Roma, 20 novembre 1995
Caro Direttore,
stasera basteranno poche parole. In previsione della "conferenza-stampa" del nostro Movimento, e di coloro che da 38 giorni digiunano per consentire al potere di rispettare la propria legalità, ai giornalisti di fare giornalismo e informazione, alla politica di rivendicare e incarnare la nobiltà dei suoi compiti e dei suoi mezzi, televisioni, giornali, agenzie di stampa e fotografiche di gran parte del mondo, e quasi tutte le testate giornalistiche italiane hanno chiesto di essere invitate e di poter parteciparvi.
Il "Corriere della Sera", no. Senza ipocrisie, mi felicito con te e con voi. Noi non apparteniamo al giornalismo, spesso notevole e tecnicamente pregevole, di palazzo (e di plebe, necessario corollario) e di regime. Dinanzi a te, "segretario-direttore" di un partito-giornale, ci siamo riconosciuti in quel che ideologicamente aborrite e combattete come si fa nei mass media moderni: staccando la spina, e riattaccandola quel tanto che può dare un attimo di "sonoro" grottesco e repellente. Come se si desse d'un tratto suono a Pavarotti mentre sta per emettere il suo do di petto.
La vostra assenza è coraggiosa. Come dire, virile. Maschia. Complimenti. E se fosse, invece, il caso o il caos ad averti e avervi aiutato, diciamo con Mallarmè: le hasard fait bien les choses, il caso fa bene le cose."