Il Corriere della Sera, Roma 12 Agosto 1995Roma - L'hanno chiamata la "via crucis del Duemila". Il loro obiettivo è che l'Esperanto venga adottato come lingua federale europea, grazie alla quale abbattere le "barriere della comunicazione" nel vecchio continente, sconfiggere "la sopraffazione delle lingue egemoni", evitare la "scomparsa di oltre cinquemila idiomi e sconfiggere la guerra". Per questa l'Associazione radicale "Esperanto" ha organizzato ieri a Roma una manifestazione che, dalla sede del partito radicale, ha toccato le redazioni di tutte le testate giornalistiche. I partecipanti lamentano il "grave ed omertoso silenzio" degli organi di informazione sul tema dell'adozione di una lingua comune europea ed in segno di protesta hanno portato in dono ai direttori una croce di tre metri per due, chiedendo di aderire all'appello. Il manifesto è stato già firmato da esponenti del mondo politico (Pannella, Bertinotti, Maiolo), da personaggi della cultura e dello spettacolo (De Crescenzo, Pupi Avati, Tony Binarelli), e anche dal premio Nobel '94 per
l'economia, Reinhard Selten. L'associazione ritiene che un idioma "transnazionale" possa evitare l'egemonia di alcune lingue, che porta con sé un processo di "rinazionalizzazione dell'Europa": "Da Bruxelles a Sarajevo è più che mai necessario porre non un argine, ma un'alternativa a questo pericolo". L'Esperanto, inoltre, è anche un rimedio agli enormi costi causati dal multilinguismo: "Una stima dei costi della non Europa - è scritto in uno studio elaborato dall'associazione - oscilla tra i 250 e i 390 miliardi di lire". Un esempio? "Le attività industriali e commerciali nello spazio europeo danno luogo annualmente ad un lavoro di traduzione rapportato a 660 milioni di pagine". Verrebbero abbattuti anche i costi connessi al funzionamento degli apparati politici ed amministrativi dell'Unione Europea, calcolati per il solo 1990 a "1325 miliardi di lire".