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Partito Radicale Paolo - 26 novembre 1999
KOSOVO-INFORMAZIONE
inserisco qui un testo, che e' l'ultimo numero distribuito di Notizie Est, una pubblicazione che gira in mailing list.

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NOTIZIE EST #282 - KOSOVO

25 novembre 1999

=============================

DOSSIER: LE SPECULAZIONI SULLE VITTIME IN KOSOVO

/ 1

[In questa prima parte riportiamo i fatti

essenziali, mentre nella seconda parte

compariranno i relativi approfondimenti. In

calce al messaggio potete trovare i link alla

documentazione di riferimento]

Il 23 settembre scorso, uno dei maggiori

quotidiani spagnoli, "El Pais", ha pubblicato un

articolo che, come pochi altri relativi al

Kosovo, ha avuto un'enorme fortuna editoriale in

tutto il mondo. Il pezzo riporta alcune

dichiarazioni di un perito e di un ufficiale

della polizia spagnoli (rispettivamente Emilio

Perez Pujol e Juan Lopez Palafox) che hanno

lavorato in una zona limitata del Kosovo alla

ricerca di resti di kosovari massacrati durante

le operazioni compiute dalle forze serbe tra

fine marzo e i primi di giugno. Pujol e Palafox

facevano parte di un team appositamente nominato

dal governo spagnolo. I governi di vari paesi

della NATO presenti in Kosovo (piu' Svizzera e

Finlandia), hanno infatti ricevuto dal Tribunale

Internazionale per la Ex Jugoslavia il mandato

di formare loro gruppi di esperti, incaricati di

cercare fosse comuni nelle rispettive zone del

Kosovo. I dati effettivi che il pezzo fornisce

sono pochissimi: il team spagnolo ha esaminato

la limitata area di Istok (6% circa della

superficie del Kosovo), controllata dal

contingente di Madrid, e hanno "trovato e

analizzato 187 cadaveri in 9 villaggi, sepolti

in tombe singole". Stando alle parole di Pujol,

essi erano orientati "per la maggior parte verso

la Mecca". Questi sono gli unici fatti che

riferisce l'articolo, se si eccettua l'ultimo

breve paragrafo, che riguarda non la ricerca di

fosse comuni, ma gli albanesi uccisi da bombe

NATO e polizia serba presso la prigione di

Istok. I due spagnoli non forniscono nessun

altro particolare: chi erano le vittime (uomini,

donne, bambini o anziani), come sono state

uccise e dove esattamente sono state ritrovate.

Si tratta di una lacuna subito evidente, se si

confronta la testimonianza personale di Pujol e

Palafox (i due infatti non parlano ufficialmente

a nome del team spagnolo), raccolta da "El

Pais", con le decine di altri articoli,

dichiarazioni e rapporti ufficiali pubblicati da

luglio fino all'articolo del quotidiano

spagnolo, che descrivono nei dettagli i

particolari relativi ai cadaveri ritrovati fino

ad allora in altre fosse comuni (si vedano i

link piu' sotto che rimandano alla

documentazione relativa al presente dossier). Il

resto dello scarno articolo sono congetture dei

due, accompagnate da due dati privi di ogni

riscontro. Pujol afferma, sempre a titolo

personale e non ufficiale: "Ci hanno detto che

stavamo andando nella zona peggiore del Kosovo.

Che ci saremmo dovuti preparare a piu' di 2000

autopsie. Che avremmo dovuto lavorare fino alla

fine di novembre. Il risultato e' molto diverso.

Abbiamo trovato solo 187 cadaveri e ora stiamo

per tornarcene". Pujol si guarda bene dal dire

CHI gli ha detto che si doveva preparare a piu'

di 2000 autopsie, rendendo cosi' impossibile

ogni eventuale smentita o verifica. E' chiaro

che chiunque, soprattutto se, come Pujol, parla

in veste non ufficiale, potrebbe inventarsi di

sana pianta un "mi e' stato detto questo, e

invece ho riscontrato quello", senza citare

fonti e suggerendo cosi' dubbi sulle stime delle

vittime. Questo dato privo di qualsiasi

riscontro e' seguito da alcune dichiarazioni del

perito e del poliziotto il cui obiettivo e'

