(13-15 OTTOBRE '00)Care compagne, cari compagni,
siamo arrivati a quest'Assemblea Nazionale dopo numerose riunioni del Comitato di Coordinamento, dopo mesi di lavoro duro e impegnativo durante i quali abbiamo messo in campo energie politiche, umane ed economiche, la gran parte di quelle che avevamo a disposizione.
Questi giorni di lavoro saranno probabilmente decisivi per delineare strategie e scadenze immediate in vista di quel progetto politico-elettorale che ci porterà alle elezioni del 2001.
E' mio compito quello di fornire alcuni elementi utili al dibattito e alle decisioni che andremo a prendere.
E' per questa ragione che cercherò subito di spiegare qual è la situazione sul piano economico-finanziario.
LA SITUAZIONE ECONOMICO-FINANZIARIA
Nel corso dell'ultima riunione del Comitato, a settembre, demmo
la notizia della decisione di Marco Podini di anticipare l'ultima
rata di pagamento relativa all'acquisto del 25% delle azioni del
Centro di Produzione (acquistate al prezzo di 25 miliardi):
con questa decisione, l'ultima rata di pagamento, di 5 miliardi, che
era prevista in scadenza a febbraio, viene invece corrisposta tra
settembre e dicembre di quest'anno.
Questo fatto ci consente di onorare, alle scadenze stabilite, i debiti
pregressi prodotti dalle iniziative del '99 e della prima parte
dell'anno 2000.
Il residuo del debito prodotto da queste iniziative è coperto quindi
dagli ultimi 5 miliardi relativi alla vendita delle quote del Centro
di Produzione e dall'ultima rata relativa alla vendita di Agorà
Telematica (che, al netto delle tasse, è pari a 2.350 milioni,
in scadenza a dicembre 2000).
Il saldo economico è positivo per 1.379 milioni.
Rimane una partita di debito che il soggetto politico ha nei
confronti del Centro di Produzione, pari a 5.400 milioni, al netto
degli interessi.
Ricordiamo che il costo complessivo delle iniziative a cui ci
riferiamo (l'iniziativa Emma for President, le elezioni europee, la
raccolta di firme sui 20 referendum, le elezioni regionali e il voto
referendario) è stato di oltre 60 miliardi ed è stato possibile
sostenerlo avendo deciso di mettere a disposizione dell'iniziativa
politica tutto il nostro patrimonio - decisione che ha anche
consentito conoscenza più approfondita e la conseguente
valorizzazione del patrimonio.
Se sul piano del debito rispetto alle iniziative già svolte - come
abbiamo visto - la situazione risulta essere positiva, l'assetto
strutturale dell'area e i debiti pregressi che fanno capo ai soggetti
Partito Radicale, Lista Pannella e Comitati Referendari, Torre
Argentina Società di Servizi, Centro d'Ascolto dell'Informazione
Radiotelevisiva (considerando che la situazione di quest'ultimo
soggetto non grava sui costi della struttura, perché ampiamente
autofinanziata), possono essere garantiti, in un arco temporale di
6 mesi, attraverso un introito finanziario di almeno 4 miliardi di
lire. E' evidente che questo fabbisogno finanziario può essere
soddisfatto solo attraverso il rilancio immediato di una campagna
di iscrizione e sottoscrizione, che rafforzi il risultato pur buono di
autofinanziamento conseguito fino ad ora nel corso dell'anno:
oltre 5 miliardi di lire, grazie a 11.000 persone che hanno
effettuato 20.000 versamenti a favore dei soggetti politici dell'area
radicale. E non può non essere un autofinanziamento che recupera
la dimensione quotidiana della quota di iscrizione e sottoscrizione:
le 1.000, le 2.000 o anche le 10.000 o 20.000 lire al giorno.
Ci sono poi le iniziative da intraprendere nei prossimi giorni, nelle
prossime settimane e mesi relative all'obiettivo politico che il
Comitato di Coordinamento del luglio scorso ha deliberato:
"il rilancio di una campagna rivolta al terzo stato dei produttori, delle partite Iva, dell'impresa libera, autonoma e privata e alle loro rappresentanze, perché si mobilitino a sostegno delle iniziative di riforma per il mercato e le libertà economiche proposte dai radicali, contribuendo ad assicurarne una significativa presenza parlamentare nella prossima legislatura".
