Firenze, 21 giugno 1996
E' TEMPO DI SMANTELLARE IL SISTEMA MONDIALE DEL PROIBIZIONISMO CON L'INTERVENTO DELLO STATO DI DIRITTO: LEGALIZZARE E REGOLAMENTARE LA PRODUZIONE, IL COMMERCIO E IL CONSUMO DELLE DROGHE PER CONTROLLARLE MEGLIO.
L'ex Procuratore della Repubblica del Tribunale di Grande Istanza di Valence (Drome-Francia), Georges APAP (oggi Procuratore a Lyon) nel gennaio del 1989, durante l'apertura dell'anno giudiziario, con una frase ebbe a sintetizzare tutto il problema: "LA DROGA NON E' VIETATA PERCHE' E' PERICOLOSA, MA E' PERICOLOSA PERCHE' E' VIETATA". Il denaro, profitto della droga, alimenta infatti la criminalità e questa alimenta il mercato della droga stesso. Nel mondo occidentale, il traffico della droga viene indicato come l'origine della grande maggioranza dei reati penali (fino all'80% delle procedure aperte per furti, scippi, rapine e omicidi). Ogni anno sono milioni nel mondo le vittime di una violenza insensata, che non appartiene alla natura né della droga né dei drogati, ma ad una necessità imperiosa di denaro richiesto dal commercio proibito della droga. Una somma oscillante fra i 300 e i 500 miliardi di dollari si riversa ogni anno nelle casse delle organizzazioni criminali internazionali che, a sua volta, in
vade gli istituti della società civile, il mercato finanziario (attraverso le banche e la Borsa), le attività economiche legali divenendo così ricatto per le istituzioni sociali, economiche e politiche dei Paesi fino ad averne anche la complicità, per corruzione o forzata.
Una valutazione onesta, che consideri obiettivamente i risultati della lotta al traffico degli stupefacenti non può portare che ad una conclusione : il proibizionismo è un fallimento disastroso.
Le droghe, infatti, sono maggiormente diffuse per le strade e le prigioni vengono affollate di drogati inoffensivi ai quali la legge proibizionista e repressiva contribuisce enormemente a spezzare, distruggere, marchiare la vita futura. In effetti il mercato clandestino della droga cerca, riuscendovi, di controllare tutti i risultati del proibizionismo.
Le quantità di droghe sequestrate dalle autorità rappresentano al massimo il 20% del mercato di diffusione. Significa, quindi, che circa l'80% (se non di più) del commercio degli stupefacenti è totalmente libero con prezzi che superano di mille volte le somme versate ai coltivatori asiatici o dell'America Latina, come nel caso dell'eroina. In questo caso il proibizionismo verso il consumatore non impedisce né rallenta i grossi profitti delle organizzazioni mondiali criminali.
Applicata da 75 anni, la proibizione delle droghe leggere si è rivelata incapace di raggiungere i suoi obbiettivi: sopprimere il traffico delle droghe e preservare la salute dei cittadini innanzi al flagello della tossicodipendenza. Proibendo il commercio delle droghe, lo Stato si è introdotto in un vicolo cieco. Infatti il proibizionismo gli ha tolto, di fatto, le armi indispensabili al suo ruolo di mediatore, di controllore sociale e di garante delle leggi. Un ruolo che consisterebbe per l'occasione a ridurre l'attrattiva del guadagno nei produttori e nei distributori, a promuovere efficacemente la prevenzione dei rischi legati all'uso abusivo delle droghe, a migliorare la salute pubblica assicurando ai tossicomani il diritto alle cure. Infatti numerosi cittadini che lo Stato dovrebbe proteggere, soprattutto i più giovani od i più socialmente o psichicamente fragili sono invece le vittime predestinate dal proibizionismo e del proibizionismo stesso facendo sì che la guerra alla droga si sia invece trasforma
ta in guerra ai drogati. Eppure nessun governo ha avuto fino ad oggi il coraggio di modificare la politica di repressione penale del consumo e del commercio delle droghe, adottata con il massimo del rigore a partire dal 1961 - anno della convenzione ONU di New York. Ma questo è logico, poiché proseguire in una politica proibizionista oltre a giustificare il passato e quindi non ammettere un fallimento del proibizionismo stesso, consente anche di conservare gli eccezionali privilegi economici e di status che le organizzazioni sovranazionali ed i singoli Stati assegnano ai professionisti dell'antidroga, altra casta.
