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Conferenza Partito radicale
Manfredi Giulio - 18 gennaio 2000
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("La Stampa", 18/01/00)

"Ma è possibile che nel mare di immagini, riferimenti e suggestioni, di parole, diapositive e video intorno alle quali Walter Veltroni ha voluto saldare e mobilitare l'immaginario politico-umanitario-solidarista del suo partito non si sia trovato posto per una situazione scomoda e ambigua, ma così attuale, feroce e simbolica delle nuove tragedie del nuovo mondo come la Cecenia? Va bene la Birmania, bene i desaparecidos cileni, benissimo la fame nel mondo. Ma perché nemmeno una parola su quel che accade a Grozny e dintorni? Eppure è così: la Cecenia con la sua lontana, ignota e sporca guerra non ha meritato una sola parola dal congresso ds.

Eppure - oggi e da almeno due mesi - migliaia di anziani inermi a Grozny vivono nelle cantine di palazzi bombardati, tra rovine inimmaginabili per noi che viviamo nelle nostre comode case. Per bere un po' d'acqua devono sciogliere la neve, per prendere un po' d'aria sono costretti a strisciare lungo le rovine di una città che un tempo fu anche bella. Non ci sono <>, non c'è Croce Rossa, non ci sono giornalisti né testimoni perché i russi hanno chiuso il recinto sul quale il neo-padrone del Cremlino Putin deve legittimare e solidificare la sua leadership, ubriacando i russi di un miraggio nazionalista.

Eppure si sa. A Grozny - oggi - si muore di freddo, di fame, di condizioni igieniche al di là dell'immaginabile. E' una città morta, attraversata da branchi di cani rabbiosi e stormi di corvi che sembrano avvoltoi. Sul mercato di Grozny, a due passi dalla piazza dell'Indipendenza dove sorgeva il palazzo di Dudaev raso al suolo dai russi nella prima guerra - persa - di quattro anni fa, sono piovuti almeno quattro missili un po' speciali. Testimoni hanno raccontato che il cielo s'è colorato di rosso prima di sentire l'esplosione. Che razza di arma era? Nessuno lo sa. Morti a centinaia. Un altro missile ha colpito in pieno il reparto maternità dell'ospedale: morte quindici donne con i loro bambini.

Eppure si vedono le facce dei ceceni ammassati nei campi profughi dell'Inguscezia in qualche fotografia che arriva sui circuiti internazionali. Assomigliano a quelle dei kosovari che scappavano da una guerra nella quale siamo stati umanitariamente impegnati soltanto qualche mese fa.

Certo, è difficile schierarsi sulla Cecenia. Tacciono i ds e tacciono tutti gli altri. Ma proprio in questa difficoltà (chi sono i buoni? Chi sono i cattivi?) sta la novità della sfida e il sigillo di una bandiera davvero nuova da prendere in mano. Dopo aver detto <> di sinistra e <>, Walter Veltroni poteva dire qualcosa anche sulla Cecenia.

(cesare.martinetti@lastampa.it)".

 
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