Meno violenta dell'Algeria, la Tunisia fa però tacere gli intellettuali Il prezzo della libertà di paroladiSeyed Farian Sabahi
Sole 24 ore Domenica 9 Gennaio »Il grande errore del mondo arabo musulmano è la violenza: alcuni hanno creduto di poter fare la democrazia con il terrorismo, ma è assurdo. La democrazia si costruisce a mani nude, senza rispondere alla violenza con la violenza proprio perché così recita il Corano . Con queste parole l'intellettuale tunisino Mohamed Talbi, vincitore nel 1997 del Premio Giovanni Agnelli, ammonisce i terroristi di matrice islamica una settimana dopo l'epilogo della vicenda degli ostaggi in Afghanistan e a pochi giorni dallo scadere dell'amnistia concessa dal presidente algerino Bouteflika agli integralisti. In Algeria fino al 13 gennaio gli estremisti potranno deporre le armi e ottenere un trattamento di favore. Finora non sono stati in molti a consegnarsi e sicuramente le fila sono state ingrossate dagli infiltrati tornati ora nei ranghi della polizia. La guerra civile è costata migliaia di vittime e la gente si domanda persino se valesse la pena ottenere l'indipendenza con la guerra anti-co
loniale degli Anni Cinquanta e Sessanta. »Nemmeno i francesi avevano sgozzato donne e bambini, gli integralisti hanno commesso nefandezze ben peggiori , osserva l'algerino Chauki Senouci, redattore Esteri a Radio Popolare. Ai nostri occhi i paesaggi assolati di Albert Camus sono immagini di un Paese chiuso, dove non c'è libertà di opinione. In Algeria si muore per strada, ma gli intellettuali mandano segnali della loro presenza. La vicina Tunisia è invece considerata il fiore all'occhiello della sponda Sud del Mediterraneo ma dietro agli accordi di libero scambio con l'Unione europea si cela uno Stato di polizia che viola i diritti dell'uomo e gli intellettuali hanno paura. Mentre i turisti affollano le spiagge dell'isola di Gerba e si avventurano nel deserto, ai giornalisti tunisini la polizia spezza le braccia, vieta di scrivere. E successo a Tawfik Ben Brik: in seguito a un'inchiesta sui diritti del_l'uomo pubblicata nel 1992 dal quotidiano francese »Libération i Servizi tunisini gli hanno ordinato di
non occuparsi più di uomini. L'anno dopo ha dato alle stampe un reportage sul massacro di ottarde da parte degli emiri sauditi, e gli è stato vietato di scrivere di animali. Si è allora occupato del mercato al_l'ingrosso di legumi e della collusione tra mafiosi, grandi esportatori e agricoltori. Gli hanno spezzato un braccio e chiesto, invano, di cambiare mestiere. Il giornalista tunisino Tawfik Ben Brik non può più scrivere per le testate del suo Paese e collabora al quotidiano parigino »La Croix , al ginevrino »Le Temps e al_l'agenzia svizzera Infosud. E vero, in Algeria sono morte migliaia di persone, mentre in Tunisia non si verificano da tempo omicidi di questo tipo e il presidente Ben Ali è stato rieletto a ottobre con il 99,4% dei voti. Ma secondo Talbi questa percentuale esagerata offende l'intelligenza dei tunisini ed è un chiaro segno della mancanza di dialogo politico del Paese. »Da noi l'Islam politico non è mai stato come quello algerino , incalza Talbi, »gli integralisti tunisini erano poco
numerosi, non erano organizzati militarmente e non predicavano la violenza sistematica per cambiare la società, volevano diffondere le loro idee ma non presentavano un pericolo così incombente da dover usare dei metodi di polizia per combatterli. Si può lottare contro gli islamici con il dibattito, senza per questo sopprimere tutte le libertà e trasformare il Paese in una prigione. Come si fa a dialogare con la baionetta puntata contro, la lingua tagliata e l'impossibilità di pubblicare? . Alcuni intellettuali tunisini hanno voce all'estero e di Mohamed Talbi la Fondazione Giovanni Agnelli ha recentemente dato alle stampe Le vie del dialogo nell'Islam (Torino 1999, pagg. 156, L. 28.000). Negli otto saggi che compongono il volume l'autore riflette sulle modalità di apertura dell'Islam a un dialogo costruttivo con l'Europa e sulla possibilità di recepire come elementi centrali del proprio patrimonio etico i diritti universali dell'uomo e i valori democratici. Talbi si sofferma - in una prospettiva musulmana r
iformatrice - sulla libertà di religione e di coscienza. Affronta il tema dell'identità culturale di fronte alla crescente globalizzazione e rivendica il diritto al pluralismo. Nonostante la reputazione internazionale e la fama in patria, dove sino a qualche anno fa è stato docente all'Università di Tunisi e attualmente vive, Talbi non ha ricevuto dal ministero degli Interni l'autorizzazione per pubblicare la rivista »Al Makased . Il titolo significa "Le finalità" e il professore avrebbe voluto spiegare agli integralisti che il fine dell'Islam non è la violenza ma la pace e la coesistenza tra popoli e culture. L'evento che ha trasformato questo anziano personaggio dell'establishment in un agguerrito combattente per la libertà di opinione riguarda proprio la stampa. L'ex premier Bourguiba, deposto con un colpo di Stato incruento nel 1987, non aveva mai osato toccare le università. Presidente in una commissione composta anche da altri quattro docenti di alto livello, Talbi aveva concesso la dignità di stampa
a una tesi sull'apostasia nel Medio Evo. Ma un impiegato del ministero degli Interni l'aveva censurata e ne aveva quindi vietata la pubblicazione. Da quel momento Talbi si è ribellato e ha iniziato a predicare agli intellettuali di lottare »contro la violenza dei barbari con la non-violenza , alla maniera di Gandhi e di Mahmud Taha, che nel 1978 fu impiccato in Sudan per avere scritto un libro ma morì col sorriso sulle labbra. »Detesto la violenza, ma non accetto che si uccida il pensiero. Abramo è un personaggio significativo perché non è violento e insegna all'uomo di fede il sacrificio totale. La libertà è sacra, continuerò a scrivere finché potrò, anche a costo della vita. Con la paura non si fa nulla. Se in Europa avete fatto passi avanti è grazie alla moltitudine di pensatori che osarono parlare, senza timore di carcere e repressione: l'intellettuale deve essere pronto a pagare il prezzo dell'intelletto . A sentire gli intellettuali maghrebini, le percezioni europee nei confronti della sponda Sud de
l Mediterraneo non sono quindi sempre corrette, forse anche perché i membri dell'opposizione non frequentano i circoli di tennis della capitale e incontrarli non è facile. Per descrivere il disagio sulla libertà di opinione gli intellettuali magrebini amano spesso usare metafore. L'algerino Omar Belouchet, direttore del quotidiano »El Watan , racconta la storia di un cane algerino, magrissimo e spelacchiato, che al confine incontra un suo compare tunisino grasso e con il pelo lucido. Gli chiede: »Ma cosa pensi di andare a fare in Algeria? Lo sai che morirai di fame e potrebbero anche spararti? . E il cane tunisino risponde »Perbacco, vado in Algeria ad abbaiare! .