Ma l'incoerenza più importante delle leggi proibizioniste si afferma laddove si effettua il paragone tra la legalità del tabacco e dell'alcool, responsabili ogni anno di centinaia di migliaia di morti, ed il divieto assoluto della marijuana e dell'hashish, certamente meno tossici.
Il ricorso a sostanze euforizzanti è storia di tutti i paesi e di tutti i tempi. Ed è anche storia giuridica che tutte le società hanno fatto delle leggi per gestire questo uso e limitarne i suoi inconvenienti. In Nord Africa ed in Medio Oriente viene fumata la cannabis, nelle Ande i contadini masticano coca, gli yemeniti prendono il khat, alcune tribù d'America utilizzano la mescalina nelle loro cerimonie e spesso dimentichiamo che le autorità francesi avevano creato in Indocina il "Monopolio dell'oppio". Ovunque un equilibrio si era stabilito tra il costume, le leggi ed il consumo.
Nel mondo di oggi si cerca, vanamente, di raggiungere questo equilibrio almeno per le sostanze etichettate come droghe.
L'uso spontaneo dell'oppio, della coca, della cannabis o dei loro derivati può essere creativo oppure palliativo per cercare di rispondere a problemi personali. La sua repressione non ne ha bloccato il consumo. Anzi ne ha dato un nuovo impulso e lo ha reso più pericoloso. La chiusura delle fumerie di oppio in Asia ha senz'altro preparato l'esplosione del traffico di eroina. Mentre in Europa non si masticano foglie di coca ma si "sniffa" la cocaina.
La legalizzazione della produzione, commercio e vendita delle droghe oggi proibite, dalla marijuana all'eroina alla cocaina, avrà l'effetto di equiparare queste sostanze a droghe già legalizzate - almeno in molti paesi - come l'alcool (dal vino ai superalcolici) ed il tabacco. Il loro prezzo diminuirà del 99% e sarà compito dello Stato fissare delle tasse adeguate per scoraggiarne il consumo e garantirne al tempo stesso la qualità, in modo da ridurne al minimo gli effetti dannosi, compresa l'infezione da AIDS o altre malattie. Ed in questo modo anche le organizzazioni mondiali criminali subiranno una sconfitta, perdendo d'un tratto la fonte essenziale della loro ricchezza e la causa della loro invincibilità.
Nello stesso tempo la legalizzazione cancellerà immediatamente la ragion di essere di milioni di atti di violenza compiuti ai danni di persone, per lo più deboli e indifese. Libererà le forze dell'ordine e la magistratura dal peso di questi reati dando automaticamente ad esse efficienza e capacità di intervento e tutela della sicurezza della cittadinanza. Renderà anche disponibili somme enormi, attualmente spese in un inutile "caccia ai drogati", per campagne di informazione, dissuasione e per il recupero dei tossicomani.
Ma il proibizionismo non minaccia solamente la salute e la sicurezza pubblica. Gli enormi profitti che ne traggono le organizzazioni criminali fanno sì che queste, attraverso la corruzione e le minacce, mettano in gioco il processo democratico, l'integrità dei responsabili e la dignità delle istituzioni. Non è quindi azzardato dire che è tempo di smantellare il sistema mondiale della proibizione per salvare la democrazia mondiale stessa, poiché è nella proibizione che l'organizzazione criminale trova i suoi profitti ed è con questi che essa riesce a trovare complici negli apparati dello Stato per proteggersi.
E' tempo di rilanciare quindi, e questo vertice è luogo adatto, il dibattito sulla proibizione delle droghe in generale. Questi problemi riguardano tutti i Paesi Europei, come tutti i Paesi Occidentali e no. Riguardano l'insieme dei cittadini di tutto il Mondo.
Richiedendo quindi una revisione della legge del 1921 sul traffico degli stupefacenti, come richiedendo un contesto legale dei circuiti di distribuzione delle droghe , quale potrebbe essere la costituzione di un "Monopolio di Stato" che arrivi a controllarne anche un approvvigionamento, è il mezzo migliore per combattere una criminalità sempre più ricca, più' potente, più violenta che si nutre di sostanze i cui prezzi sono gonfiati dalle leggi della proibizione. Le droghe illegali hanno creato, attraverso l'illegalità che le regolamenta, dei danni considerevoli per lo Stato, per gli Stati, per la società e per i cittadini. La dimostrazione della giustezza di queste affermazioni è purtroppo chiara e lampante: la droga che circola liberamente nelle strade del mondo, la droga del denaro sporco e delle organizzazioni criminali, le rapine i furti e gli scippi, la droga della morte per overdose o di AIDS. Questa è la droga vietata!