Nell'ultima riunione del comitato esprimevo una convinzione:
la dimensione dell'autofinanziamento necessaria a quest'impresa
complessiva, quella delineata dalla mozione - dicevo - ancora una
volta non è quella dei miliardi, ma quella delle decine di miliardi.
Confermo questa mia convinzione.
E' bene considerare che oggi, rispetto al patrimonio, l'unica operazione concreta e nello stesso tempo difficile da realizzare può essere quella relativa ad ulteriori cessioni di quote della società Centro di Produzione, perché non risulta in alcun modo conveniente, oltre ad essere oggetto di garanzia verso la minoranza, la cessione di rami d'azienda e in particolar modo la vendita della rete di Radio Radicale.
E' necessario probabilmente lavorare con determinazione per tentare di trovare - com'è accaduto l'anno scorso - imprenditori illuminati che intravvedano nella nostra iniziativa politica, anche motivazioni di carattere economico, anche considerando la "quota" delle 25 personalità che auspichiamo facciano parte del nuovo Comitato.
E' importante anche considerare, ai fini della determinazione delle scadenze, i diversi scenari relativi a quando dobbiamo spendere il danaro che necessariamente dobbiamo trovare per tentare di conseguire l'obiettivo politico che ci siamo posti.
Se le elezioni fossero a marzo, ad esempio, o un mese prima o un mese dopo, tutto può cambiare rispetto ai nostri impegni di spesa e tutto cambia anche rispetto al problema politico, organizzativo e anche finanziario relativo alla raccolta delle firme. E pure questo è un problema che ci dobbiamo porre da subito e sul quale occorre lavorare.
RADIO RADICALE
Nella relazione di fine giugno e nelle successive relazioni a questo Comitato, grazie al lavoro e al contributo di Paolo Chiarelli ed Enrico Ferranti, erano state fornite alcune linee di indirizzo sul piano di sviluppo del Centro di Produzione S.P.A.. Un piano di sviluppo che tende a valorizzare l'azienda nel suo complesso, attraverso un processo di razionalizzazione, integrazione e sviluppo delle singole attività.
Obiettivo di questa strategia è quello di rendere il Centro di Produzione capace di fornire, anche ad altri soggetti, grandi quantità di contenuti pronti per l'utilizzo su mezzi tradizionali e di nuova tecnologia, sfruttando le capacità acquisite negli anni ad operare nel settore dell'informazione istituzionale, politica, associativa.
La maturazione di questa idea era frutto della constatazione che, negli ultimi vent'anni, il Centro di Produzione aveva realizzato prima in audio, e recentemente anche in video, la registrazione e l'archiviazione di una enorme quantità di eventi, di gran lunga superiore a quella direttamente utilizzabile per le trasmissioni di Radio Radicale e che tali produzioni erano state tutte archiviate in forma integrale ed indicizzata.
Lo sviluppo dell'attività di Radio Radicale su Internet, a partire da luglio 1998, è dimostrazione concreta della capacità produttiva e tecnologica del Centro di Produzione.
Alla fine del mese di settembre, completato il lavoro di analisi svolto durante l'estate, si è avviata una fase di incontri con altri operatori per verificarne l'interesse su possibili sinergie.
I primi tentativi si sono orientati sulle seguenti ipotesi:
Accordi con soggetti che già oggi diffondano per via telematica informazioni su eventi, utilizzando la sola forma scritta, per fornire ai loro abbonati la possibilità data dal Centro di Produzione Spa di seguire in audio ed in video lo stesso evento, in diretta o in differita con selezione di singoli brani.
Partecipazione ad iniziative imprenditoriali nel settore telematico che abbiano come specifico oggetto l'informazione la documentazione dell'attività politica italiana ed europea.
Iniziative in accordo con i soggetti fornitori di informazione istituzionale per avviare, attraverso la trasmissione delle sedute parlamentari tramite Internet, la messa in rete delle assemblee elettive regionali e locali.
Le prime reazioni da parte dei nostri interlocutori sono state di grande interesse. Ora si tratta di studiare insieme le forme ed i modi di collaborazione.
E' del tutto evidente che la realizzazione di ciascuna delle ipotesi prospettate avrebbe come effetto una valorizzazione del Centro di Produzione S.P.A., con il conseguente maggiore interesse da parte di soggetti terzi alla acquisizione di quote di partecipazione.
Com'è del pari evidente che la strategia relativa al piano di sviluppo del Centro di Produzione e la stessa esistenza di Radio Radicale è condizionata dall'ottenimento del rinnovo della Convenzione relativa alla trasmissione delle sedute parlamentari.
