(Antoine Garapon, Ismail Kadaré e Olivier Mongin su "La Stampa" di oggi)"Prima e durante le azioni della Nato, e soprattutto dopo il ritiro delle forze armate serbe dal Kosovo nel giugno scorso, molte migliaia di prigionieri albanesi sono stati condotti nelle prigioni serbe. Dopo la pubblicazione nel quotidiano "Koha Ditore" dei nomi di 1.995 prigionieri registrati dal Consiglio per la difesa dei diritti dell'uomo e della libertà di Pristina, il ministero della giustizia serbo ha riconosciuto ufficialmente la detenzione di 2.050 prigionieri trasferiti dalle prigioni del Kosovo verso quelle serbe. Ma, contrariamente a quanto si crede, a fianco di qualche detenuto comune, la maggioranza è trattenuta con motivi completamente inventati. Il numero esatto delle detenzioni abusive non è noto, ma si sa che è molto più elevato di quello ufficiale.
Il comitato internazionale della Croce Rossa ha potuto far visita a qualche prigioniero. Ma la maggior parte non hanno la possibilità di essere assistiti da avvocati e le famiglie non sono autorizzate a visitarli. Sembra inoltre che siano sottoposti a trattamenti crudeli: la dottoressa Flora Brovina è stata torturata, e siamo senza notizie del professore della facoltà di filosofia Ukshin Hoti, vecchio ministro degli affari esteri del Kosovo, che simbolizzava l'apertura all'Occidente. Condannato a cinque anni di prigione per la pubblicazione delle sue analisi politiche, non è stato liberato allo scadere della pena nel maggio scorso e il suo nome non appare nella lista del ministero di giustizia serbo. Che cosa ne è stato?
Il perpetuarsi dell'orrore in Serbia non riguarda soltanto le migliaia di prigionieri kosovari, ma anche la popolazione albanofona del sud della Serbia. Dei 100 mila abitanti della regione, 20 mila sono stati scacciati dal terrore poliziesco dilagato dalla fine del mese di giugno. Le espulsioni non si sono arrestate con la capitolazione di Belgrado e un gran numero di rifugiati si trova attualmente nella regione di Gjilan.
Il Consiglio di sicurezza dell'Onu saprà superare le difficoltà interne e prendere le misure necessarie, o sarà ancora una volta impotente? Dopo aver piegato il Kosovo, la politica di purificazione etnica continua, sebbene in forme più discrete. E tutto ciò non solo indigna, ma ostacola gravemente il ritorno della pace nella regione.".
(Garapon, magistrato e presidente del comitato Kosovo
Kadaré, scrittore
Mongin, direttore della rivista <>Copyright << Le Monde>>)