evidente: "i serbi non sono cosi' cattivi come

sono stati dipinti", "nella ex Jugoslavia sono

stati commessi dei crimini, [...] ma derivavano

dalla guerra", c'e' "l'impressione che i serbi

abbiano dato alle famiglie una possibilita' di

abbandonare le proprie case. Se alcuni membri

del clan, per qualsivoglia motivo, decidevano di

rimanere, al ritorno venivano trovati morti". A

livello fattuale, lo ripetiamo, l'articolo non

contiene altro. Ci troviamo qui di fronte a

meccanismi simili alla campagna di

disinformazione lanciata sul massacro di Racak:

una fonte "mononazionale" di ambito NATO (per

Racak, francese, qui spagnola e in settore KFOR

spagnolo/italiano), fa affermazioni prive di

riscontro e le condisce in tutta una serie di

insinuazioni ben mirate, di distorsioni e di

cose non dette.

L'articolo di "El Pais", come abbiamo detto, ha

avuto grande fortuna e le dichiarazioni di Pujol

e Palafox sono state riprese da numerose fonti

in tutto il mondo, oltre ad avere una

larghissima circolazione in Internet. Una vera e

propria campagna, tuttavia la si e' avuta solo a

partire dalla seconda meta' del mese successivo,

con la pubblicazione il 17 ottobre di un lungo

pezzo dell'agenzia di intelligence "Stratfor",

che ha un'ampia diffusione in Internet.

Dall'articolo di "El Pais" a quello della

"Stratfor" sono passati 24 giorni, senza che

intervenisse alcuna novita' particolare in

merito al conteggio delle vittime. Il pezzo

della Stratfor non dice nulla sui dati

disponibili in quel momento. Riprende pari passo

le dichiarazioni rese da Pujol alla fine di

settembre, aggiungendo solo, a livello di dati,

un elenco di fosse comuni in cui non sono

(ancora) stati trovati corpi: le miniere di

Trepca (700 presunti uccisi), il villaggio di

Pusto Selo (106), il massacro di Izbica (150),

gli scomparsi da Klina (96). Per il resto

aggiunge solo, ancora una volta, congetture,

affermazioni prive di alcun riscontro,

insinuazioni e anche qualche bugia. Per fare

solo alcuni esempi, la "Stratfor" scrive che

"ricerche condotte da noi e indagini di

funzionari indicano che il numero delle vittime

finora e' dell'ordine delle centinaia, non delle

migliaia". Punto e basta. L'agenzia accusa nel

suo pezzo di poca chiarezza gli altri soggetti

che hanno formulato ipotesi sui corpi ritrovati

fino a quel momento, ma poi si rivela essere

quella che piu' di tutti vaga nella nebbia

assoluta: "ricerche condotte da noi", scrive,

senza specificare come, dove e quando; "indagini

di funzionari", senza dire che indagini e quali

funzionari; "indicano che il numero delle

vittime e' nell'ordine delle centinaia, non

delle migliaia", cioe' sulla base di nulla, la

"Stratfor" parla, si badi bene, di VITTIME

nell'ordine delle centinaia e non delle

migliaia. Ma "vittime" e' un'espressione che si

riferisce all'intero complesso degli uccisi

durante due mesi e mezzo di guerra, mentre il 17

ottobre i soli CORPI RITROVATI in fosse comuni

erano gia' sicuramente ben piu' di mille (si

veda la documentazione contenuta nei link piu'

in basso). Nel costruire il proprio castello di

carta, la "Stratfor" ricorre anche alle bugie

vere e proprie, quando scrive che il 2 agosto

"Bernard Kouchner aveva detto che circa 11.000

CORPI ERANO STATI TROVATI in fosse comuni in

tutto il Kosovo". In realta', se si verificano

le dichiarazioni rilasciate allora da Kouchner

(Reuters, 2 agosto 1999), si vede che egli ha

detto che "le fosse comuni sparse in tutto il

Kosovo CONTENGONO UN NUMERO STIMATO di 11.000

corpi" e, piu' sotto, si specifica che secondo

"le stime, 11.000 albanesi giaciono nelle fosse

comuni che [gli investigatori del Tribunale ONU]

