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Partito Radicale Marina - 24 gennaio 2001
Croazia/articolo sul seminario Tibet

Bruxelles: il radar del seminario dei TSG

L'IPOCRISIA DEL MONDO

La sopravvivenza di circa sei milioni di tibetani riscontra costanti pressioni, mentre l'ambiente soffre di una politica economica irrazionale, minacciato da grandi catastrofi. Le descrizioni della situazione che ci giungono dal Tibet hanno un aspetto pauroso.

"Slobodna Dalmacija", quotidiano, Spalato, 6 gennaio 2001

di Tonci Sitin

Al Parlamento Europeo a Bruxelles, su iniziativa dei membri del Partito Radicale Transnazionale, si sono riuniti alla fine dell'anno appena terminato rappresentanti di associazioni e varie organizzazioni di sostegno al Tibet provenienti da 29 paesi europei, tra cui anche il rappresentante della Croazia. Il motto del seminario ha sintetizzato la sua principale idea e motivo d'impegno: "Uno status di piena autonomia per il Tibet entro tre anni oppure riconoscimento internazionale del governo tibetano in esilio!".

Le ultime informazioni provenienti dal "tetto del mondo" non sono per niente confortanti, anche se esistono certe indicazioni che i cinesi tentano di stabilire rapporti con il Dalai Lama, nonche' la notizia del ritiro del famigerato commissario per il Tibet sostituito da un nuovo, come si dice, piu' liberale rappresentante del governo. Pero', finche' non vengono completamente chiarite l'attuale situazione e le iniziative intraprese, rimane una lunga lista di violazioni di diritti umani del popolo tibetano.

L'esistenza di circa sei milioni di tibetani riscontra costanti pressioni, mentre il verde ambiente naturale soffre di una politica economica irrazionale minacciata da grandi catastrofi. Le descrizioni dettagliate che ci giungono dal Tibet hanno un aspetto pauroso. La fonte di principali problemi e' di carattere politico. Le violenze della RP Cina e la resistenza del popolo tibetano vanno di pari passo ancora dall'invasione cinese del Tibet libero e autonomo nel 1949 e 1950.

Sin dall'inizio degli anni novanta, in Tibet, in quanto "zona economica speciale", vennero trasferiti migliaia di cinesi mentre i tibetani divennero minoranza nel proprio paese! Entro il 2002 si prevede che i cinesi in Tibet saranno circa 40 milioni di abitanti con la dominazione completa della loro lingua, religione e costumi trasformando il Tibet in tal modo da far diventare la loro cultura solo una materia di ricerche storiche.

Alla riunione, nel suo intervento di apertura dei lavori, Olivier Dupuis, segretario del Partito Radicale Transnazionale e membro del Parlamento Europeo, ha insistito sul collegamento della lotta per il Tibet con la lotta interna per la democrazia in Cina. Esiste il sostegno ai tibetani da parte del PE, ma e' importante che la loro lotta venga sostenuta da parlamenti nazionali. Bisogna, ha sottolineato Dupuis, smascherare l'ipocrisia che si manifesta nelle foto di vari capi di stato con il Dalai Lama, senza che dietro queste ci sia un sostegno alla sua legittima lotta. Per questo e' necessario un impegno quotidiano per il Tibet.

Thomas Mann ha parlato di esperienze nel lavoro dell'Intergruppo Tibet recentemente attivo al PE. L'Europa non ignora piu' i problemi del Tibet e ne sono dimostrazione le varie azioni e manifestazioni che si svolgono quasi quotidianamente.

Nel ricco dibattito particolarmente numerosi sono stati gli italiani e francesi intervenuti e che hanno parlato di vari esempi di sostegno alla causa tibetana nei loro paesi, richiedendo spesso di intraprendere un orientamento politico piu' forte verso i cinesi. L'obbiettivo del seminario e' stato innanzitutto quello di inquadrare il problema del Tibet in un piu' vasto contesto internazionale con dominante relazione rispetto alla violazione dei diritti umani, non solo in Tibet, ma anche in Kosovo, Timor Est, Mongolia ecc. Abbiamo sentito interessanti proposte sulla necessita' di una sistematica agitazione tra i cinesi, influsso sui rapporti economici con la Cina, sulla neccessita' di informare e aquistare il sostegno di parlamenti locali e regionali per la causa tibetana, problemi di paesi in transizione i cui governi curano buoni rapporti con la Cina, sul bisogno di insistere sul programma dell'autonomia, e non sull'indipendenza (Chhime Chhoekyapa), pericoli che riscontrano la lingua e il sentimento colle

ttivo (Claude Levenson, scrittrice svizzera)

Particolare entusiasmo dei partecipanti aveva suscitato l'arrivo e l'intervento di Wei Jingsheng, leader dell'opposizione democratica cinese. Lui ha avvertito del blocco sui media che ostacola la cognizione della verita' sul Tibet in Cina e che la lotta contro il regime totalitario deve avere un buon senso. Le autorita' cinesi non permetteranno facilmente nessun cambiamento e per questo e' ancora piu' indispensabile ottenere qualcosa con forti pressioni dall'estero. Soltanto una costante e ben condotta azione puo' essere garante di successo contro la dura Pechino.

In questa occasione e' stata sostenuta l'iniziativa del Parlamento Europeo sul possibile riconoscimento del governo tibetano in esilio nonche' l'idea del sindaco di Brinacon di issare la bandiera tibetana per la campagna di una piena autonomia per il Tibet. I membri dei vari TSG inizieranno fra poco a impegnarsi presso i loro parlamentari nazionali per sostenere la lotta del popolo tibetano. E' in corso l'organizzazione di una grande manifestazione per il 10 marzo 2001 a Vienna.

Continuano altrettanto le ben note azioni che chiedono di issare la bandiera tibetana sui palazzi dei consigli comunali e l'obiettivo e' quello di ottenere l'adesione di almeno 1000 citta' europee mentre particolare attenzione viene data all'apertura di un dialogo per rafforzare la democrazia e lo stato di diritto in Cina, nonche' il suo rapporto verso il Tibet, Mongolia del sud e Turkestan orientale.

L'apertura dell' "Euro-Tibet forum" garantirà, grazie alla rete Internet, un collegamento piu' efficace di tutte le organizzazioni di sostegno al Tibet mentre i gruppi di lavoro per i rapporti economici analizzeranno l'efficacia dei rapporti economici tra la Cina e le ditte europee.

La questione tibetana non e' soltanto una questione di diritti umani bensi' di una cultura storica, dell'ambiente, della decolonizzazione e una sincera politica nonviolenta. Il Dalai Lama crede in una soluzione pacifica tra i cinesi e i tibetani, lui si fida della nonviolenza che dovrebbe assicurare un reciproco rispetto, amicizia e buoni rapporti tra vicini. Quello di cui il Tibet e i paesi dove vengono violati i diritti umani hanno bisogno sono la speranza e sostegno e una grande compassione grazie al quali ogni attivita' umana diventa piu' vantaggiosa.

 
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