"ANTIMAFIA? ANTIPROIBIZIONISMO!"San Patrignano, 26-27-28-29 Gennaio 1995
APPELLO AI SINDACI
Il Congresso del CORA rivolge un appello ai partecipanti al Convegno internazionale dei Sindaci progressisti, perché valutino l'opportunità di ridiscutere le attuali politiche sulla droga, sulla base delle considerazioni contenute nel documento allegato.
Le attuali politiche sulla droga, sul piano europeo, con poche e lodevolissime eccezioni, riflettono ancora, non solo giuridicamente ma anche culturalmente, i dogmi ed i tabù delle Convenzioni internazionali sulle droghe; nessuno, in realtà, ignora i limiti e gli svantaggi di un sistema proibizionista, primo fra tutti, per gravità, quello di non essere un sistema efficace ed adeguato ai propri obiettivi - la limitazione della diffusione e dell'uso delle sostanze proibite -, nonostante l'altissimo grado di efficenza che gli apparati repressivi hanno maturato nel corso dei decenni. E' evidente a chiunque che il progressivo perfezionamento degli istituti della repressione, in ciascun Paese e sul piano internazionale, ha coinciso con una crescita esponenziale del potere di condizionamento politico, sociale ed economico che le narcomafie sono in grado di esercitare; con un aumento della diffusione d ella stessa tipologia delle droghe illegali; con il dilagare dei fenomeni di microcriminalità e dei problemi social
i e sanitari connessi all'uso illegale delle sostanze proibite.
In realtà, la politica della "guerra alla droga" si è alimentata sempre più dei propri fallimenti.
Ciò che la gran parte degli Stati europei non riesce a concepire e, più ancora, ad accettare è un'alternativa praticabile al'attuale regime proibizionista; di questa esigenza, peraltro, si sta convincendo una parte consistente dell'opinione pubblica internazionale; questa alternativa, in realtà, non costringe gli Stati ad abdicare al proprio impegno ed alla propria responsabilità ad operare per limitare la diffusione delle sostanze ed i danni connessi all'uso delle droghe proibite; suggerisce, al contrario, l'ipotesi (che nelle società democratiche dovrebbe costituire un'opinione diffusa e caposaldo della convivenza civile) che gli strumenti del diritto, della legge, della regolamentazione prudente ed attenta dei comportamenti dei cittadini (anche dei più rischiosi) siano più adeguati a "governare" i fenomeni e le emergenze sociali, a ridurre e contenere i fattori di rischio, di quanto non riescano ad esserlo le armi della proibizione e della punizione.
Il proibizionismo, già nei propri presupposti, è un'arma "impropria": ha in sé stesso il limite di ridurre le politiche sulla droga in politiche di repressione criminale.
Alcune città europee, raccolte attorno ad un documento programmatico detto "Risoluzione di Francoforte", in questi anni hanno iniziato ad avanzare istanze di liberalizzazione (nel senso di una trasformazione in senso liberale) delle politiche sulle droghe, nella convinzione che all'interno del paradigma repressivo, non esista spazione sufficiente per realizzare politiche sociali e sanitarie rivolte alla popolazione tossicodipendente.
Da queste considerazioni deriva la convinzione della necessità di una prima riforma essenziale di quel proibizionismo assoluto che sfocia nella limitazione del diritto alle cure ed alla salute e, nella sostanza, alla vita ed alla normalità dei tossicodipendenti; questa alternativa - comunemente definita di "riduzione del danni" - rappresenta il primo tentativo, necessario, ma in sé non sufficiente, di una ridiscussione dell'intero impianto del regime proibizionista.
D'altra parte, l'iniziativa internazionale del Partito Radicale ha portato all'elaborazione di un testo di revisione delle convenzioni internazionali sulle droghe che consentirebbe, in tempi brevissimi, qualora venisse accolto dalla comunità internazionale, la radicale conversione in senso democratico delle politiche sulla droga.
La capacità di affrontare in chiave di diritto, libertà e responsabilità i problemi delle droghe va acquisito da parte della comunità internazionale come dato di forza, maturità e consapevolezza.
Contrapporre la ragionevolezza "creativa" e l'intelligente prudenza delle leggi alla demagogia e alla retorica di un sistema fallimentare è quasi imposto dalla bancarotta sociale, politica e "militare" del proibizionismo.
In questo quadro, la legalizzazione delle sostanze attualmente proibite comporterebbe innanzitutto una riduzione dei profitti criminali, un'accresciuta capacità di intervento e di mobilitazione delle risorse - umane e finanziarie - investite inutilmente, in ciascun Paese e sul piano internazionale, nell'opera di repressione; nella sostanza consentirebbe di riconquistare e ripristinare legalità, laddove il proibizionismo ha imposto una guerra infinita, costosa, inutile e dannosa.