Premesso che
- il finanziamento all'Agenzia Spaziale Italiana (ASI) - 850 miliardi per il 1994 - rappresenta uno fra i più cospicui impegni di risorse indirizzati, almeno sulla carta, alla ricerca scientifica nel nostro paese, secondo solo a quello per il CNR;
- in base alla legge 186 del 30 maggio 1988, istitutiva dell'ASI, l'agenzia amministra i programmi spaziali nazionali con i relativi impegni internazionali, il programma S.Marco, i programmi sottoscritti dal Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica nell'ambito dell'Agenzia Spaziale Europea (ESA), nonché i programmi di ricerca scientifica fondamentale svolti presso università, osservatori, laboratori del CNR e consorzi;
- per i programmi di ricerca scientifica fondamentale, che rappresentano nel settore spaziale il fattore trainante per il progresso scientifico e per l'innovazione tecnologica, la legge prevede che l'ASI destini una quota di finanziamento in misura non inferiore al 15% delle risorse assegnate al Piano spaziale nazionale, il quale comprende tutte le attività amministrate dall'ASI, sia quelle nazionali sia quelle affidate all'ESA;
- è all'esame del Parlamento un disegno di legge di iniziativa governativa recante "Disposizioni urgenti per il risanamento dell'ASI", già approvato dal Senato, il quale prevede, all'art.5, che il contributo italiano per la partecipazione ai programmi dell'ESA venga scorporato dalle attività dell'ASI e iscritto in un apposito capitolo del bilancio del Ministero dell'Università e della ricerca scientifica;
- ove questa norma fosse interpretata nel senso di uno scorporo degli stanziamenti per l'ESA da quelli inclusi nel Piano spaziale nazionale (come autorizzerebbe a pensare la lettera dell'art. 2, comma 2 lettera b) della legge 30 maggio 1988, n. 186), ne deriverebbe che alla ricerca scientifica in senso proprio sarebbe destinato solo il 15% degli stanziamenti per l'ASI, decurtati di quelli trasferiti all'ESA;
- la legge finanziaria per il 1995, come approvata dalla Camera, prevede per l'ASI gli stanziamenti di 850 miliardi per il 1995 e di 800 miliardi rispettivamente per il 1996 e per il 1997;
- in base agli impegni assunti dai ministri pro tempore dell'università e della ricerca gli stanziamenti italiani per i programmi ESA assommano, per il 1995, a 780 miliardi, e a cifre crescenti per gli anni successivi;
- il combinato disposto di queste previsioni finanziarie comporterebbe che all'ASI sarebbero attribuiti solo 70 miliardi per il 1995, e meno di 20 miliardi per il 1996 e il 1997, sui quali si troverebbero a gravare tutti i programmi nazionali, quelli di collaborazione bilaterale non rientranti nell'ESA, il programma S.Marco e le attività di ricerca scientifica fondamentale;
- ciò avrebbe una duplice conseguenza:
1) l'impossibilità di mantenere i programmi nazionali, bilaterali e quello S.Marco, che sarebbe grottesco immaginare di poter condurre con stanziamenti di quella dimensione;
2) l'annientamento di fatto delle possibilità stesse di continuare a condurre in Italia la ricerca scientifica spaziale, considerato che la quota del 15% riservata alla ricerca scientifica fondamentale andrebbe calcolata non più con riferimento al bilancio totale della spesa per le attività spaziali (850 o 800 miliardi annui) bensì solo alle somme residuali di 70 o 20 miliardi. E non occorre sottolineare quanto ciò sarebbe grave, se si considera che una ricerca come quella spaziale costituisce una risorsa cruciale sia per la crescita del bagaglio culturale e scientifico del nostro paese, sia per quello sviluppo tecnologico, che in un paese povero di risorse naturale, è molla essenziale della crescita industriale ed economica;
premesso ulteriormente che
