di Daniel Cohn-Bendit, Grazia Francescato, Monica Frassoni
Dopo il discorso di Joschka Fischer a Berlino, parole come "Federazione" e "Costituzione" non sono più un tabù nel dibattito europeo. "Europa quo vadis ?": questa domanda resce dalle università e dai gruppi di esperti ed rientra nella politica.
Con buona pace di coloro che ritengono che I Verdi siano un gruppetto di conservatori attenti solo alla salute di animali e alberi, noi non riteniamo affatto che sia un caso che proprio un ministro "verde" rilanci la riflessione sul futuro dell'Europa. L'Europa dei mercati ci va stretta, il conformismo avaro di iniziative e il realismo senza passioni dei governi, compresi quelli in cui partecipiamo, ci riempie di frustrazione....
Eppure questa sarebbe potuta essere la stagione dell'entusiasmo: il vecchio continente ha una prospettiva seria e reale di unirsi tutto in una grande democrazia, gli strumenti,- la moneta, le istituzioni, le risorse - ci sono. Il 14 febbraio è iniziato un nuovo round di negoziati per riformare i Trattati dell'UE e preparare l'allargamento; a Bruxelles un insieme composito di parlamentari nazionali ed europei, di rappresentati di governi e della Commissione europea stanno lavorando alla redazione di una Carta Europea dei diritti fondamentali, primo passo da un Europa dei mercati a un'Europa dei diritti.
Ma che resta di tutto questo fervore riformatore? La Conferenza Intergovernativa, che dovrebbe cambiare il Trattato, è ormai bloccata da settimane in un negoziato stanco, privo di slancio, dove l'obbligo del consenso unanime di tutti gli stati e l'assenza di un dibattito pubblico impediscono di fatto ogni progresso: i paesi candidati cominciano ad innervosirsi: "ma davvero l'UE ci vuole?"
L'Europa politica, che secondo molti sarebbe "automaticamente" arrivata dopo l'unione della moneta, è di nuovo bloccata; esattamente come ad Amsterdam, dove la regola dell'unanimità aveva fatto sfumare l'ideale di una evoluzione democratica dell'Europa dei 15. Ma siamo sicuri che è davvero l'interesse nazionale che si difende quando il diritto di veto al Consiglio è il diritto per "la nazione britannica" di opporsi alla tassazione dei redditi da capitale, il "diritto per la nazione spagnola" di rifiutare l'impegno contro l'effetto serra o il diritto "della nazione danese" di impedire di costruire una "cittadinanza europea"?
Il discorso di Joschka Fischer, concentrato sulle finalità dell'integrazione europea, ha avuto un effetto dirompente su questo clima fatto di prudenza e mediocri ambizioni, non perchè le idee presentate siano particolarmente nuove, ma perchè sono state pronunciate da un ministro in carica nel paese più grande d'Europa nel bel mezzo di una CIG..
Solo una Federazione Europea, con un governo e un parlamento, basata su una costituzione saprà assicurare un futuro di pace e unità all'Europa.
Coloro che desiderano creare una democrazia europea e un'Unione politica integrata, capace di valorizzare le diversità, ma di perseguire, allo stesso tempo, alcuni obiettivi comuni, devono poterlo fare e iniziare a lavorare in questa direzione, ora, subito.
Di fronte alla miopia di governi che escogitano continuamente eccezioni e "opting-out" per bloccare l'integrazione, Fischer propone, da ministro in carica, di mobilitarsi per realizzare insieme un " centro di gravità", una "federazione", aperta a quei paesi che lo vorranno. Lasciando intendere che fra "coloro che lo vorranno" potremmo un giorno ritrovare l'Ungheria, ma non la Gran Bretagna......
Se l'iniziativa di Fischer smuove le acque stagnati del dibattito europeo, restano tuttavia alcuni gravi limiti nel suo ragionamento, che non possiamo non sottolineare.
In particolare, le sue proposte sulle istituzioni europee, contengono in nuce seri rischi di "rinazionalizzazione" e vanno più nella direzione di una "confederazione" che di una "federazione". E' sorprendente infatti la scarsa importanza che Fischer attribuisce alla elezione diretta del Parlamento Europeo. Vuole un organo formato da due camere: la prima composta da parlamentari nazionali e la seconda da senatori, su modello statunitense, o da rappresentanti degli stati nazionali, come nel Bundesrat. Nulla viene detto della relazione fra questo "Eurobundesrat" e il Consiglio dei ministri attuale.