HANNO COMINCIATO a scavare". Nessuno, cioe', ha

mai detto che "11.000 corpi ERANO STATI TROVATI

in fosse comuni", come invece, mentendo, fa la

"Stratfor" - si trattava invece solo di una

stima, una cosa ben diversa. Il pezzo

dell'agenzia statunitense (che fornisce servizi

informativi ad aziende del settore difesa e ad

altre multinazionali americane) sembra una vera

e propria mini-antologia destinata a fornire

frasi preconfezionate da ripetere a giornalisti

disposti a raccogliere l'invito. L'obiettivo

avra' pieno successo: di li' a poco comparira'

una marea di articoli sulla stampa di tutto il

mondo, dalle grandi testate, alle testate di

provincia, a quelle "militanti", che

costruiranno articoli, a volte lunghi,

utilizzando pari passo quanto scritto dalla

"Stratfor" (spesso senza citarne nemmeno la

fonte) o quanto dichiarato da Pujol, senza

confrontarlo con altre fonti. Tutti i pezzi

comparsi riprendono unicamente questi due testi,

senza aggiungere nulla di nuovo. Per citare solo

alcuni di quelli che siamo riusciti a

ricuperare: a livello internazionale "Los

Angeles Times", "The Times", Reuters, "Toronto

Star", "The Spectator" e, in Italia, "L'Unita'",

"Avvenimenti" e perfino giornali di provincia

come la "Nuova Venezia". Successivamente, anche

dopo la pubblicazione dei dati da parte del

Tribunale Internazionale, molte altre grandi

testate continueranno nella sostanza ad aderire

ai "dubbi" di "Stratfor" e Pujol (per es. il

"New York Times" e "Newsweek"), senza aggiungere

nulla di nuovo. Il perito spagnolo, in alcune

altre dichiarazioni citate dal "Times" di Londra

il 31 ottobre, aggiungera' la sua valutazione

secondo cui il numero finale delle vittime "non

sara' superiore a 2.500", un'affermazione che

non si capisce su cosa si basi, visto che egli

ha lavorato solo per due mesi in una zona

limitatissima del Kosovo, a differenza dei molti

altri che hanno operato in altre, e piu' vaste,

zone, proseguendo il loro lavoro da fine giugno

a fine ottobre e interrompendolo solo per motivi

climatici.

Il 10 novembre, Carla Del Ponte, procuratore

capo dell'ONU, ha comunicato che nei poco piu'

di quattro mesi di ricerche effettuate su fosse

comuni (e interrotte, come era stato anticipato

da lungo tempo, per il congelamento del terreno

ai primi di novembre), erano stati riesumati in

Kosovo 2.108 cadaveri. I corpi sono stati

ricuperati da 195 fosse comuni su 529 segnalate

fino a quel momento. Le denunce relative a tali

529 fosse riguardano complessivamente un numero

di 11.334 persone. Le 195 fosse oggetto di

indagini fino a quel momento dovrebbero

contenere complessivamente, secondo le denunce,

4.266 cadaveri. Questo non vuol dire

assolutamente che le vittime effettive siano in

realta' la meta', perche' il lavoro riguardo a

tali fosse non e' finito, ve ne sono alcune (le

piu' grosse) con chiari segni di asportazione o

di alterazione, come ha dichiarato la Del Ponte:

"il numero dei corpi ricuperati non riflette

necessariamente il numero delle vittime

effettive, perche' c'e' un numero significativo

di siti dove il numero dei cadaveri non puo'

