi necessari per risolvere i loro problemi, mentre la falsa generosità potrebbe introdurre nella nostra Unione conflitti irrisolti e uno spirito revanscista (per non dire di vendetta) inammissibile nell'Europa unita.
Impedire che l'UE si trasformi in una semplice zona di libero scambio. Le condizioni economiche collegate all'accettazione integrale dell'acquis comunitario da parte dei paesi candidati devono essere mantenute con la stessa fermezza con cui si vuole che l'UE sfugga all'evoluzione distruttrice che la trasformerebbe in una semplice zona di libero scambio. E l'espressione "accettare l'acquis" non è corretta. Bisogna parlare addirittura di applicare: il problema non è accettare l'acquis comunitario bensì di essere in grado di applicarlo effettivamente. Qualsiasi nuovo Stato membro deve essere in grado di controllare le sue frontiere esterne, di partecipare alle azioni e alle iniziative nel settore Giustizia/Interni (compresa la lotta contro la criminalità organizzata e la droga), rispettare le norme comunitarie relative all'ambiente. Certo si possono giustificare le deroghe temporanee in materia di prestazioni economiche e in altri settori che non compromettono la coesione dello spazio comunitario. Ma un ampliam
ento del mercato senza frontiere, realizzato senza applicare parallelamente e rigorosamente le norme che lo rendono possibile, ne provocherebbe semplicemente lo sgretolamento. La generosità dell'Europa deve esprimersi nel sostegno concreto e tangibile alla ricostruzione, nell'appoggio alle riforme e nell'aiuto a superare le rivendicazioni e le vendette (secondo noi si dovrebbero accettare modifiche delle frontiere se i popoli interessati lo vogliono, piuttosto che false pacificazioni): è un'opinione del tutto personale, che quasi nessuno condivide per il momento o per lo meno che nessuno osa esprimere.
Ma le adesioni scontate vorrebbero dire la fine dell'Unione europea così come è stata concepita e deve continuare a svilupparsi.