Abbiamo rivolto alcune domande a molti protagonisti di quello che è stato il Partito Radicale sino al 1988, quando fu superata la sua forma di partito nazionale ed elettorale. Un viaggio che non vuole essere solo retrospettivo, dentro la forza politica che per oltre un decennio condusse una guerra partigiana alla partitocrazia, ma anche guardare al metodo ed alle lotte radicali in questo lungo passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica, in una fase nella quale i valori laici e garantisti sono spesso additati come negativi e minoritari.
Queste le cinque domande rivolte ai nostri interlocutori:
1) Partito Radicale: un partito da ricordare, da aiutare o da reinventare?
2) I radicali hanno retto all'impatto col sistema maggioritario, del quale sono stati i primo promotori?
3) Come è possibile salvare il patrimonio delle battaglie radicali?
4) Italia laica: esiste ancora?
5) Virtù e limiti della politica di Pannella, dal superamento del Pr alla Lista Pannella.
Oggi rispondono Arturo Gismondi e Silvio Pergameno.
Arturo Gismondi racconta i viaggi del Partito radicale visti da un osservatore lontano.
LA METAMORFOSI DI CENTO IDEALI
1) Bisognerebbe intanto capire di quale Partito radicale parliamo. Se parliamo di quello transnazionale che svolge un ruolo egregio su questioni che il provincialismo italiano e la cattiva coscienza della sinistra attuale ha dimenticato, il Tibet, Cuba, la ex-Jugoslavia; è un conto. Se intendiamo quello che ha operato in Italia nei decenni delle grandi battaglie radicali, al quale ho guardato con simpatia e per il quale ho in qualche occasione votato, il discorso è tutt'altro. Ma è questo che forse interessa, dopo l'esperienza dell'ultima campagna elettorale, e di un voto che impone a tutti, a Pannella e ai tanti radicali, socialisti, laici rimasti senza mura né tetto una riflessione molto seria, e utile solo se è sincera fino in fondo. E qui, debbo dire, si è depositata molto confusione. Ricordo quando il Pr cambiò nome, diventò partito riformatore, o lista Pannella, o tutte e due le cose. telefonando al gruppo parlamentare per un'informazione, mi rispose una gentile signora che proferì, in modo frettoloso:
"Qui gruppo federalista europeo". Pensando di avere sbagliato numero, chiesi scusa e riattaccai. Rifeci il numero, stessa risposta, stessa conclusione. Parlandone con amici giornalisti mi accorsi che la stessa cosa era capitata ad altri. E' un episodio minimo, ma testimonia secondo me di una piccola violenza che un po' tutti abbiamo subito, quella di vedere da un giorno all'altro scomparire un nome, una sigla, e in fondo una presenza riconoscibile che aveva fatto parte della esperienza politica nostra, e di molti italiani. La questione del nome, e della identificazione, negli ultimi anni di un partito o di un Movimento nel suo leader, "movimento Pannella", "Lista Pannella", "Club Pannella", ha portato con sé una situazione paradossale che non è stata percepita in tutta la sua gravità. E' accaduto che mentre, a causa delle incheste giudiziarie, scomparivano dalla scena politica il partito socialista, e gli altri partiti laici, la casa radicale - che avrebbe potuto offrire un rifugio ai tanti che ne erano ri
masti privi - si tramutava in un domicilio privato, nel quale si poteva trovare asilo solo rendendo omaggio al padrone di casa, e assumendone il nome. In definitiva, e il nome ha un suo rilievo e una sua importanza, il Pr, tramutato nel frattempo in "Lista Pannella" non ha saputo, nè voluto, non l'ho mai capito, riempire un vuoto che ancora oggi pesa in modo drammatico nella vita politica italiana, che ha perduto - con la scomparsa del Psi - un riferimento essenziale, perché capace di tenere insieme, in cento anni la voglia di riscatto delle fascie più deboli della società, e la difesa dei valori liberali, della centralità della persona umana, dello stato di diritto. Sono i valori che l'attuale sinistra post-comunista non potrà mai rappresentare: e per le sue origini culturali, e per l'origine del potere che attualmente ha nel nostro Paese, che nasce anche dall'operato delle Procure. Se l'analisi è corretta, e siamo in molti a pensarlo, la risposta alla domanda, la possibilità di "reinventare" il Partito rad
icale è affidata innanzitutto a Pannella, e a coloro che in questo momento rappresentano ciò che resta del vecchio partito. Ed è affidata alla loro capacità, se ancora esiste, di mettere insieme quel "protagonista radicale" e socialista" che oggi non sa a chi rivolgersi. Almeno fino a che Intini, o altri, non riusciranno, se vi riusciranno, a ricostruire una presenza socialista organizzata nel nostro Paese. Questa soluzione, com'è naturale, vale per me e per coloro che restano socialisti.