essere contato. In questi siti sono stati

effettuati passi per nascondere le prove. Molti

corpi sono stati bruciati" (Reuters e Associated

Press, 11 novembre 1999). I siti piu' grossi di

cui riferisce la "Stratfor" rientrano in questa

categoria, ed e' una cosa scontata: sono quelli

ampiamente denunciati dalla stampa tra aprile e

maggio scorso ed e' perfettamente logico che le

forze regolari e i paramilitari serbi si siano

premurati di cancellarne le tracce (e infatti in

alcuni di essi, come a Izbica e Ljubenic, sono

state rilevate chiare tracce di manomissione -

si veda piu' avanti). Hanno avuto tutto il tempo

e la comodita' per farlo, visto che la maggior

parte delle stragi sono state compiute in

aprile, e all'inizio di maggio le forze serbe

avevano letteralmente svuotato meta' del Kosovo

dalla sua popolazione albanese. Inoltre, tra la

firma dell'accordo il 3 di giugno (ma un accordo

era nell'aria gia' ai primi di maggio) e il

momento in cui le truppe NATO hanno preso il

controllo della maggior parte del Kosovo sono

passati circa dieci giorni, un altro intervallo

di tempo in cui operare in larghe fasce di

territorio prive di testimoni scomodi. A

differenza del caso bosniaco, il Tribunale

Internazionale per i Crimini di Guerra esisteva

gia' molto prima della guerra e le forze serbe

nella loro azione pianificata hanno senz'altro

tenuto conto di cio'. E' molto facile nascondere

i crimini in una situazione come e' stata quella

del Kosovo di deportazione in massa e

pianificata di centinaia di migliaia di persone:

i famigliari e i conoscenti degli uccisi vedono

il luogo dove le persone vengono uccise, che e'

poi l'unico che possono denunciare, ma se gli

aguzzini, svuotato il villaggio, trasportano

semplicemente le vittime a pochi chilometri di

distanza, magari in diversi punti, il lavoro di

ricerca puo' durare anni. E' stato ampiamente

fatto in Bosnia, dove per esempio solo di

recente, a quattro anni dalla fine dalla guerra,

e' stata "ricostruita" quasi per intero una

fossa comune dalla quale i cadaveri erano stati

asportati e portati in 20 "minifosse" diverse

(si veda nel sito web ufficiale ONU:

http://www.un.org/icty/bulletin21-e/index.html).

Riguardo al conteggio, tuttavia, vi sono altre

cose da tenere presenti. Innanzitutto, il

Tribunale Internazionale, come ha dichiarato la

Del Ponte, ha come proprio "compito primario

quello di raccogliere prove relative alle accuse

penali contro il presidente jugoslavo Milosevic

e altri leader e perpetratori di crimini contro

l'umanita', e non quello di effettuare un

censimento dei morti". Non e' un particolare

secondario, anche perche' vi sono ONG che non

operano per il Tribunale e che svolgono

anch'esse indagini. Il Tribunale, inoltre, non

conduce indagini sui singoli casi di persone

uccise e, soprattutto, sulle persone scomparse:

i numeri raccolti da diverse ONG (Fond za

Humanitarno Pravo di Belgrado, Croce Rossa

Internazionale, Centro per i Diritti Umani di

Prishtina) riguardo ai "desaparecidos"

concordano a tale proposito su una cifra,

provvisoria, compresa tra 2.000 e 4.000 persone.

Inoltre, il lavoro di raccolta e verifica delle

denunce (non basta che uno dica "c'e' una fossa

nel punto x" - si raccolgono testimonianze

dettagliate e si fanno riscontri incrociati, un

lavoro che puo' durare settimane o mesi) non e'

terminato. Lo dice, tra le altre cose, un dato

che si evince da tutte le fonti citate, anche

dalla "Stratfor", la quale pero' si astiene dal

prenderne nota nei suoi altrimenti verbosi

articoli: il 17 ottobre la "Stratfor" parla,

come le altre fonti, di 400 fosse denunciate,

mentre ai primi di novembre esse sono gia' 529

(dato citato anche in un successivo, breve

commento dell'agenzia, 11 novembre 1999). Il

numero delle fosse in merito alle quali le

denunce sono risultate sufficientemente fondate

da dare il via a delle ricerche, e' aumentato di

1/3 in meno di un mese perche' il lavoro di

raccolta delle denunce prosegue. In generale,

sui meccanismi della ricerca dei corpi degli

uccisi nelle repressioni, vale la pena di

riportare per intero le dichiarazioni rilasciate

in merito da Natasa Kandic al settimanale serbo-

bosniaco "Reporter" (10 novembre 1999). Per

completezza, specifichiamo che la Kandic dirige

da anni il "Fond za Humanitarno Pravo" ("Centro

per il Diritto Umanitario) a Belgrado,

un'organizzazione indipendente che, gia'

attivatasi in passato per la Bosnia, quest'anno

e' stata l'unica a cominciare indagini sui

crimini in Kosovo quando ancora i bombardamenti

erano in corso, ma ha anche fatto un lavoro di

capillare

documentazione delle violenze sistematiche contro i rom, cosi' come dei

rapimenti e delle uccisioni di serbi compiuti negli ultimi mesi da albanesi.