- i "ritorni" dei contributi nazionali all'ESA avvengono quasi unicamente in termini di politica e di contratti industriali, non di ricerca scientifica. Degli stanziamenti italiani per l'ESA, infatti, (780 miliardi nel 1985. come si è detto) il 20% viene assorbito da spese di manutenzione dell'ESA stessa, circa l'80% è destinato a contratti con industrie e meno dell'1% va ai gruppi di ricerca scientifica italiani. Perché potessero esservi anche ricadute in termini di ricerca scientifica occorrerebbero investimenti ulteriori per permettere agli studiosi di dotarsi della strumentazione necessaria per eseguire le osservazioni e sperimentazioni a bordo dei satelliti realizzati dall'ESA;
- la convenzione istitutiva dell'ESA stabilisce che gli stati aderenti partecipino all'Agenzia con una quota obbligatoria definita in proporzione al rispettivo PNL, ed eventualmente con la sottoscrizione di ulteriori impegni su programmi opzionali. In base a questi criteri, l'Italia è tenuta a sottoscrivere programmi obbligatori per un ammontare di circa 160 miliardi. Questo significa che tutti gli impegni ulteriori (per circa 620 miliardi!) sono stati assunti dai ministri della ricerca pro tempore su programmi opzionali, che nulla e nessuno obbligava l'Italia ad assumere;
- la scelta di investire a questi livelli su base volontaria in ambito ESA è stata effettuata in stridente contrasto con le indicazioni del CIPE che, mell'approvare il Piano spaziale nazionale 1990-1994, raccomandava di non superare negli investimenti ESA la soglia degli investimenti per i programmi nazionali (50% programmi nazionali, 50% programmi ESA);
- questa violazione delle indicazioni del CIPE, rispondente a specifiche richieste e iniziative e con la partecipazione diretta dell'industria nazionale, si è peraltro paradossalmente risolta in uno scacco anche dal punto di vista economico. La convenzione dell'ESA comporta, infatti, che gli investimenti industriali conseguenti ai progetti vengano sì effettuati nei paesi sottoscrittori, ma su attività industriali strettamente pertinenti ai programmi sottoscritti. In più casi, l'ESA non ha
considerato tecnicamente competitiva l'offerta dell'industria italiana per progetti finanziati anche dall'Italia e che, nell'ottica di cui sopra, avrebbero, dovuto essere affidati all'industria italiana. Il caso più clamoroso è quello del satellite XMM, per cui l'ESA ha considerato scorretto il
tentativo dell'Alenia di accaparrarsi la realizzazione del relativo progetto attraverso un cartello con altre industrie europee e ha respinto come svantaggiosa la successiva offerta della sola Alenia (come documentato su "Nature", 10 marzo e 13 ottobre 1994), attribuendo il contratto all'industria tedesca DARA. Caso tanto più grave dal momento che allo scopo di qualificare l'Alenia ad acquisire l'XMM l'ASI aveva investito oltre 900 miliardi (rispetto ai 50 inizialmente previsti, peraltro!) nel satellite SAX che non è mai stato lanciato;
-l'Italia così, rispetto ai ritorni di investimento preventivati, si trova a registrare un deficit di oltre 400 miliardi. Dal momento che in ambito ESA l'Inghilterra, la Germania e tutti gli altri stati contribuenti minori si trovano in pareggio fra contributi e ritorni, mentre la sola Francia realizza un surplus positivo di circa 400 miliardi, e di altrettanti è in passivo l'Italia, risulta evidente che la politica italiana nei confronti dell'ESA si risolve in un finanziamento italiano allo sviluppo industriale dell'alta tecnologia francese;
- altrettanto critica, dal medesimo punto di vista, appare la situazione se si considerano i ritorni che l'Italia ha effettivamente ottenuto da parte dell'ESA. Negli ultimi quattro anni l'Italia ha investito in ambito ESA per il programma "Ariane 5" oltre mille miliardi che sono andati a creare, tramite la FIAT BPD, una fabbrica di propellenti per i booster dell'"Ariane 5" realizzata a Kourou in Guaiana Francese sotto la direzione di un cittadino francese;
