>di Massimo Teodori
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"Prossimamente in libreria ed in edicola il libro "Marco Pannella, un eretico liberale nella crisi della Repubblica (Marsilio, 166 pagine, lire 20.000), in cui Massimo Teodori penetra per la prima volta a fondo le ragioni dei successi e dei limiti della politica radicale negli ultimi decenni svelando senza reticenze il carisma pannelliano. In esclusiva "Il Messaggero" pubblica un'anticipazione del libro: la parte iniziale in cui si pongono gli interrogativi sul discusso leader radicale e la parte finale in cui vengono proposte alcune conclusioni".
Che cosa è davvero il liberalismo radicale di Marco Pannella? A che punto è la sua parabola? Perché colui che lo ha rinverdito, quando tutti si dichiarano liberali, è posto ai margini della scena politica? Perché un leader della sinistra democratica e laica si allea con Berlusconi? Perché Pannella distrugge tutti i movimenti che crea? E' realmente destinato alla solitudine e all'isolamento? E' Possibile in Italia una trasformazione liberale? Chi ne può essere il protagonista?
Con queste pagine provo a dare qualche risposta o, almeno, a fornire qualche elemento di conoscenza e di interpretazione. Chi intenda ripercorrere la parabola del liberalismo radicale e del radicalismo liberale attraverso le vicende di coloro che di volta in volta si sono denominati radicale, federalisti europei e ora riformatori, non può fare a meno di occuparsi da vicino del suo artefice massimo, Marco Pannella, il quale ne ha determinato la rinascita nel quarantennio repubblicano e, al tempo stesso, ne ha rappresentato il limite...Considerare senza pregiudizi il "radicalpannellismo" significa valutare quel che ha rappresentato
l'irruzione e l'insediamento, sempre precario, di un liberalismo riformatore sulla scena italiana nella quale sia i contenuti che le forze politiche che ad esso hanno fatto riferimento, erano divenuti marginali quando non erano del tutto scomparsi. Già a un decennio dalla Liberazione e dalla Costituzione, i liberali attivi in politica per conquistare le libertà e difendere i diritti individuali, per affermare lo Stato di diritto, per instaurare rapporti con la Chiesa ispirati a una laica separazione, e per disegnare istituzioni costituzionalmente democratiche, erano ridotti a una minoranza senza peso. Volendo tirare le somme quella dell'ultimo Marco Pannella è una storia che mette in evidenza, oltre alla forza politica dell'eretico e del dissenziente, anche il limite di una leadership carismatica esercitata sul fronte liberale innovativo all'interno di un sistema politico tradizionale privo di grandi tensioni ideali. E' indubbio che in Pannella ci sia l'impronta di quel che Max Weber chiamava il carisma; la
si vede nella convinzione e nella coscienza con cui conduce le sue azioni e in quel particolare quid personale che si manifesta specialmente con il potere della parola. In Occidente, in questo secolo, sono diversi i capi carismatici che hanno imposto fino in fondo i propri personali progetti lasciando una traccia indelebile. Ma per ciascuno di essi l'affermazione è stata sempre legata al determinarsi di una situazione straordinaria...Nessuna di queste situazioni si intravede all'orizzonte del nostro paese. Perciò un movimento iperpersonalizzato come quello pannelliano, tutto costruito intorno alla potenza del carisma e non sorretto dall'istituzionalizzazione culturale e organizzativa, appare anacronistico, Perché o è troppo piccolo o è troppo grande rispetto ai compiti odierni di una politica liberale. Troppo piccolo, Perché inidoneo a organizzare le forze liberali che ormai sono diffuse, anche se disperse, nell'intera società. Troppo grande, Perché nell'Italia d'oggi non sono in causa nè destini d'identific
azione nazionale, nè volontà rivoluzionarie, nè vocazioni autoritarie. Quel che invece appare più che mai necessario è quella trasformazione liberale, da molti invocata ma da pochissimi perseguita, di cui Pannella è stato per trent'anni uno dei pochi veicoli in grado di procedere sui binari della politica senza mai essere arrestato dalle avversità.
Ma si deve prendere atto che, nel momento decisivo della crisi della Repubblica, il grande dissenziente con un piccolo movimento non è divenuto il leader liberale con un grande seguito. A ciò possono aver contribuito diverse ragioni; dall'ambiente che in Italia continua ad essere ostile al liberalismo alle carenze soggettive di cultura politica, fino agli errori personali indotti da un'indole troppo concentrata su se stessa.
Una cosa, però, voglio dire: la vera sfida che Pannella ha ancora davanti a sè non sta nell'ottenere l'altrui riconoscimento, che sembra costantemente ricercare pur non avendone alcun bisogno, ma nel riuscire a interpretare la propria leadership in maniera adeguata ai nuovi compiti. Non è più tempo di eroici dissidenti solitari, ma di leader federatori capaci di raggruppare ed esprimere tutte le forze disperse interessate alla innovazione liberale. In questa luce, agli ostacoli insiti nella tradizione politica italiana si aggiungono quelli che Pannella porta dentro di sè, che appartengono alla sua natura e alla sua storia. Verrebbe voglia di osservare che il peggiore nemico di Pannella è Pannella medesimo.