di Carmelo Palma (Direzione del CORA-Coordinamento radicale antiproibizionista)L'Opinione, 18 luglio 1997
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Il senatore Alessandro Meluzzi ha chiesto ufficialmente negli scorsi giorni che Forza Italia assuma una linea comune sui temi della droga e che in qualche modo si dissoci dai propri esponenti (che non sono numerosi ma prestigiosi) che continuano a sostenere proposte antiproibizioniste.
Meluzzi, quando parla di droga, va per le spicce: i proibizionisti sarebbero i veri liberali perche' sosterrebbero la "liberta' dalla droga" (cioe' la "vera" liberta'), gli antiproibizionisti no perche' la "liberta' di drogarsi" sarebbe una "falsa" liberta'. Grandi questioni di principio, come si vede...
Ma puo' una forza politica liberale accettare di ridurre a questi termini la propria riflessione sull'efficacia e sui costi di politiche - quelle proibizioniste, per l'appunto - che sono state ampiamente sperimentate e hanno dato ovunque risultati fallimentari? Puo' ridursi, insomma, Forza Italia ad essere "liberale" cosi' come da decenni la sinistra italiana si ostina ad essere "sociale", sostenendo cioe' politiche che in nome di alti principi consegnano concretamente, ogni giorni di piu' la societa' alla merce' di questi "mostri" (la disoccupazione, la miseria) che si vorrebbero combattere e abbattere? Puo' la politica - a maggior ragione se liberale - indulgere ad una visione puramente simbolica e declamatoria del proprio ruolo e della propria responsabilita'?
Per altro verso (e non e' un discorso meno importante rispetto allo statuto e alla vita interna di un partito che, per non essere come gli altri, rischia di essere peggiore o di rinunciare ad esistere): davvero Forza Italia avrebbe qualcosa da guadagnare dalla compattezza che Meluzzi invoca? Davvero sarebbe un gran passo quello dal "cesarismo", come alcuni denunciano, al centralismo democratico?
Gli antiproibizionisti, anche all'interno di Forza Italia, invitano a rinunciare ad alcune illusioni ed a riflettere su di un pericolo.
Le illusioni (quanto mai contraddette dai fatti) sono
a) che si possa ridurre al circolazione ed il consumo delle sostanze proibite con misure che ne accrescano il valore di mercato e quindi ne incentivino la diffusione
b) che si riesca ad arginare il fenomeno conferendo maggiore potere alle forze di polizia e contando sull'efficacia deterrente di un sistema di pene che, per quanto dure, funzionano solo come meccanismo di selezione o di ricambio fra le organizzazioni criminali
c) che si possa contrapporre e sostituire la forza di un potere collettivo e statale (composto da giudici, poliziotti, medici, psicologi, preti, predicatori e guaritori) alla debolezza delle convinzioni e delle responsabilita' individuali.
Il pericolo e' quello di continuare ad esporre l'intera societa' agli esiti di un fallimento.. Quale reato di "lesa maesta' liberale" vi e' nel sostenere che il costo che verrebbe imposto alla societa' da una capitolazione "simbolica" - vale a dire dalla legalizzazione delle droghe oggi proibite - sarebbe di gran lunga inferiore e dunque preferibile ai costi sanitari, sociali, economici e criminali che il proibizionismo quotidianamente riversa nella vita degli individui e degli Stati?
A questo argomento (niente affatto scandaloso) si potra' anche rispondere come Bertinotti farebbe nei confronti di chi metta in dubbio i capisaldi della "Stato sociale": denunciando non gia' l'inefficacia delle proposte alternative, ma la perversa intenzione di quanti le promuovano.
Chi sostenga che legalizzare le droghe proibite - per ridurre il valore commerciale - significhi volerne accrescere o facilitare il consumo, usa un argomento di dignita' pari a quello di chi denunci che legalizzare i licenziamenti - per semplificare il mercato del lavoro - significhi volere che la disoccupazione dilaghi.
Proprio per questa ragione c'e' da augurarsi che divenga sempre piu' difficile per un liberale (o per una persona di buon senso e di buona volonta') rassegnarsi ad un futuro che ci riservi tanto altri decenni di welfare all'italiana, quanto un altro secolo di "amministrazione liturgica" dei problemi di droga.