Parla il rappresentante delle Nazioni Unite a Pristina: "Serve piu' tempo per dimenticare l'odio"La Repubblica, martedi' 10 ottobre 2000, pagina 6
dal nostro inviato FRANCO PAPITTO
LUSSEMBURGO - "Eppure", dice perplesso Bernard Kouchner dopo essersi compiaciuto per la "sorpresa democratica" dell'elezione di Kostunica a Belgrado, "le cose rischiano di complicarsi". Kouchner era ieri a Lussemburgo per incontrare i ministri degli Esteri dell'Ue e frenava vistosamente sull'entusiasmo generale. Il rappresentante dell'Onu in Kosovo e' anche convincente se, dopo aver sentito la sua relazione ai Quindici, anche Lamberto Dini dice che la situazione "e' complessa e preoccupante".
Perche' "tutto puo' diventare piu' difficile", signor Kouchner?
"Perche' paradossalmente moltissimi in Kosovo e in Montenegro si sentivano come garantiti dalla presenza di Milosevic a Belgrado. Finche' c'era il dittatore, con lui non si trattava e le cose erano chiare. Non parlo del Montenegro perche' non ho alcuna responsabilita' laggiu'. Ma obiettivamente c'e' un contrasto fra la volonta' d'indipendenza dei kosovari d'origine albanese e la risoluzione 244 dell'Onu che considera il Kosovo come una parte della Jugoslavia".
Lei ha detto: "Non facciamo una Palestina nel cuore dell'Europa". Siamo a quel punto?
"Io ho detto che la situazione e' pericolosa. Aggiungo che spero di sbagliarmi e che la situazione sia solo piu' difficile di prima, e che con l'avvio del dialogo fra Belgrado e Pristina si metta in moto una dinamica diversa. Ma non bisogna fare errori e non bisogna correre".
A quali errori pensa?
"Soprattutto la fretta. C'e' molta diffidenza in Kosovo. La gente dice che Milosevic era un "nazionalista di compromesso" e Kostunica e' un "nazionalista di convinzione". Cioe' e' peggio. E poi in Kosovo i morti sono ancora freschi, si continuano a scoprire fosse comuni. Ci sono centinaia di famiglie che attendono il ritorno dei congiunti, fra tremila e seimila persone delle quali non si hanno notizie. Abbiamo fatto tanti progressi in Kosovo, abbiamo messo allo stesso tavolo i rappresentanti delle diverse comunita' che si parlano senza insultarsi. E gia' un risultato enorme. Ma ci vuole tempo".
Quanto tempo?
"Generazioni, per una pacificazione vera. Ma bastano pochi mesi e pochi gesti per creare un clima diverso, che faciliti il ritorno di un minimo di fiducia. Che nessuno si faccia illusioni: la guerra in Kosovo non e' finita".
Cosa vuol dire?
"Vuol dire che non c'e' stato il tempo del lutto, della sedimentazione, del ritorno su se stessi, dell'accettazione della realta'. Lasciateci il tempo di far mettere radici alla pace. La guerra non e' finita perche' i cambiamenti di Belgrado non restituiscono i morti".
Cosa puo' fare Kostunica per accelerare, come lei dice, la fine della guerra?
"Rompere, per esempio, il suo silenzio sul passato. Non ha mai detto una parola sugli orrori della guerra. E poi faccia un gesto, di quelli che vanno direttamente al cuore della gente. Liberi qualche detenuto perche' lui come giurista sa che molti sono in carcere ingiustamente, dopo processi nei quali hanno testimoniato solo poliziotti serbi. E si rivolga ai kosovari dicendo: "Con Milosevic non potevate farlo, ma con me potete. Mettiamoci insieme e cerchiamo insieme le persone scomparse: gli albanesi e anche i serbi"".
I paesi europei cosa possono fare per aiutare questo processo di normalizzazione?
"Devono continuare quello che stanno facendo. Perche' i risultati ci sono. Poi devono evitare di dar l'impressione che oggi si precipitano tutti a Belgrado come prima tutti venivano a Pristina. Evitiamo che i kosovari si sentano soli e abbandonati, per favore".
C'e' il rischio che il Kosovo se ne vada e proclami l'indipendenza?
"No, perche' comunque abbiamo laggiu' 45.000 soldati. Ma se la situazione diventa piu' tesa a causa della fretta di qualcuno, la resistenza potrebbe assumere varie forme, dalla disobbedienza civile alla costituzione di bande armate alla macchia, alla ripresa delle uccisioni. Ci vuole pazienza perche', non mi stanchero' mai di ripeterlo, se si crede che le cose possono cambiare subito si va verso la catastrofe. La democrazia ha vinto a Belgrado. E' una meravigliosa vittoria per tutti ma ora dobbiamo stare attenti a non trasformarla in sconfitta"