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Party Radical - 28 ottobre 1999
TIBET/IL TEMPO/ Articolo di Giovanni Negri / 20 ottobre 1999

LA VERA STORIA DEL MONACO E DEL PENTITO VELTRONI

Di Giovanni Negri

Il Tempo, 28 ottobre 1999

CONOBBI dodici anni fa l'uomo che oggi intervisto per Il Tempo.Credo sia giusto, accesso, raccontare come egli entrò in contatto con la politica italiana. Un pomeriggio piovoso, al Parlamento Europeo di Strasburgo, trovai davanti alla porta dell' ufficio un monaco buddista. Detesto quasi tutto ciò che orientale, mi piace quasi tutto ciò che è occidentale. E' un limite: all'incenso, ai tantra e al paradisi meditativi preferisco la Coca Cola, i neon dei negozi, gli spot. Chiesi al tizio, sdrucito e sorridente, cosa stesse facendo. Balbettò che accompagnava il Dalai Lama del Tibet, che nessuno voleva accoglierlo degnamente. Aggiunse che i cinesi avevano distrutto il suo popolo. Un milione di morti, stupri etnici e fisici, un rogo di uomini e libri, bambini e templi, donne e reliquie.

Non gli credetti, ma la faccia non una sala per i monaci, tra gli eurodeputati italiani, Pci in testa, nessuno volle. Si attivò solo Pannella insieme a Lady Elles, una conservatrice inglese più tosta della Thatcher, e la verde tedesca Petra Kelly. Quel pomeriggio mi

incuriosii. Invitai i monaci a un convegno. Arrivarono dei funzionari dell'ambasciata cinese e mi sembrò di entrare in un film. Pretesero di interrogarmi, e indottrinarimi sul nemico del popolo. Capii che quella lotta era difficile. Il governo italiano non aveva nessuna intenzione di incontrare il Dalai Lania. I gruppi parlamentari neppure. I soli a mobilitarsi furono Piero Verni di ItaliaTibet e Bruno Zoratto, un italiano residente in Germania, giornalista schiettamente di destra e autore del volume "Tibet in fiamme". Giocai due carte: telefonare ai giornali e creare un gruppo trasversale di deputati di tutti i partiti, per fare lobby. Mi diedero un po' di ascolto Epoca, Il Tempo e Il Giornale. Con l'Unità di Veltroni la scena fu insieme patetica e imbarazzante. Mi guardavano come un demente, uno di quegli esseri insulsi che per dare un senso al proprio esistere si occupano della vita altrui.

Al gruppo Pci di Montecitorio un amico mi spiegò che il partito in quanto tale non

poteva. Varai l'integruppo proTibet insieme a Mirko Tremaglia, a Margherita Bonivere a qualche verde, in assenza del Pci supplicammo di avere almeno un indipendente di sinistra, ma fu vano. Invitammo il Dalai Lama in Parlamento, in forma privata perché di più non si poteva. Ad accoglierlo decidemmo di mandare il più autorevole fra noi, e a onor del vero il deputato Oscar Luigi Scalfaro quella battaglia la condusse, e si commosse quando il Dalai Lama lo omaggiò della sciarpa bianca tibetana.

All'incontro non presenziò l'Unità. Il direttore in quei giorni scoprivà l'America e rivisitava John Kennedy, Papa Giovanni e le figurine Panini. Nè presenziò alcun parlamentare del Pci. Poco dopo partimmo alla volta di Pechino. L'Italia voleva riallacciare le relazioni dopo Tien An Men e la commissione esteri fu inviata in avanscoperta. Nel lungo volo l'onorevole Rubbi, con alle spalle diciotto giri del mondo per conto di Botteghe Oscure, allietava noi tutti raccontando come all'Avana Fidei mettesse alla prova l'incorruttibilità dei compagni stranieri spedendo loro in albergo robuste dosi di rum e stuoli di morbide fanciulle A

dissuadermi dal manifestare a Tien An Men, oltre al simpatico Rubbi si mise una deliziosa nonna, moglie di Flaminio Piccoli: "Mio marito è anziano, rischi di dargli un dolore. Ascoltami Giovannino, in Italia sì ma qui no, lascialo dormire tranquillo". Ormai era una questione di principio, giurai che un giorno il Dalai Lama sarebbe entrato con tutti gli onori a Palazzo Chigi. E per merito non certo mio ma dei radicali e dell'allora presidente del consiglio Berlusconi, ciò effettivamente accadde. Qualche settimana or sono, tuttavia, ho appreso da l'Unità che D'Alema è il primo capo di governo italiano a ricevere il Dalai Lama e che Veltroni non è mai stato comunista. Dagli altri giornali ho invece appreso che l'onorevole Veltroni oltre a Kennedy, Sergio Leone, Berlinguer, le figurine Panini, Francis Ford Coppola e Serena Dandini ha un nuovo mito, il Dalai Lama. Come si dice in questi casi, chapeau. La classe non è acqua. Veltroni non si diventa, Veltroni si nasce.

 
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