Siamo assolutamente contrari all'idea che, per sviluppare un'efficace democrazia europea, sia necessario portare i deputati nazionali a Bruxelles. Non crediamo affatto che essere eletti a livello europeo renda i deputati meno " democratici " o meno legittimi, dei loro corrispettivi nazionali. Un Parlamento deve essere l'espressione diretta della volontà dei cittadini. Il potere legislativo può essere ripartito su diversi livelli, locale, regionale, europeo, esattamente come i poteri esecutivo o giudiziario. Ma, a parte il passo indietro che l'eliminazione dell'elezione diretta da parte dei cittadini europei rappresenterebbe, l'esperienza mostra che una tale Camera non lavorerebbe in modo efficiente, a meno che, - e su questo Joschka Fischer rimane ambiguo-, non si diminuiscano sostanzialmente i suoi poteri.
Fare il parlamentare, nazionale o europeo, significa svolgere un lavoro legislativo e politico a tempo pieno: e infatti coloro che oggi hanno un doppio mandato - un terzo circa degli eurodeputati italiani, caso più unico che raro- si vedono un gran poco a Bruxelles o a Strasburgo.
E poi, " il governo ". Joschka Fischer non sceglie chiaramente. Dice che sia la Commissione che il Consiglio potrebbero svolgere questo ruolo. Ma come può un organo composto da 27 o più membri essere un vero governo integrato? Il Consiglio dei Ministri non può essere il governo dell'Unione europea. In termini di efficacia di governo, già oggi non possiamo sperare molto da ministri che viaggiano a Bruxelles e che decidono all'unanimità su testi preparati dai loro ambasciatori, che a mala pena hanno il tempo di leggere. Certo, la Commissione deve modificare e migliorare il suo funzionamento, soprattutto per quanto riguarda la trasparenza delle sue procedure e l'accesso alle informazioni.
Tuttavia, l'esistenza di un'istituzione politicamente responsabile, che lavori sotto il controllo del Consiglio e del Parlamento europeo, indipendente dalle amministrazioni nazionali e che eserciti un reale potere di iniziativa e di esecuzione in tutti i settori di competenza dell'UE, è determinante per la coesione ed il futuro dell'Europa, di tutta l'Europa.
Infine, il discorso di Fischer si concentra sul futuro. Ma quanto è lontano il futuro ?
E' curioso che il ministro tedesco non tocchi la spinosa questione dell'attuale negoziato della Conferenza intergovernativa. Non si capisce che ruolo essa abbia nel disegno dell'Europa di Fischer e nemmeno come la Carta dei diritti fondamentali, lanciata proprio per sua iniziativa al Consiglio Europeo di Colonia nel giugno scorso, e tuttora in corso di discussione, si configuri rispetto alla futura Costituzione.
Come si passa dalla teoria alla pratica? Di questa ambiguità hanno subito approfittato I pragmatici di turno. Il governo Francese, che si prepara a succedere al Portogallo alla Presidenza del Consiglio dell'UE , ripete che non si possono avere troppe ambizioni, che al limite si potrà fare tra qualche anno una nuova CIG, che per ora bisognerà accontentarsi di una riformetta e poi ci sarà tempo per la Costituzione. Stesso discorso lo fa il Commissario competente per la CIG, il francese Barnier.
Ma l'occasione dell'attuale round di riforme dell'UE non puo' andare persa. L'idea che comincia a circolare fra I "pragmatici di turno" di evitare conflitti più seri fra gli Stati membri, rinviando ancora una volta tutte le decisioni difficili ad un'altra CIG nel 2004, è sbagliata e metterebbe seriamente in pericolo la credibilità dell'UE nei confronti dei paesi candidati.
Come fare per evitare l'impasse?? Forse proprio l'Italia e lo stesso Presidente della Commissione Prodi potrebbero abbandonare la loro "diplomatica saggezza" e la loro propensione ad avere ottime posizioni di negoziato, ma a piegarsi poi a compromessi di mediocre livello pur di salvare una unanimità posticcia: - lanciando una iniziativa che, coinvolgendo quei paesi a noi più vicini, definisca gli obbiettivi irrinunciabili che devono essere raggiunti in questa CIG anche a costo di aprire un conflitto serio tra gli attuali membri della UE e non chiudere a Nizza: fine della schiavitù del voto all'unanimità al Consiglio, pieni poteri legislativi al PE, introduzione della Carta dei diritti fondamentali nel trattato con valore giuridicamente vincolante e definizione delle tappe ulteriori di un processo costituente, che deve uscire finalmente dalle stanze chiuse della diplomazia internazionale e arrivare al cuore dei popoli europei.