L'ITALIA
Se questo è lo stato dell'arte dal punto di vista economico-finanziario e riguardo il nostro patrimonio (di cui fa parte anche il Centro d'Ascolto dell'Informazione Radiotelevisiva, rispetto al quale è stata avviata un'attività di valorizzazione), non possiamo però prescindere da alcune considerazioni di carattere politico, che riguardano il contesto all'interno del quale ci stiamo muovendo.
Questa Assemblea Nazionale si svolge in una fase particolare. In Italia, infatti, ci si sta avviando ad una campagna elettorale che - è possibile, per non dire probabile, che accada - vedrà mutare gli assetti attuali di governo, ma che con molte meno probabilità, vedrà mutare la cultura politica del nostro Paese.
E questo rischia di accadere per il modo stesso in cui ci si avvia a tenere la campagna elettorale.
Non starò qui a fare analisi di tipo sociologico, ma una cosa mi sento di doverla sottolineare. E per farlo credo sia opportuno fare un passo indietro.
I REFERENDUM
I referendum dello scorso maggio. Il non voto è stato un fattore determinante per la sconfitta, nei numeri, di quello che era - non solo nei nostri progetti - un progetto e un programma di riforme e di vera e propria trasformazione di centri nevralgici della vita del Paese. Un non voto fisiologico, come viene definito in gergo tecnico dagli analisti dei flussi elettorali, che si aggiungeva ad un non voto indotto da una campagna astensionistica favorita da visioni miracolistiche prestate alla politica.
Il rifiuto della politica, connotato da venature qualunquistiche, in aggiunta a quello fisiologico o a quello politicamente motivato - che qualcuno colloca a sinistra piuttosto che a destra (ma questo è tutto da dimostrare) - ed il rifiuto indotto da campagne ad hoc, è cresciuto. Anche se, è bene ricordarlo, c'è stato quel terzo di cittadini che si sono recati alle urne per votare i referendum e che a maggioranza hanno detto sì - su 6 referendum su 7 - non solo alla politica di un governo diverso, capace di dare a questo Paese riforme necessarie al suo sviluppo e alla sua modernizzazione, ma che hanno detto sì anche alla politica radicale che quelle istanze crescenti, ma soffocate, ha voluto rappresentare. In altri paesi quei sì detti a quei referendum sarebbero stati sufficienti a decidere. In Italia no. Perché i referendum sono ancora soggetti all'alea del quorum del 50% + uno degli elettori - ma questo lo sapevamo - ma soprattutto perché in Italia i sistemi burocratici derivanti da cinquant'anni di politi
ca dei partiti, cioè della consociazione dei partiti, sono tuttora saldi e solidi, anche se strutturati in forme diverse.
E allora, per arrivare a oggi, e azzardando un'analisi della situazione di pre-campagna elettorale, possiamo dire, senza timore di esagerare, che ci troviamo di fronte ad una sostanziale omologazione dei Poli concorrenti.
La corsa al centro alla conquista dei voti moderati e cattolici, la ricerca ormai infinita di un'identità a sinistra che deve fare i conti non tanto con la costruzione di un partito democratico e laburista di stampo occidentale e moderno, ma con il peso elettorale, nella coalizione, del Partito della Rifondazione Comunista e, perché no, del sindacato di Cofferati, ha il proprio contraltare a destra nel nazionalismo etnico anti-occidentale di Bossi. Tale nazionalismo crea e creerà di certo non solo imbarazzo, ma concrete difficoltà, per esempio in ambito internazionale, al Polo Berlusconiano. Senza tralasciare le punte di vera e propria intolleranza espresse dal lumbard in chiave macchiettistica e il danno che esse producono, causando un sostanziale arretramento politico e culturale in materia di diritti civili.
Questi sono solo alcuni degli aspetti in cui è impantanata la politica rappresentata all'italiana. Una politica che a fatica rincorre i modelli della comunicazione esistenti nella lontana America (affidandosi su questo ai salotti di Maurizio Costanzo e di Bruno Vespa), ma che talvolta riesce con più facilità ad assumere i toni populisti dell'America del Sud o quelli buonisti di tradizione catto-comunista. Una politica che si trincera dietro l'assenza di una riforma elettorale, che per la maggioranza dei cittadini italiani era ed è riforma elettorale in senso uninominale e maggioritario. Una riforma volutamente mancata dal sistema dei partiti e partitini (44!), che ancora una volta si preparano a dare vita ad una rumorosa, forse rissosa, sicuramente ricca campagna elettorale. Ricca anche perché in 44 spartiranno un bottino che, pur avendo la veste di rimborso elettorale, ha la sostanza di un finanziamento pubblico delle burocrazie di partito. Ed ormai queste cose le dice anche la Corte dei Conti.
