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Agora' Agora - 9 novembre 1994
I RIFORMATORI DI PANNELLA E LA FINANZIARIA

Domenica 28 ottobre i militanti dei Club Pannella-Riformatori hanno sfilato per le strade di Roma chiedendo che venisse ripristinata la verità sulla finanziaria e sfidando chi aveva parlato di "massacro sociale" a svelarne gli elementi, sempreché gli fosse riuscito. E la verità sulla finanziaria, a nostro avviso, non può prescindere dalla verità sulla Finanza Pubblica: 2 milioni di miliardi di debito pubblico (130% del PIL, 300 milioni in più ogni minuto), 175.000 di spesa per soli interessi ogni anno (550 miliardi delle nostre tasse che se ne vanno ogni giorno, letteralmente, in fumo). Proprio queste cifre, che hanno raggiunto proporzioni clamorose nel corso degli anni ottanta (quelli del CAF, certo, ma anche quelli delle leggi e leggine di spesa approvate all'unanumità dal parlamento consociativo), danno la misura della necessità e dell'urgenza di risoluti interventi di risanamento, i soli che, forse, potranno impedire che venga consegnata alle generazioni future la curatela della bancarotta dello Stato i

taliano e danno anche la misura della assoluta inadeguatezza dei provvedimenti di cui stiamo discutendo. Diciamolo forte e chiaro: allo stato attuale ogni minuto di ritardo nell'inversione di tendenza dei conti pubblici significa compromettere le garanzie di sviluppo economico e di democrazia per chi dopo di noi vivrà in questo paese, come si usa dire, per i nostri figli. Questa, del resto, non è una tesi "nostra", ma è anche quanto ha sostenuto in occasione dello sciopero generale il premio nobel per l'economia Franco Modigliani: "non si scipera contro i propri figli", il suo commento lapidario. Peccato che "stranamente" in quest'occasione le sue posizioni, abitualmente amplificate dai media "progressisti" di ogni tipo, non abbiano avuto alcun risalto.

Per quel che riguarda noi Riformatori, comunque, la posizione "rigorista" (o semplicemente "rigorosa") in tema di conti pubblici non è una novità dell'ultima ora, magari informata a ossequiose fedeltà filogovernative, bensì un elemento di continuità con le posizioni e le iniziative assunte a suo tempo dal Partito Radicale, prima, e dai Federalisti Europei della Lista Pannella sucessivamente. Basterà in proposito ricordare una proposta di Legge Costituzionale per la revisione dell'Art 81, avanzata nel 1986 dai radicali, con la quale si mirava ad imporre un limite quantitativo (il 10% delle entrate tributarie) alla possibilità di ricorso al mercato per il finanziamento del deficit annuale. Oppure l'appoggio che la Lista Pannella, non altri, ha garantito alle Finanziarie di Amato e Ciampi, di cui molti poi avrebbero tessuto le lodi e cercato di attribuirsi la paternità.

Precisato, quindi, il perchè delle nostre posizioni di oggi e rivendicato una continuità con la storia politica di cui ci proponiamo di essere in qualche modo eredi, vorrei infine passare ad un provvedimento specifico contenuto nella prima "Finanziaria Berlusconi", quello riguardante le pensioni, assurto a simbolo della "cattiveria" del Cavaliere. Nelle piazze i pensionati, strumentalmente disinformati, urlavano: "ci hanno tagliato le pensioni". Niente di più falso, le pensioni in essere non vengono toccate dalla "manovra", se non per un elemento, quello dello "slittamento" della contingenza da novembre a gennaio. Due mesi di ritardo nell'aumento di poche decine di migliaia di lire fanno un massacro sociale? Non scherziamo! Certo, il provvedimento iniziale del governo prevedeva il recupero della sola inflazione programmata, fatta però salva la possibilità del ministero del tesoro di intervenire in casi di inflazione reale superiore alla programmata: il provvedimento non riguardava le pensioni assistenziali,

e comunque il governo ha sucessivamente reintrodotto il recupero completo dell'inflazione.

Ciò su cui il provvedimento incide in misura rilevante , invece, è la normativa sulle pensioni di anzianità, un bizzarro strumento che, almeno nei termini in cui noi lo conosciamo, è del tutto sconosciuto negli altri paesi. Nessuno nega l'evidenza, e cioè che il provvedimento impatta sulle aspettative di milioni di lavoratori, ma di fronte al rischio di bancarotte dell'INPS, che travolgerebbe innanzitutto le categorie più deboli, è davvero sensato continuare a difendere lussi che l'azienda Italia non può più permettersi. Un'ultima riflessione: Giuliano Cazzola nel suo ultimo libro evidenzia come la spesa sociale in Italia, complessivamente sui valori medi europei, sia decisamente sbilanciata sul capitolo "pensioni", a scapito di altre voci quali meternità e disoccupazione. Non sarà che il sindacato punti ormai non più alla difesa di "valori" e "diritti" bensì alla difesa corporativa degli "interessi" dei propri aderenti/finanziatori?

Benedetto Della Vedova

Segretario Nazionale per

i problemi economici del

Movimento dei Club Pannella

 
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