("Il Foglio" del 2/7/99)"Le dichiarazioni del ministro degli Esteri Lamberto Dini sulla ricostruzione dell'ex Jugoslavia sono stupefacenti. Nella conferenza del G8 all'Onu ha detto: "La ricostruzione del Kosovo potrebbe essere meno costosa del previsto. Sorvolandolo in elicottero la settimana scorsa mi sono reso conto che è meno disastrato del temuto. A tratti mi è sembrata la pianura padana, tanto i campi erano rigogliosi. Poche le case rase al suolo. Il vero problema per la ricostruzione è la Serbia". Dopo questo giudizio pronunciato sulla base della vista dall'elicottero (come se in tale sommario panorama dall'alto si potessero calcolare distruzioni e rapine dei miliziani di Slobodan Milosevic e come se i kosovari potessero vivere di erba rigogliosa), Dini ha insistito sulla necessità di aiutare la popolazione serba, anche se il presidente Milosevic rimarrà al governo.
Forse si va oltre il suo pensiero, supponendo che volesse affermare che gli aiuti vanno destinati prioritariamente alla Serbia. Ma la tesi dell'aiuto economico ai serbi pur con Milosevic al potere contrasta con le posizioni prevalenti dei paesi che finanzierannoil "Patto di stabilità dei Balcani" posto sotto la direzione di Bobo Hombach, ex braccio destro del cancelliere Gerhard Schroeder. La strategia che si sta delineando è quella di concentrare gli sforzi prioritariamente sul Kosovo, sull'Albania, sul Montenegro, sulla Macedonia e sulle altre aree balcaniche confinanti che hanno sofferto a causa della guerra. L'aiuto alla Serbia è condizionato alla caduta di Milosevic. Vi è un semplice modo per risolvere il problema che Dini pone con il suo "distinguo" fra serbi (innocenti come nazione) e Milosevic. Se si vuole che a Belgrado e dintorni quest'inverno non si geli, è necessario ridare l'energia elettrica. Lo si può fare con investimenti di imprese europee che poi li faranno pagare con le bollette. Analogame
nrte per le raffinerie eil gasolio per il riscaldamento. L'argomentazione "dobbiamo aiutare i serbi nonostante Milosevic" deve valere solo per gli aiuti realmente umanitari: vettovalgiue e medicinali, per le comunità e gli ospedali in particolare. Non si capisce, invece, perchè il nostro contribuente, oltre le spese delle truppe prima in Bosnia e ora anche in Serbia, debba accollarsi anche il costo dell'eletricità o del petrolio per uno Stato il cui governo è responsabile delle atrocità (e dell'instabilità) che hanno provocato l'oneroso intervento della Nato.".