Sarà possibile in questa campagna elettorale discutere e dibattere di scelte alternative in campo economico e sociale?
O sulla giustizia?
Sulla scuola?
Sull'immigrazione?
Sui nuovi diritti civili?
Sui nuovi modelli di sviluppo?
Un tentativo, forse a livello d'immagine, ci sarà.
Ma al momento dai due schieramenti formalmente contrapposti non è lecito sperare in nulla di più.
E allora, ancora una volta, dovremo preparare il terreno e prepararci ad essere alternativi all'omologazione?
Non si tratta di essere forzatamente pessimisti. Ma di guardare la realtà.
LA GIUSTIZIA ITALIANA
Prendiamo, ad esempio, la realtà della giustizia italiana.
"E' noto che la giustizia italiana, a causa soprattutto della sua cronica lentezza, ha meritato al nostro Paese il non invidiabile primato del più alto numero di ricorsi e di condanne in sede europea, tanto da trovarsi oggi nella umiliante condizione di 'sorvegliato speciale'."
Non sono parole di un radicale. Sono le parole scritte da Antonio Latorre, Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte Suprema di Cassazione, nella sua relazione sull'amministrazione della giustizia in Italia tenuta il 12 gennaio del 2000.
"Ho sotto gli occhi - scrive il Procuratore Generale - il desolante rapporto che, proprio in vista dell'inaugurazione dell'anno giudiziario, mi è stato inviato il mese scorso dalla Rappresentanza permanente d'Italia presso il Consiglio d'Europa di Strasburgo.
Il prospetto allegato contiene cifre impressionanti e, nell'adempiere il dovere di comunicarle, ne avverto tutto il peso mortificante come magistrato e come cittadino italiano ( )".
"Ebbene, il breve periodo di poco più di un anno, da quando cioè (il primo novembre 1998) è entrata in funzione la nuova Corte Europea dei diritti dell'Uomo, è stato sufficiente perché l'Italia collezionasse rapidamente 40 condanne ( ). Si può dire che, appena insediatasi, la nuova Corte è stata prevalentemente impegnata dall'esame dei casi italiani".
"Ma questo dato - prosegue il Procuratore Generale - che di per sé sarebbe assai grave e abbastanza allarmante, è ancora poco se raffrontato ad un altro di più macroscopica evidenza.
Alludo alla concomitante attività del Comitato dei Ministri europei nell'esercizio delle sue funzioni giurisdizionali, prorogate in regime transitorio fino all'esaurimento delle pendenze in corso.
Si pensi che, nel solo anno 1999, questo organo di giustizia ha pronunciato contro lo Stato italiano ben 361 decisioni - quasi una al giorno! - riconoscendolo responsabile di altrettante violazioni della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'Uomo e, nella quasi totalità dei casi, a cagione dell'irragionevole durata dei procedimenti giudiziari ( ).
Condanne, le une (40) e le altre (361), che hanno fra l'altro comportato per l'Erario, e quindi per i contribuenti italiani, un danno finanziario di oltre 12 miliardi di lire.
Ma non è tanto la somma, pur ragguardevole, ad impressionare, quanto piuttosto la causale del sotteso e reiterato giudizio di discredito che si abbatte di continuo sul nostro Paese, deturpandone profondamente l'immagine nel consorzio delle nazioni civili".
"E' una vicenda a dir poco avvilente - conclude il Procuratore Generale - che segna la nostra storia giudiziaria con un marchio non molto dissimile da quello che - fatte le dovute differenze - fu Caporetto per la nostra storia militare".
Abbiamo parlato di giustizia. Ma, come detto, è solo un esempio.
Non ci vuole molto per accorgersi che quella già in corso ha l'aria di essere, su tutto, una vecchia politica, incapace di dare al Paese riforme liberali e per di più ancora più vecchia se si considera che siamo in un mondo per molti versi nuovo.
Così come in Italia viviamo la crisi della old economy senza essere capaci di sviluppare a pieno le potenzialità della nuova economia.
