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Radio Radicale Roberto - 31 luglio 1997
LA DROGA E IL DIRITTO FRA LE "CORTI" E I PARLAMENTI
L'Opinione, 31 luglio 1997

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La Corte di Cassazione, a sezioni riunite, ha negli scorsi giorni ribadito una serie di orientamenti giurisprudenziali che confermano - al di la' di ogni ragionevole dubbio - che la legge italiana sulla droga fa, letteralmente, schifo; e non per colpa dei giudici della Cassazione, da cui comunque ci si sarebbe potuti attendere una interpretazione meno burocratica e paradossale delle norme repressive, ma a cui va, paradossalmente, riconosciuto il merito di avere evidenziato come la "via italiana" al proibizionismo sia quella della totale incertezza del diritto.

In Italia, si e' giunti a stabilire per legge (ed a confermare per sentenza) che e' reato la "cessione gratuita di droghe", ma non e' punibile la cessione di sostanze proibite, quando queste siano non solo consumate "in gruppo", ma siano state collettivamente acquistate; insomma, chi regala una "canna" ad un amico e' uno spacciatore, mentre chi pretenda di esserne almeno in parte ripagato non e' passibile di sanzioni penali. Inoltre, si e' confermato che i consumatori abituali di cannabis (che, come tutti sanno - anche i giudici della Cassazione, o quelli della Consulta - acquistano in genere grande quantita' di sostanze per risparmiare sul prezzo unitario delle dosi, come le casalinghe fanno con i detersivi) sono un po' piu' spacciatori, se poveri, e un po' meno, se ricchi. Il reddito costituirebbe insomma un indizio significativo di innocenza o colpevolezza. E saremmo alla reintroduzione involontaria della "giustizia di classe".

La Cassazione ha deluso la speranza di quanti pensavano che la riforma delle leggi sulla droga potesse ottenersi per via giurisdizionale. Il solo aspetto positivo di questa sentenza e' dunque quello di far crollare - e per sempre - gli alibi di quanti, dall'interno dello stesso mondo politico, hanno continuato a contare piu' sulla benevolenza dei giudici che sulla responsabilita' dei legislatori.

Se non si riforma radicalmente il sistema sanzionatorio, e non si da', in via legislativa, attuazione al risultato referendario del 1993 - che stabili', in modo inequivocabile, che il consumo personale di droga non e' punibile e che dunque non e' punibile qualunque atto che rientri direttamente nella sfera del consumo individuale o di gruppo di droghe proibite -, l'ambiguita' della legge continuera' a giustificare, secondo un filo di folle ma perfetta coerenza, una giurisprudenza pericolosa: soprattutto, continuera' pero' a non tutelare nulla: ne' il rispetto della legalita', ne' il rispetto dei diritti dei cittadini (consumatori di droga o no) a cui non puo' essere mai richiesto, e tantomeno in questo campo, di imparare a destreggiarsi fra una miriade di norme e di interpretazioni contraddittorie.

Una legge come quella sulla droga e' pericolosa di per se', anche - ed e' tutto detto - a prescindere dalle sue conseguenze; e' piena di tranelli, e, insieme, di vie di fuga. E' una manna per i furbi e una tagliola per i fessi. E' un insieme di "comandamenti", la cui amministrazione e' affidata alla cura "sacerdotale" di caste, che la interpretano in modo assolutamente discrezionale e casuistico. Si possono fare innumerevoli esempi: chi coltivi una piantina di cannabis sul balcone e' sanzionabile penalmente; chi importi 30 grammi di hashish puo', alternativamente, ed in modo del tutto casuale, farla franca o beccare 4 anni di galera; un padre che regalasse uno spinello al figlio, sarebbe, come la Cassazione ha stra-confermato, responsabile di "cessione gratuita" e dunque di un reato, mentre un pusher furbo potra' riuscire a dimostrare che le dosi vendute a 2 amici erano in realta' l'oggetto di un acquisto comune.

La riforma della legge sulla droga e' non solo auspicabile, ma necessaria: una misura di igiene civile e giuridica. Dunque, non ha piu' alcun senso che "gli avversari" politici della repressione continuino a stigmatizzare le sentenze delle "corti" ed a coprire i silenzi dei parlamenti.

Al momento, le sole tappe certe di questo non piu' differibile processo di riforma sono, per l'appunto, "processi": quelli che vedranno entro l'autunno condannati quei militanti radicali e riformatori, che hanno "spacciato droga"; che hanno cioe' compiuto azioni di disobbedienza civile dando corpo, ormai 2 anni fa, a quelle contraddizioni che - come si evince in modo sempre piu' evidente - compromettono la stessa immagine e rispettabilita' della legge sulla droga.

Ancora una volta, sui temi dei diritti civili, la nonviolenza e la disobbedienza civile finiranno per dimostrarsi la via piu' adeguata, urgente e prudente per le riforme .

Che il proibizionismo "droghi" il diritto e le leggi e' cosa che molti, anche fra i proibizionisti, sanno ed accettano da tempo come una dolorosa necessita'; ma il gioco dovrebbe almeno valere la candela. Dovrebbe dare, in qualche modo, "buoni risultati". Non e' che i carri armati del proibizionismo possano all'infinito essere utilizzati per interrompere e punire gli "atti impuri" dei consumatori cretini. Non so fino a che punto un paese possa , coprendosi di ridicolo, continuare ad affogare nel bicchiere d'acqua del moralismo, fingendo di sfidare il mare della criminalita'.

Carmelo Palma

(CORA-Coordinamento radicale antiproibizionista)

 
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