di Carmelo Palma - L'Opinione, 20 settembre 1997--------------------------------------------------------------------------------
"La VII sezione penale del Tribunale di Roma dichiara Marco Pannella colpevole del delitto ascrittogli e, ritenuto il fatto di lieve entita' ai sensi di del 5 comma dell'articolo 73 del DPR 309/90, ...lo condanna a quattro mesi di reclusione e lire 2 milioni di multa". Cosi', alle 11 di ieri mattina si e' concluso il primo dei processi "per droga" a Marco Pannella: quello relativo alla distribuzione di 137 grammi di hashish effettuata nell'agosto del 1995 da Pannella (in concorso con Rita Bernardini, Benedetto della Vedova, Paolo Vigevano, Mimmo Pinto e Vittorio Pezzuto, all'epoca dei fatti dirigenti del Movimento dei Club Pannella-Riformatori) nel corso di una manifestazione politica a Porta Portese.
Il pm Giovanni Salvi aveva richiesto 5 mesi di reclusione e 1 milione di multa: una pena di gran lunga piu' mite di quella prevista dal comma 1 dell'art.73 (dai 2 ai 6 anni). Secondo la pubblica accusa, le modalita' dell'azione e la natura politica dell'iniziativa - che, come gli stessi testi dell'accusa hanno confermato, era stata preventivamente notificata alle forze di polizia e all'autorita' giudiziaria - giustificavano l'inquadramento del reato nella fattispecie prevista dal comma 5 dello stesso articolo e quindi la riduzione di pena prevista dalla legge sulla droga per i "fatti di lieve entita'". La corte ha recepito dunque questa impostazione ed ha disposto che la pena - che diverra' esecutiva fra 15 giorni se Pannella non interporra' richiesta di appello - sia commutata in 8 mesi di "liberta' controllata". Pannella non puo' infatti avvalersi della sospensione condizionale della pena a causa di due precedenti penali, per reati di oltraggio alle forze armate e di diffamazione (nell'ambito del "caso Br
aibanti").
Pannella - la cui posizione era stata precedentemente stralciata da quella degli altri imputati e che, a loro differenza, era assistito da un difensore di ufficio, il dottor Giorgio Tamburrini - ha rinunciato ad esercitare i diritti alla difesa, come aveva gia' annunciato in una lettera alla Corte: non ha richiesto testimonianze di parte, ne' consulenze tecniche e il suo legale ha rinunciato al controinterrogatorio dei testi dell'accusa. Interrogato nella precedente udienza, Pannella aveva riconosciuto e ammesso tutti i fatti contestati ed aveva motivato la sua rinuncia alla difesa rivendicando il proprio diritto ed interesse ad un giudizio rapido ed uguale a quello a cui migliaia di persone sono ogni anno sottoposte per violazione della legge sulla droga.
Nella sua lettera aperta ai giudici, il leader antiproibizionista aveva infatti richiesto che nei suoi confronti fossero semplicemente "applicate le leggi: cosa necessaria e conveniente comunque - aveva scritto Pannella - anche se queste possono apparire ingiuste alla coscienza di uno od anche dei piu'; anche se occorre riformarle, ma non gia' 'interpretarle' fino a rendere sentenza di innocenza a chi la legge vorrebbe colpevole". Ieri, rendendo una dichiarazione spontanea prima che la Corte si riunisse in camera di consiglio ha ribadito - insieme alla stima e all'apprezzamento per i giudici - di considerare e di volere che si considerasse la "motivazione politica" del reato un'aggravante e non gia' una attenuante ed ha annunciato l'intenzione di proseguire e perfezionare la strategia nonviolenta di attacco alla legge sulla droga. Congedandosi dai giudici, ha ammesso di essere "quasi imbarazzato, ma costretto a continuare ad essere ospitato nelle aule giudiziarie sino a che non si porra' rimedio ad una legi
slazione folle e criminogena, che riversa ogni anno migliaia di persone nelle galere e che consegna alla paralisi ed all'impotenza forze di polizia e amministrazione giudiziaria".