I segnali di crisi dell'attuale sistema politico ci sono tutti e ben visibili.
Vi è la necessità di realizzare un sistema istituzionale e politico che consenta di affrontare con urgenza le emergenze che si impongono:
quelle che alcuni individuano nelle riforme strutturali di cui la nostra economia ha bisogno, le riforme necessarie al mercato del lavoro e dell'impresa, che rendano l'economia italiana effettivamente competitiva e dinamica;
la conseguenza rappresentata da un lavoro effettivamente garantito, seppure nella nuova forma della flessibilità;
le nuove emergenze che si impongono, a livello transnazionale, sul fronte dell'immigrazione, prescindendo da valutazioni demagogiche ed ellettoralistiche;
la necessità di affrontare i nuovi temi imposti dalle ricerche scientifiche, secondo schemi mentali e legislativi non confessionali;
così come la necessità d'imporre in termini realmente laici scelte legislative che guardino concretamente a modelli sociali che non corrispondono più a quelli noti negli anni '50, che tengano conto degli avvenuti mutamenti sociali, poichè la famiglia da tempo non è più soltanto quella rappresentata nella pubblicità del Mulino Bianco (e anche la pubblicità se n'è accorta!);
la necessità che al solidarismo si sostituisca un più efficace approccio che sappia guardare e dialogare con quell'individualismo di massa generato e generatore della rivoluzione digitale.
Sono, questi, solo alcuni elementi di un intervento necessario e urgente a partire dalla e per la prossima campagna elettorale.
Forse la politica italiana dovrebbe guardare di più al mondo.
In un annuncio pubblicitario che ho letto su un settimanale alcuni giorni fa lo slogan era: "I nostri unici limiti stanno nella nostra immaginazione". E nel ritrarre vecchie macchine fotografiche l'annuncio proseguiva così: "Assistiamo ad un mondo d'innovazione che connette ogni utente con qualunque destinatario. C'è una tecnologia che si muove alla velocità della luce e ogni giorno è più veloce. Non abbiamo confini. Non abbiamo barriere. Non abbiamo limiti. Il nostro unico limite sta appunto nella nostra immaginazione.
E in un annuncio pubblicato a pagamento sul quotidiano "Il Foglio", convocando questa nostra Assemblea Nazionale, che ci deve portare verso il progetto politico elettorale del 2001, abbiamo scritto: "Politica è concepire il nuovo possibile. O non è".
Tra le due comunicazioni, la prima, più pubblicitaria e la nostra, più politica, ho trovato grandi affinità. E non per rispolverare vecchi slogans sessantottini sull'immaginazione al potere, ma perché sarebbe proprio il caso d'iniziare ad immaginare una politica che sappia guardare avanti.
Due secoli fa, Thomas Jefferson profeticamente diceva che "se in natura tutto può essere soggetto a dominio e possesso, c'è una cosa, le idee, che non possono essere possedute. Chi riceve un'idea da qualcun altro la fa sua - diceva Jefferson - ma non può mettere in ombra chi ha prodotto quell'idea. E' la forza delle idee che genera e crea. E il mondo diviene più ricco".
Care compagne, cari compagni,
abbiamo imparato che non ci sono limiti alle idee. Così come non ci sono limiti alla conoscenza. Ma possono esserci barriere alla libertà che esse, le idee, portano in sé.
E' su questa linea d'onda che la storia della civiltà e la nostra storia ha conosciuto le più grandi battaglie di progresso, di libertà e di diritto. E' sulla profonda convinzione che la libertà è al tempo stesso strumento ed obiettivo da raggiungere, che si sono fondate le grandi lotte di conquiste politiche e civili. E tutto questo è ancor più vero oggi, in un'era - come quella che stiamo vivendo - in cui la conoscenza ha trasformato, ad esempio, radicalmente, le regole fino ad ora note dell'economia e della società. In un'era in cui quel fenomeno noto come la rivoluzione digitale ha prodotto e sta producendo nuove e più avanzate istanze di libertà, di democrazia, di sviluppo.
LA CAMPAGNA ELETTORALE ON LINE
La nostra campagna elettorale potrà e dovrà essere, se ci riusciremo, una sfida dell'immaginazione, una sfida al superamento delle barriere poste dall'omologazione della vecchia politica.
Questa è stata storicamente la sfida per noi radicali. Oggi lo è con maggiore forza, proprio perché c'è la forza delle ragioni di molti anni di battaglie.
