Sono passati i giorni del giubileo, giorni in cui Roma è stata attraversata da milioni di giovani provenienti da ogni parte del pianeta, venuti qui per dimostrare la loro fede nei confronti della parola del Papa.
Il pio "nonnino" sprizzava di gioia e si lasciava andare al clima festaiolo rivelando la sua capacità mediatica e soprattutto la consistenza del suo potere e della sua influenza sul mondo intero.
Ha dovuto fare anche il "nonnino" severo, dicendo ai giovani riuniti in massa a Tor Vergata: "Capisco quanto sia difficile per le giovani coppie mantenere la purezza prima del matrimonio".
Un invito alla castità che, se è stato ascoltato, non ha trovato comunque molto seguito perché questi giovani hanno dimostrato di essere più liberi di quanto il Papa-nonnino forse non vorrebbe che fossero.
Articoli sui giornali di questi ultimi giorni testimoniavano infatti di giovani che si lasciavano andare in manifestazioni di affetto "carnale" senza il timore del giudizio divino (per l'occasione c'erano anche i confessionali on the road).
Alcuni sono stati persino sorpresi a fumare qualche spinello di marjiuana: amore e spensieratezza in nome del Signore
Ieri è finito lo "show" del Papa, "messo in scena" per continuare a diffondere il pensiero cristiano, interpretato da questi giovani in modo del tutto libero, come è libera la coscienza di ognuno.
Ma non è del giubileo che voglio scrivere. Quanto di spinelli.
Lontano dai palchi e dagli altari di Tor Vergata, succedeva che in Aspromonte si dava fuoco a 650.000 piantine di canapa indiana.
Ad effettuare l'operazione sono state le forze dell'ordine.
Insomma, domenica ho letto la Repubblica e sulla pagina della cronaca c'era questa notizia: "l'Aspromonte come la Bolivia, i clan scoprono la marijuana, affare da 5000 miliardi, campi di cannabis coltivati da incensurati e sullo sfondo l'omicidio di un boss".
C'è proprio da allarmarsi e soprattutto bisogna congratularsi con la compagnia carabinieri di Palmi per l'eccellente lavoro di pulizia botanica. Perché di questo si tratta: 650 mila piantine ieri, insieme alle 16 mila scoperte il mese scorso e alle altre 45 mila, tutte bruciate dai carabinieri, fieri della loro opera di sradicamento dell'"erba magica", "di ottima qualità (come fanno a saperlo?) e con un principio attivo molto alto", come spiega nelle sue relazioni il maresciallo Leva addetto al gabinetto di analisi per stupefacenti che il comando generale dell'Arma ha fatto sistemare a Reggio da quando la "roba" è diventata l'affare principale dei clan del Tirreno e dello Jonio.
Non bastano l'abusività delle costruzioni, i sequestri, gli omicidi e la disoccupazione in costante aumento.
Ora, in quella terra dimenticata da Dio, si scopre anche questo grosso mercato illecito. Perché illecito? mi chiedo.
Un vecchio contadino di settant'anni è stato messo in manette perché insieme ai fagiolini si era messo a coltivare anche l'"erba", chiamata anticamente magica per le sue qualità terapeutiche.
Per lui, come per la scienza, non sembrava un gran crimine coltivare una comune pianta che potrebbe avere effetti pericolosi solo se qualcuno si mettesse a fumare in un sol giorno tutte le 650.000 piantine bruciate dall'Arma.
Come sanno invece anche i pellegrini del Giubileo, uno spinello riesce a provocare solo un senso di benessere e una lieve euforia generale.
C'è stato persino uno psichiatra americano che ha studiato a lungo le proprietà della canapa indiana cercando di capire se esiste un nesso tra disturbi mentali e uso di marijuana. Ha accertato che non c'è nessun nesso possibile; anzi, per certe forme di schizofrenia, l'erba può anche aiutare a stare meglio.
Non ha quindi alcuna base logica e scientifica lo stile allarmistico dell'articolo. Peggio sarebbe stato se il contadino in questione si fosse messo a coltivare lo stramonio, perché questa pianta - e ne basta una foglia - può provocare la morte.
Eppure si trova in natura. E non c'è nessuna legge che ne vieta la coltivazione o l'uso. Basta conoscerla e si evita, così come i funghi velenosi e quant'altro in natura può essere nocivo se ingerito senza conoscerne le caratteristiche o in quantità eccessiva.
Ecco i soliti articoli proibizionisti, ecco la solita disinformazione da parte dei giornali e giornalisti convinti che i lettori siano per la maggioranza dei "gonzi!" (creduloni, fessi, grulli).