2) Qui cogliamo un'altra contraddizione degli attuali radicali (e la difficoltà di definirli con un nome è già il segno di una difficoltà più generale, e significativa). Il partito che più si è battuto, e con più successo, per il passaggio ad un sistema maggioritario e uninominale in un momento in cui questo sistema, sia pure imbarbarito, è stato introdotto in Italia si è ridotto a giochetti incomprensibili, si è arroccato nel tentativo, oltre a tutto fallito, di fruire della quota proporzionale, lanciando inviti agli elettori di altri partiti in nome di una sopravvivenza che a questo punto appariva, ai più, in contrasto con l'elemento di bipolarità introdotto bene o male dalla nuova logica elettorale ( che i radicali per primi, a con più tenacia, avevano voluto). la contraddizione è apparsa stridente nella campagna elettorale per il 21 aprile. Mi è accaduto di ascoltare a Radio Radicale, pochi giorni prima del voto, Strik Livers chiedere i voti del Polo nel collegio di Milano nel quale era candidato, e invi
tare a votare in un altro collegio gli stessi elettori del Polo per De Benedetti candidato dell'Ulivo. Non ero fra gli elettori di Strik Lievers, se lo fossi stato non avrei votato per lui, tanto la cosa mi appariva assurda e, se mi permette, politicamente immorale. Chiarisco che la colpa non era tanto di Strik Lievers, il quale si trovava in una situazione imbarazzante. Dovendo rispondere a decine di elettori inferociti si era trovato, suo malgrado, a fare gli elogi del candidato dell'Ulivo con esiti non so come definire. Mi è parso di assistere a una sorta di suicidio, e non mi sbagliavo.
3) Per cominciare, con un profondo atto di umiltà intellettuale. Che deve partire dal riconoscimento della contraddizione nella quale gli attuali radicali, o i loro eredi, si sono trovati a operare negli ultimi tempi. Non mi nascondo certo il ruolo avuto, in queste contraddizioni, dalla situazione politica italiana. Ma quel che più mi colpisce non sono le contraddizioni dell'azione politica dei radicali con la situazione italiana. A colpirmi sono le contraddizioni dei radicali con sè stessi.
4) L'Italia laica esiste ancora, se diamo a questa il significato corretto che non è quello di una Italia laica contrapposta a una Italia cattolica, giacchè il cattolicesimo liberale in cento anni ha fatto molti passi avanti ed è riuscito a risolvere i problemi del suo rapporto con lo Stato laicamente inteso. Un esempio. La questione secolare della contrapposizione fra scuola pubblica e scuola privata va intesa come la libertà di insegnamento, che non può essere monopolio dello Stato.
5) Sulle virtù e sui meriti di Pannella non mi sono soffermato perchè tutti li abbiamo ben presenti, è perché sono un patrimonio della cultura laica di questo Paese. Anche negli ultimi anni Pannella ha avuto il merito, qui non sono d'accordo con Spadaccia, di rifiutare il ricatto destra-sinistra e di individuare invece non nella sinistra post-comunista, una grande responsabilità nell'aver organizzato uno schieramento che è conservatore sul piano istituzionale, ed è giustizialista nell'abbandono dello stato di diritto. In più, la sinistra ha affidato la soluzione dei problemi sociali a una burocrazia sindacale che ha finito per trasformarsi in un potere istituzionale, anch'esso conservatore giacchè abbandona alla loro sorte le masse dei non-garantiti, che per forza di cose sono anche non sindacalizzati.