Siamo pronti ad eleggere 25 nuovi membri del Comitato di Coordinamento attraverso Internet, nelle modalità e nella procedura che la riunione del Comitato di Coordinamento successiva a questa Assemblea Nazionale deciderà. E' la prima volta che un partito politico realizza questa forma di elezione, almeno a nostra conoscenza.
Agli incontri di agosto e di settembre con i massimi dirigenti di Telecom Italia, di Telecom Italia Mobile (che nei giorni scorsi ci hanno mostrato il demo di una procedura di gestione del voto su liste concorrenti alle elezioni on line attraverso i telefonini); di Microsoft e di Ibm; del Kataweb di Repubblica, di Tiscali, si sono succeduti gli incontri con i responsabili di Virgilio e degli altri motori di ricerca e portali.
Abbiamo consolidato in queste settimane la procedura del software di gestione dei dati (che ci viene curata dalla società Marche on Line) che compaiono sul sito radicali.it.
Sito che abbiamo arricchito, in questi giorni, tra l'altro, con le ipotesi relative alla costituzione delle liste concorrenti, ove si decidesse per l'elezione dei 25 membri del nuovo Comitato il sistema proporzionale. E l'ipotesi delle liste concorrenti è soprattutto il tentativo di animare il dibattito attraverso internet. Vedere come si formano le liste, chi ne diventa capolista, qual è il loro programma.
Il problema che abbiamo è quello di guadagnare tempo, rispetto allo scadenzario che ci siamo dati, perché tutto questo sia conosciuto con quello che sapremo fare, con il danaro che dovremo trovare per alimentare questa campagna che è in corso. Perché questo esperimento diventi - sempre più - se ce la faremo - un evento politico.
Con i responsabili della società di Trento, Delta Informatica, che sta coordinando l'intero progetto della messa in rete della nostra organizzazione, abbiamo avviato la fase operativa degli investimenti necessari per l'adeguamento del software e dell'hardware e per l'adeguamento e il potenziamento dei requisiti strutturali, funzionali e di sicurezza del sistema informativo e di comunicazione.
Si concluderà, e sarà operativo tra due mesi, il progetto di ridefinizione del database; è in fase avanzata lo studio di fattibilità relativo alla creazione di un unico database di gestione delle e-mail; gli amministratori del sistema call center e del database, insieme al web-editor dei siti radicali garantiscano il monitoraggio dei frequentatori dei siti radicali e di coloro che si registrano per l'iniziativa delle elezioni on line e, a questo fine, nella sede di Torre Argentina è stata potenziata la struttura del Centro Elaborazione Dati che controlla la validità e la correttezza dei dati delle registrazioni.
Alla data dello scorso Comitato, il 10 settembre, le registrazioni erano 3.200. Oggi sono quasi 7.000. Negli ultimi 8 giorni gli accessi al sito HYPERLINK http://www.radicali.it www.radicali.it sono stati oltre 37.000 ed hanno prodotto circa 37.000 registrazioni. Di sicuro negli ultimi giorni centinaia di migliaia di persone su internet hanno letto i nostri messaggi.
Nello slogan "Io voto on line", che ha dato il via a questa iniziativa - lo ricorderete a ferragosto con Emma Bonino a Fontana di Trevi - c'era il senso di una sfida.
La scelta soggettiva e individuale di riappropriarsi della politica, di votare, usando uno strumento che annulla le barriere e le intermediazioni note alla vecchia politica.
L'accesso alla politica può e deve essere accesso alla libertà individuale e dunque all'assunzione di responsabilità e alla gestione della vita pubblica.
Si prepari la vecchia politica a vivere la sfida posta dalla nuova politica.
Noi radicali ne saremo lo strumento.
Potremo immaginare e concepire, forse, una campagna elettorale Internet based - come direbbero i più anglofili tra noi - che rappresenti, già nello strumento, obiettivi e scelte.
Certo, questa campagna va organizzata e integrata con i modelli di comunicazione tradizionali - e abbiamo già acquisito a tal fine preventivi di spesa relativi a investimenti diversificati - ma sarebbe di per se stessa rivoluzionante del modo di fare politica.