Ecco alcuni brani del servizio di "Reporter":

"La Kandic afferma che il legale spagnolo

[Pujol] parlava solo di quello che aveva visto

lui personalmente. 'In questo momento nessuno

dispone di dati precisi riguardo a quanti civili

siano stati uccisi in Kosovo', dice Natasa

Kandic, che, con i suoi collaboratori, durante

tutto il periodo dei bombardamenti NATO e ancora

oggi, si e' recata di frequente in Kosovo per

indagare i crimini compiutivi. Raffrontando i

dati sulle tragedie del Kosovo con gli effetti

delle recenti guerre verificatesi in altre zone

della ex Jugoslavia, gli investigatori del

Centro per il Diritto Umanitario sono giunti

alla conclusione che fino a oggi non vi sono mai

stati tanti casi di occultamento delle prove

relative a uccisioni. Natasa Kandic, pur non

escludendo la possibilita' che alcune prove non

verranno mai nemmeno scoperte, rimane convinta

che 'un giorno qualcuno parlera''. 'E' pieno di

luoghi dove sono evidenti le tracce di cadaveri

bruciati, di dispersione delle ossa, come e' il

caso di Ljubenic, Cusk, Stara Dvoran, Zahac,

Pavljan, Ruhot', dice Natasa Kandic. In due

delle decine di villaggi nei quali sono stati

trovati tali tracce (Ruhot e Ljubenic), gli

attivisti del Centro, secondo le sue parole,

hanno incrociato anche gli esperti del

Tribunale. Secondo i dati del Fondo, le vittime

piu' frequenti degli omicidi sono uomini tra i

13 e i 55 anni, ma vi sono anche fosse comuni in

cui sono stati trovati i corpi di donne e

bambini uccisi (come a Velika Krusa). Un altro

problema nello stabilire il numero delle

uccisioni e' rappresentato dal grande numero di

scomparsi -

secondo le parole di Natasa Kandic vi sono dati relativi alla scomparsa di

alcune migliaia di persone. I testimoni con i quali hanno parlato gli

investigatori affermano che in molti luoghi (Meja kod Djakovice, Korenica,

Rajac) da una colonna di profughi sono stati separati gruppi di uomini del cui

destino non vi sono piu' informazioni. Natasa Kandic ritiene che tra i circa

2.000 prigionieri albanesi portati in Serbia 'si trovano 100 o 200 di coloro

segnalati come scomparsi' e che probabilmente hanno dato dati errati su di se'.

Ma e' una cifra di gran lunga inferiore a quella degli scomparsi. 'Sulla base

delle mie esperienze, ritengo che la maggior parte degli scomparsi non siano

piu' vivi', dice Natasa Kandic. La Kandic respinge anche i sospetti in merito

alla veridicita' dei dati che vengono acquisiti sulla base delle dichiarazioni

dei testimoni: 'Gli interrogatori incrociati

condotti dagli esperti del Tribunale nel corso

di mesi di indagini possono lasciare passare

forse solo un testimone in malafede su mille',

afferma, precisando che esistono delle domande

molto specifiche di fronte alle quali testimoni

potenzialmente in malafede 'crollano' ".

Anche il giornalista Ian Williams,

corrispondente dall'ONU per il settimanale "The

Nation", conferma il fatto che se in alcuni siti

non sono stati ancora trovati corpi, questo non

significa in alcun modo che le denunce siano

false ("IWPR's Balkan Crisis Report", 12

novembre 1999): "[il portavoce del Tribunale]