Non si tratta più quindi di discutere circa l'efficacia del proibizionismo: abbiamo già visto i suoi effetti reali e pericolosi. Né si tratta di discutere sulla legittimità del proibizionismo stesso: riguardo ai valori che fondano lo Stato democratico, esso non ne dispone di alcuna. Neanche si tratta d'accettare né ancor meno di promuovere le droghe ma di dotare, invece, lo Stato democratico dei mezzi di governare un fenomeno sociale di una grandezza e di una gravita sempre più' crescenti. Non possiamo più accettare leggi che condannino i nostri concittadini, soprattutto i più giovani, a diventare dei criminali quando acquistano delle droghe, obbligandoli ad indirizzarsi a spacciatori che li sfrutteranno senza alcuno scrupolo. Il proibizionismo e le sue leggi sono criminali, criminalizzatrici e criminogene! Affidare allo Stato il controllo e la regolamentazione della vendita e dei prezzi, della qualità e delle rivendite delle droghe è uscire, di fatto, dal traffico della clandestinità della vendita libera de
lle droghe. E' solamente a questo punto che si potrà raggiungere facilmente i consumatori abituali od occasionali, restaurare i loro diritti individuali, il loro accesso alle cure ed il reinserimento sociale. La legalizzazione controllata metterà immediatamente fine al proselitismo economico degli utilizzatori, principale fattore dell'aumento del consumo, soprattutto fra i giovani; ugualmente i pericoli intrinsechi delle droghe saranno molto inferiori se non annullati a confronto di quelli che provengono dalla distribuzione e vendita libera illegale ed ancora con la legalizzazione si permetterà ai consumatori abituali delle droghe (oggi in clandestinità) di uscire alla luce separandoli così, di fatto, dal mondo della criminalità e potrà esser tenuto loro un discorso preventivo efficace, credibile ed indirizzato sui rischi e gli inconvenienti delle droghe, offrendo loro l'aiuto di cui hanno bisogno, grazie a delle strutture adeguate ed aperte a tutti.
In conclusione e riferendosi appunto a Paesi che già da anni hanno adottato una attitudine tollerante (come l'Olanda, dove lo Stato - da tempo - ha organizzato lo sviluppo di filiali di distribuzione controllate di cannabis attraverso i "coffee shops" senza suscitare un aumento del consumo delle droghe e limitando i disturbi sanitari che vi sono associati - ed oggi ha chiesto all'ufficio narcotici dell'O.N.U. di prendere in carico la distribuzione dell'eroina, volendosi così attaccare al problema della tossicomanie degli eroinomani per meglio controllare il suo effetto e limitarne le conseguenze nefaste - principalmente la criminalità nella quale cadono i tossicomani per procurarsi la dose, la turbativa dell'ordine pubblico ed un controllo sanitario più sistematico; in Svizzera a Zurigo - progetto in fase di richiesta d'autorizzazione - ed in Inghilterra a Liverpool dove la distribuzione dell'eroina è legalizzata - permettendo cosi' un controllo e cure mediche per i tossicomani dipendenti), il proibizionismo
si fonda su convenzioni internazionali che devono essere denunciate al fine di arrivare al raggiungimento di due obiettivi primari:
1. la depenalizzazione della semplice detenzione e consumo delle droghe;
2. l'organizzazione legale di un circuito di distribuzione delle droghe controllato dallo Stato.
"Il costo della guerra alla droga è di gran lunga più pesante, nelle sue diverse manifestazioni, di quello di una liberalizzazione delle droghe che fosse associata ad una seria politica educativa. Negli ultimi trent'anni abbiamo assistito ad una riduzione sostanziale del consumo di tabacco: e questo non perché il tabacco sia diventato illegale, ma perché una comunità cosciente ha cominciato a rendersi conto, in massa, delle conseguenze dannose del tabacco sulla salute".
William F. Buckley jr.
"Solamente un cambiamento radicale di strategia toglierà alle droghe vietate ila loro valore economico artificialmente esorbitante, apporterà' un colpo fatale alla criminalità organizzata e permetterà di effettuare una politica efficace di prevenzione della tossicomania".
Marco Pannella
PARTITO RADICALE - ARPA, associazione radicale pensiero e azione.
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