Ma se non siamo dei "gonzi", mi chiedo perché non reagiamo, non c'indignamo di fronte a tutto questo.
Solo infatti è rimasto in questi anni il Partito Radicale nella sua lotta contro il proibizionismo. Dov'erano e dove sono i milioni di italiani, non solo giovani, che utilizzano normalmente la canapa e che non si sentono affatto dei criminali?
L'intera pagina de la Repubblica che ho prima citato, dimostra che in Italia siamo ben lontani dal rispetto di uno dei diritti fondamentali dell'uomo, quello di poter disporre liberamente del suo corpo, di poter assumere liberamente qualsiasi sostanza senza che lo Stato pretenda d'intervenire per il suo "bene".
E allora, gridiamolo una volta per tutte: la marjiuana non solo deve essere completamente depenalizzata (oggi è permesso l'uso personale, anche se la scelta di punire per via amministrativa il consumatore rimane a discrezione o a simpatia del pubblico ufficiale), ma dovrebbe esserne permessa la coltivazione semplicemente perché questa specie vegetale a qualcuno piace, come ad altri piacciono i pomodori o le zucchine.
Ma c'è anche altro: dopo che avranno ripulito tutte le montagne dell'Aspromonte dalle belle piantine di marjiuana i carabinieri si sentiranno più sicuri?; avranno eliminato la criminalità organizzata?; avranno eliminato l'ndrangheta?
Faccio un esempio paradossale per spiegare la natura criminogena di una legge proibizionista: se venisse proibito l'uso dei fagiolini, perché si è scoperto che fanno alterare la coscienza, non aumenterebbe improvvisamente il loro valore d'acquisto e non ci sarebbero persone (o clan, o mafia, ecc) che creerebbero subito il mercato illecito dei fagiolini?
Perché queste sono le conseguenze del proibizionismo.
Non è infatti la droga la causa della criminalità, ma solo il suo divieto.
Se la marjiuana (ma anche le altre droghe) venisse legalizzata il suo costo non sarebbe più alto dei fagiolini. E nessun criminale avrebbe alcun interesse a commercializzarla. Nessuno dovrebbe scippare o commettere crimini per acquistarla. Si svuoterebbero così una buona parte delle carceri.
Bisogna poi toglierci dal cervello l'illusione che si possa imporre un "ordine" ingiusto, irragionevole, contrario persino alla natura, con la forza, con la violenza di leggi ingiuste.
Con questo non voglio fare un appello a tutti gli anarchici del mondo per creare un "sano" disordine.
Credo nella legge, quando essa rispetti l'individuo. Quindi non credo alle leggi proibizioniste perché violano il diritto dell'individuo di essere libero di scegliere come far uso della propria vita.
Dovrebbe esserci una migliore e maggiore informazione, questo sì.
Anche sul pacchetto di sigarette trovo la scritta "il fumo provoca il cancro" ma solo io posso decidere di correre questo rischio. E' una mia scelta, ne sono direttamente responsabile e lo Stato non può punirmi per questo, in nome del mio bene.
Altrimenti dovrebbe vietare il consumo di molte cose. Dello zucchero (che provoca il diabete), del caffè (che altera il sistema nervoso), degli hamburger, della televisione, e di quant'altro può provocare dipendenza o possibili danni alla mia salute fisica o psichica.
Ho cominciato a parlare del Giubileo per poi concentrarmi su questo problema del proibizionismo.
Milioni di giovani sono venuti a Roma per riempire le strade di canti al Signore, regalando a questa città caotica e un po' sonnacchiosa un po' di fervore ed entusiasmo tipicamente giovanile. Milioni di giovani dal viso pulito che si sono lasciati andare in canti e balli festosi non solo perché ispirati dalla fede ma anche grazie a qualche spinello di buona marjiuana.
Mi chiedo dove sono gli altri giovani, quelli che magari si pongono qualche dubbio sull'esistenza di Dio, quelli che di marjiuana ne consumano spesso, quelli che sono stati arrestati per aver piantato semi di canapa sui loro balconi, quelli che ballano il reggea, inneggiando al loro Dio Bob Marley. Perché anche loro, come i fratelli cristiani, non hanno il coraggio d'invadere Roma e le altri capitali del proibizionismo in nome dei loro diritti?
Oppure quei giovani a cui non frega niente di fumare erba ma a cui premono molto le libertà e non gradiscono che lo Stato e i suoi rappresentanti entrino nei loro letti e nelle loro coscienze in nome del bene comune?
Perché non ci troviamo tutti insieme per organizzare qualcosa di simile e di grande in qualche capitale europea?
Io sono disponibile ad iniziare e a raccogliere le adesioni: ma.bonifazi@agora.it