Risley afferma che gli investigatori hanno

ancora testimonianze oculari credibili secondo

cui 700 corpi sono stati portati [a Trepca] per

essere eliminati. Solo alcuni dei pozzi

dell'esteso complesso minerario sono stati

oggetto di ricerche, afferma, e molti di essi

sono inondati. Se i corpi sono stati bruciati in

una o piu' delle numerose strutture industriali

dell'area e le ceneri eliminate in acque

sotterranee, sarebbe quasi impossibile trovarli

[come conferma anche un articolo del

corrispondente di "Liberation", 25-26 settembre

1999 - a.f.]. A Izbica, per esempio, [...] nel

momento in cui la NATO e' arrivata in estate, le

fosse erano gia' state svuotate e i corpi

asportati. Sul sito vi erano tracce visibili

lasciate da camion pesanti e da altri

macchinari". Riguardo a Izbica, inoltre, quando

la "Stratfor" scriveva il suo pezzo era gia'

disponibile da lungo tempo, fra le altre

numerose testimonianze, il reportage di Paul

Watson, del "Los Angeles Times", che era

arrivato sul posto prima delle truppe NATO e

appena dopo che quelle serbe se ne erano andate

e aveva descritto con dovizia di particolari,

nel suo articolo pubblicato dal giornale il 16

giugno, i segni di manomissione rilevati sul

sito della fossa (l'articolo e' contenuto nei

file di documentazione che accompagnano questo

dossier - si vedano i link piu' sotto).

Non si puo' infine non citare il caso bosniaco,

al quale abbiamo accennato sopra. Ancora in

questi mesi, a quattro anni di distanza dalla

firma della pace di Dayton, vengono scoperte in

Bosnia fosse comuni. Per citare solo alcuni dati

relativi agli ultimi mesi, da meta' settembre

all'8 ottobre nella sola zona di Bosanski Novi

(Reppublica Serba di Bosnia) sono state trovate

tre fosse comuni, l'ultima delle quali conteneva

59 corpi (AFP, 8 ottobre 1999). A Jelec, il 28

ottobre sono stati riesumati 52 corpi da fosse

comuni e singole, mentre si cercano ancora altre

decine di cadaveri (AFP, 28 ottobre 1999). A

Gacko, nei pressi di Mostar, tra settembre e

ottobre sono stati ritrovati in diverse fosse

104 cadaveri (AFP, 30 ottobre 1999). In

quest'ultimo caso, si trattava di persone uccise

nel lontano 1992. Sempre in questi giorni, e'

stato infine pubblicato il rapporto ONU sul

massacro di Srebrenica, a quattro anni di

distanza dal crimine

(http://www.un.org/News/ossg/srebrenica.htm). Il

caso di Srebrenica e' stato anch'esso oggetto

per anni di tesi negazionistiche o

giustificative - ora le dinamiche di quel

crimine premeditato (7.500/8.000 uccisi a sangue

freddo) sono state anch'esse finalmente

documentate, non solo dall'ONU, ma anche dal

lavoro, ancora in corso, di associazioni

indipendenti (come "Physicians for Human

Rights").

**LINK AI FILE DI DOCUMENTAZIONE**

- I principali articoli della campagna di

disinformazione, da "El Pais", "Stratfor",

"L'Unita'" e altre fonti (in italiano e in

inglese):

http://www.ecn.org/est/balcani/kosovo/camfcc.htm

(35 Kb)

- Una selezione di articoli di fonti varie sulle

fosse comuni e sulle vittime in Kosovo (in

inglese):

http://www.ecn.org/est/balcani/kosovo/mssgv.htm

(35 Kb)

- Due lunghi pezzi, rispettivamente del "Los

Angeles Times" e della AIM, sui massacri in

Kosovo e i successivi ritrovamenti (in inglese):

http://www.ecn.org/est/balcani/kosovo/latkandic.h

tm (58 Kb)

- Un dettagliato articolo del "Chicago Tribune"

che espone le modalita' delle indagini del

Tribunale Internazionale, in particolare per

quanto riguarda il Kosovo (in inglese):

http://www.ecn.org/est/balcani/kosovo/chitrib.htm

(25 Kb)

- Una serie di rapporti di "Human Rights Watch"

sui massacri in Kosovo (in inglese):

http://www.ecn.org/est/balcani/kosovo/hrwrep.htm

(142 Kb)

- Dispacci di agenzia su ritrovamenti, a

distanza di anni, di nuove fosse comuni in

Bosnia nel corso degli ultimi due mesi, piu' un

comunicato di "Physicians for Human Rights" (in

inglese):

http://www.ecn.org/est/balcani/kosovo/fssbosnia.h

tm (11 Kb)

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