Il tentativo che stiamo perseguendo, quello di essere noi, impresa politica, gli editori di un fenomeno sconosciuto alla politica - far vivere, attraverso lo strumento internet - le speranze, le ragioni, le storie di coloro che vogliono e che si battono perché questo paese conosca le riforme necessarie in economia, nel lavoro, nella giustizia, nei rapporti tra Stato e cittadini, perché questo paese si apra al mondo e alla globalizzazione e non resti chiuso negli alvei di una politica che non dà nessuna risposta ai bisogni e agli interessi delle donne e degli uomini che lo abitano - è un tentativo - dicevo - difficile. Non c'è stato nulla di facile, del resto, nella lunga storia dei quasi 50 anni delle lotte e delle battaglie radicali. Ogni volta - come ci diceva Marco nell'ultima riunione - si è voluto "giocare" il possibile contro il probabile, sempre inventando e inverando cose nuove, nuove proposte, nuove forme di lotta e di organizzazione, nuove battaglie, nuovi percorsi, assecondando sempre e con determ
inazione il nostro fare politica all'esigenza delle regole della nostra vita interna.
Nuove forme di lotta e di organizzazione, dicevamo.
E quindi un nuovo statuto, che sarà compito della riunione di metà dicembre deliberare.
E poi l'idea del sorteggio (già praticata nella storia radicale nell'86, quando, con i diecimila iscritti, si passò ad una nuova dimensione del nostro stare insieme come forza organizzata ed il nostro Consiglio Federale fu sorteggiato tra gli iscritti di quell'anno), per far sì che altre 25 persone, insieme agli eletti on line e alle 25 personalità, siano chiamate a far parte del nuovo organismo dirigente del soggetto politico radicale.
I sorteggiati, gli eletti on line, gli attuali membri del Comitato, gli aderenti alla nuova Associazione, già costituita, e gli iscritti al nuovo soggetto politico (quando le iscrizioni saranno aperte, per il momento, in base alla procedura che sarà discussa, si iscriveranno i membri dell'attuale Comitato e i candidati alle elezioni on line) dovranno vivere politicamente anche attraverso internet.
IL PARTITO IN RETE
E' certo che organizzare il partito in rete presuppone alcuni inevitabili passaggi.
Già nell'ultima relazione al Comitato ho cercato di delineare un percorso.
Molte delle cose descritte in quella sede sono state avviate, altre devono essere definite, anche e soprattutto alla luce delle esigenze che quotidianamente pone la scelta di operare attraverso lo strumento internet.
Per non essere travolti da queste esigenze e per consentire che l'avvio di questo processo, che sicuramente comporta un rivoluzionamento anche del modo di lavorare e di operare, occorre a mio avviso basarsi anche su apporti strutturali e professionali adeguati.
IL PARTITO RADICALE ALL'ONU
Prima di avviarmi alla conclusione, non posso non ricordare che tra qualche giorno, il 18 ottobre, a New York, il Consiglio Economico e Sociale sarà chiamato a decidere sulla sospensione chiesta dalla Federazione Russa nei confronti della libertà di parola che come Partito Radicale abbiamo assicurato in questi anni, all'interno dell'ONU, alle voci libere negate in regimi totalitari o alle voci che si battono per il progresso dei diritti civili e umani. Ricordiamo che le accuse, indimostrate e indimostrabili, che la Federazione Russa ha scritto in un documento ufficiale sono quelle di "essere finanzianti dai narcotrafficanti, di essere pedofili e di aver dato sostegno al terrorismo". Falsificazioni, come quella della giornata di ieri.
In queste settimane cè stato un duro lavoro, svolto a New York, a Bruxelles, a Roma. Le adesioni raccolte a livello internazionale sono state numerose e prestigiose. Un ampio sostegno c'è stato in Italia a livello parlamentare.
Se il 18 sarà presa una decisione negativa, questa nuocerà ai disiidenti ed agli esuli di tutto il mondo, a tutti coloro che sanno di avere nel Partito Radicale Transnazionale uno strumento necessario a difesa della loro libertà e del loro diritto di parola. Dovremo valutare anche su questo che fare e semmai essere pronti a rilanciare la nostra iniziativa.
CONCLUSIONI
Care compagne e cari compagni,
potrei dirvi che non so proprio come concludere quest'intervento. Non sarebbe serio.
Ma sarebbe vero.
Di sicuro abbiamo mote cose da fare, da discutere, da decidere.
Siamo all'inizio di una nuova battaglia elettorale.
E allora decidiamo di esserci e di immaginare e concepire quello che abbiamo chiamato il nuovo possibile.
Grazie. Buon lavoro a tutti.