- il comportamento italiano nei confronti dell'ESA è del tutto anomalo in Europa, dal momento che la Francia e la Germania investono in ESA circa la metà di quanto investono in programmi nazionali, mentre l'Inghilterra si limita a sottoscrivere i soli programmi obbligatori e finanzia invece i propri gruppi di ricerca scientifica in modo da massimizzare i ritorni scientifici nazionali degli investimenti europei;
- l'Inghilterra, in particolare, la quale vanta ben maggiori strutture scientifiche e tecnologiche che quelle italiane, ha patteggiato negli ultimi anni l'uscita dai programmi opzionali che aveva sottoscritto e sta addirittura contestando come troppo costosi e non competitivi gli stessi programmi obbligatori dell'ESA;
- la non competitività organizzativa e tecnologica dell'industria aerospaziale italiana, già dimostrata chiaramente nell'ambito dei programmi ESA, deve far riflettere sull'opportunità di un qualunque aumento degli investimenti nel campo della ricerca spaziale. In conseguenza delle normative che oggi regolano l'integrazione europea, ogni programma nazionale limitato a priori alle sole imprese nazionali, ma vi possono partecipare al medesimo titolo tutte le imprese dell'Unione europea. Pertanto un aumento dei fondi potrebbe risolversi in un finanziamento a imprese ad alta tecnologia di altri paesi europei, ove non venga operata una drastica ristrutturazione del comparto aerospaziale industriale italiano;
- per quanto riguarda infine il conflitto fra ricerca scientifica fondamentale e attività industriali nel campo spaziale, questo conflitto è ben conosciuto in tutto il mondo. La soluzione considerata concordemente, a livello internazionale, come ottimale è quella adottata dal Giappone, che investe l'85% delle risorse per la ricerca spaziale nella NASDA, che dipende dal ministero competente per le attività industriali, e il 15% nell'ISAS, che dipende dal ministero per la ricerca scientifica,
tutto ciò premesso, i sottoscritti interpellano il governo per conoscere
1) se e quali iniziative il Governo intenda assumere, anche in sede di esame parlamentare del disegno di legge sul risanamento dell'ASI, per assicurare che alla ricerca scientifica fondamentale venga garantito non meno del 15% degli stanziamenti complessivi per la ricerca spaziale italiana, ivi inclusi quelli comunque da destinare all'ESA;
2) quali iniziative il Governo intenda assumere per ovviare ai fenomeni degenerativi sopra richiamati circa la partecipazione italiana all'ESA e per evitare che l'abnorme impegno finanziario del nostro paese nei programmi da essa gestiti soffochi la ricerca italiana. In particolare
a) se intenda seguire l'esempio dell'Inghilterra e rinegoziare la partecipazione italiana all'ESA in modo tale da recuperare la disponibilità di risorse atte a consentire un equilibrato sviluppo dei programmi nazionali nel settore e della ricerca scientifica fondamentale in Italia;
b) come intenda promuovere, anche per la via delle privatizzazioni, la competitività dell'industria aerospaziale italiana, e se intanto si proponga di interrompere l'anomalo e ingiustificato finanziamento dell'industria aerospaziale francese;
c) se non intenda procedere, secondo l'esempio giapponese, a separare l'ambito della ricerca scientifica fondamentale e le relative responsabilità da quelli della ricerca industriale, attribuendo le competenze per la prima ad un'agenzia sotto la vigilanza del Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica e quelle per la seconda ad una diversa agenzia sotto la vigilanza del Ministero dell'industria.
Lorenzo Strik Lievers
Paolo Vigevano
Emma Bonino
Peppino Calderisi
Marco Taradash
Elio Vito
Roma, 29 novembre 1994