Parla il procuratore capo dell'Aja Carla Del Ponte ("La Repubblica", 2-06-00)NEW YORK (m.ric.) - Carla Del Ponte, svizzera, è il procuratore generale del Tribunale internazionale dell'Aja sui crimini di guerra, cioè il massimo rappresentante dell'accusa. Oggi, davanti al Consiglio di sicurezza dell'Onu, annuncerà che, per le denunce contro la Nato, si prepara a chiedere l'archiviazione. Come definirebbe le conclusioni della commissione? "Una richiesta di non luogo a procedere". Perché una commissione? "Non è una procedura usuale. Louise Arbour, che mi ha preceduto come procuratore, l'aveva formata perché ci trovavamo di fronte ad una serie di denunce, anziché a nostre investigazioni, e ad una enorme mole di materiale documentale. Io l' ho ampliata come composizione. A dicembre avevo già avuto un primo rapporto preliminare". Da chi è formata la commissione? "Sono 25 persone, scelte tra esperti militari, giuridici e nostro personale presente sul posto - cioè in Bosnia". Ritiene che l'indagine sia stata esauriente? "Diciamo subito una cosa. Non abbiamo potuto fare riscontri sul campo.
E non per colpa nostra. Io ho chiesto un visto a Belgrado per poter andare a investigare direttamente in Serbia, ma non me l'hanno mai dato". Può fare un esempio di indagine rimasta in sospeso per questo motivo? "La prigione di Istok. Noi abbiamo un testimone, il quale sostiene che sono stati i serbi a far uscire i prigionieri, ad ammazzarli, per poi riversare la colpa sulla Nato. Ma non abbiamo mai potuto verificare direttamente, con riscontri sul campo, se la testimonianza era attendibile". Avete indagato su episodi, ma le accuse alla Nato erano più ampie e chiamavano in causa la legittimità stessa della guerra. "Non toccava e non tocca a noi stabilire se la Nato avesse o no un legittimo mandato internazionale a intervenire contro la Jugoslavia. Non rientra nei nostri compiti né nel nostro statuto. Come non possiamo intervenire su responsabilità generali di paesi e organizzazioni internazionali. Il nostro compito è di accertare eventuali responsabilità individuali, di singole persone. Questo ha fatto la c
ommissione e ha stabilito che non ci sono le basi giuridiche per aprire un procedimento". I casi più spinosi, fra quelli esaminati? "Probabilmente, la tv di Belgrado e la caserma di Korisa". Il proscioglimento della Nato rischia di alimentare la polemica, già aperta dalla Russia, il cui ministro degli Esteri Igor Ivanov vi ha accusato la scorsa settimana di essere troppo politicizzati e troppo occidentali. "Ivanov l'ho invitato all'Aja a vedere come lavoriamo. Perché ho l' impressione che non lo sappia". Il prossimo passo del Tribunale? "La chiusura del dossier Nato sgombra il terreno e ci consente di dedicare tutte le nostre forze al compito principale, che è l'arresto e il processo dei grandi responsabili dei crimini commessi nei Balcani". Lei parla dei Karadzic, dei Mladic, dei Milosevic. Quali sono le prospettive di portarli presto davanti ai giudici? "Mi sembra che si stia determinando un atteggiamento positivo. Politicamente, a 4-5 anni dalla fine del conflitto in Bosnia, appare più facile arrestare i
principali indiziati. Non mi sembra che ci siano le condizioni, oggi, perché questo susciti grandi reazioni e proteste popolari, ad esempio in Bosnia. Contemporaneamente, la loro latitanza resta un elemento destabilizzante. Anche il ritorno dei rifugiati è difficile, finché quelli che sono stati indicati come i loro persecutori restano liberi". Possiamo aspettarci arresti clamorosi a breve scadenza? "Ho detto che c'è, in giro, un atteggiamento positivo. Ci sono problemi, come dire, culturali. Gli americani, ad esempio, insistono sul cosiddetto rischio zero: la garanzia che nessun loro uomo verrà ucciso durante un arresto. Ma un arresto comporta sempre dei rischi. Ci sono, peraltro, altri paesi con mentalità più elastiche. L'ultimo arresto lo hanno fatto i francesi. Questa, comunque, è l'unica polizia giudiziaria che ho". E il task team della Nato che dovrebbe svolgere proprio questo compito? "Ne avevo parlato con il generale Clark, quando era comandante della Nato. Ne parlerò ora con il suo successore, il g
enerale Ralston". Spera ancora, nonostante il no dei carabinieri italiani, che il task team possa essere guidato dal comandante Ultimo, l'uomo che ha arrestato Riina? "Spero che la questione sia ancora aperta. Visto, soprattutto, che il comandante Ultimo ha lasciato i Ros, cosa di cui, quando avevo posto la questione, non ero a conoscenza. Ne parlerò anche con Ralston". Non è con Ultimo, peraltro, che può sperare di arrestare Slobodan Milosevic. "Una cosa è chiara. Finché Slobodan Milosevic non sarà portato in giudizio, il mandato del Tribunale sui crimini di guerra non potrà considerarsi concluso e il nostro lavoro non potrà dirsi finito".