(La Stampa 27/04/00 - di Giuseppe Zaccaria)ZIKA Petrovic, il direttore della »Jat assassinato a Belgrado l'altra sera, non è; soltanto l'ennesimo amico di Milosevic che se va. E' la prova non più; vivente di quanto nella Serbia degli irriducibili le strategie stiano cambiando. »Atto terroristico , dice la polizia belgradese. »Feroce agguato che punta solo alla destabilizzazione , insiste il ministro serbo della Giustizia. Per una volta la linea ufficiale del regime non sembra molto lontana dalla realtà: l'assassinio di »Zika Petrovic sparge terrore e destabilizza perché dimostra come, sempre più precisamente, si comincino a colpire non i simboli ma gli elementi-chiave di una realtà sotterranea, quella che poi ha sempre determinato e guidato guerre più o meno di religione e pulizie a sfondo etnico. Qui si parla di danaro. Di molto danaro. Di quei miliardi di dollari che da dieci anni almeno scorrono in flussi incontrollabili dietro, intorno (e soprattutto a cagione di) guerre, sanzioni economiche, occupazione e abbandoni di territori. Di questo sis
tema il discreto e defilato Zivorad Petrovic rappresentava un anello importante per almeno tre ragioni.
La prima: veniva da Pojarevac, cittadina d'origine di Slobodan Milosevic. Apparteneva dunque a quel »clan di compagni e sodali cui il sempre più isolato presidente di Jugoslavia si appoggia apertamente, come a cercare conforto nelle origini. Prima dell'ascesa al potere di »Slobo l'ingegner Petrovic era solo un funzionario di secondo piano della »Jat . Agli inizi del '93 il successo elettorale del conterraneo l'aveva proiettato ai vertici della compagnia di bandiera.
Seconda caratteristica: »Zika Petrovic faceva parte della »Jul , il partito dei grandi ideologi e dei grandi affari ed era amico personale di Mirjana Markovic, moglie del presidente. Terzo, ma non ultimo elemento di forza: come presidente della »Jugoslovenskj Aero Transport l'ingegner Petrovic si trovava a gestire la sola azienda statale che per sua stessa natura sia sempre rimasta collegata all'economia esterna, ai grandi circuiti del capitale, agli scambi internazionali di danaro sotto forma di noli, manutenzioni e tasse aeroportuali.
Qualcuno ha scritto che in questo ruolo »Zika si proponeva come grande riciclatore di capitali: in realtà sarebbe più esatto dire movimentatore, ossia esportatore. Alla conferenza di Dayton aveva addirittura accompagnato Milosevic, ma non in quanto consigliere o rappresentante politico. Era piuttosto, per conto della »Jat una sorta di capo del cerimoniale e tessitore di contatti con altre compagnie
Uno dei problemi più urgenti di chi ancora comanda in Jugoslavia, da circa un anno è quello di mettere al sicuro i capitali accumulati nell'emergenza. Se prima i flussi di danaro potevano svolgersi lenti, attraverso giri bizantini, adesso raggiungere cassaforti straniere diventa esigenza impellente. Un anno fa, in Svizzera furono bloccati capitali che si facevano risalire a Milosevic in persona, ma di questo collegamento non si è mai raggiunta la prova. Adesso l'individuazione e l'eliminazione di personaggi così grigi e così importanti nell'economia jugoslava sembra dimostrare che il quadro della situazione sia emerso molto più precisamente, e anziché sui simboli si punta sui gangli del potere.
Il canale finanziario cipriota (già usato nel 93, ai tempi delle finanziarie »a piramide della famosa Dafina Milanovic) sembra saturo, quello russo non offre garanzie di »rientro nei circuiti occidentali. Poco prima di morire anche un ipermiliardario come Arkan aveva cercato di investire su mercati più affidabili (in primo luogo, quello italiano). Tracce di attività simili sono state trovate anche nel caso di un'altra vittima eccellente, Branislav Lajnovic, detto »Dugi .
In questo quadro (ed in attesa di essere, chissà come, privatizzata) una compagnia come la »Jat si presentava e si presenta come il canale più »pulito per compiere operazioni del genere. Perfino durante i lunghi periodi di »embargo aereo la compagnia di bandiera jugoslava è riuscita a trasformarsi in macchina produttrice di danaro, specie all'estero. Durante la guerra del Kosovo, per esempio, la »Jugoslovenski Aero Trasport ha noleggiato molti dei suoi aerei alle compagnie di Cipro e Libia, spesso con contratti misteriosi. In genere gli accordi prevedono pagamenti all'estero, compensabili sul piano interno da versamenti allo Stato da parte di ditte jugoslave più o meno collegate al regime
Alcuni accordi di noleggio erano stati firmati per sei mesi o un anno, anche se la guerra si è conclusa più rapidamente. Ancora adesso, ad »embargo appena concluso, nei voli di linea jugoslavi accade che partenze regolarmente previste vengano annullate all'improvviso per »mancanza dell'aeromobile . Perché allora eliminare anche un uomo come »Zika Petrovic? La facile tesi in base a cui il regime starebbe eliminando testimoni scomodi nei vari campi è pittoresca, ma non regge ad alcuna analisi seria. Piuttosto l'intreccio sempre più confuso di vittime, mandanti, moventi e ruoli rivela in termini sempre più; netti il prevalere dell'elemento economico, inteso nel senso di collegamenti economici con l'estero
Nel caso di Arkan questo »estero passava per il Montenegro e s'indirizzava verso l'Italia. Per »Dugi Lajnovic la medesima destinazione doveva essere raggiunta attraverso Vojvodina e Croazia. »Zika Petrovic aveva probabilmente contatti ancora più estesi. Al momento il solo omicidio eccellente che sembra sfuggire a questo denominatore comune è quello del ministro della Difesa Pavel Bulatovic, interessato peraltro a recenti forniture d'armi da parte della Cina. L'altra, cospicua parte della »matanza in atto a Belgrado continua a riguardare capibanda, colonnelli delle sezioni omicidi, uomini d'affari più o meno loschi, dirigenti di questo o quel servizio segreto: è l'inevitabile, sordido corollario del disfacimento.