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Agora' Agora - 18 giugno 1996
L'OPINIONE 18 GIUGNO 1996

REFERENDUM, ARMA DI LIBERTA'

Contestato, messo sotto processo, attaccato di recente da Scalfaro. Eppure, la Costituzione e la stessa storia dell'Italia repubblicana indicano nell'istituto referendario l'unica occasione di autentico vaglio democratico delle decisioni politiche più importanti. Ecco perché, in un periodo di confusione, la difesa di questo strumento è la base per esercitare al meglio il controllo dei governati sui governanti.

di Raimondo Cubeddu

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Gli accenni del Presidente Scalfaro circa la auspicabilità di una nuova e più restrittiva normativa sui referendum, e la posizione dell'Associazione Nazionale dei Magistrati in merito al referendum pannelliano sulla magistratura, rappresentano due campanelli d'allarme nei confronti dei quali ogni vero liberale non può restare indifferente. Non si tratta ovviamente di entrare nel merito dei referendum, riguardo ai quali, per la loro stessa natura di strumento di democrazia diretta, ognuno può assumere la posizione che ritiene opportuna. La questione è in realtà più generale e complessa per il fatto che investe la natura stessa del sistema parlamentare. L'argomentazione, sollevata dal Presidente Scalfaro riguardo la compatibilità dello strumento referendario con la democrazia parlamentare, solleva alcune questioni di carattere filosofico-politiche che concernono il problema della rappresentatività parlamentare e del suo rapporto con gli strumenti con gli strumenti tipici della democrazia diretta. L'essenza d

el liberalismo consiste - come è comunemente accettato dalla pur numerose versioni del medesimo - nel suo essere un tentativo di limitare il potere tramite lo strumento della divisione e della tripartizione dei poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario). Non è rilevante, in questo caso, prendere in esame il sistema costituzionale italiano al fine di accettare se il nostro possa, da questo punto di vista, essere definito un sistema liberale in senso proprio. E tuttavia, se teniamo presente che la caratteristica fondamentale di un sistema liberale è quella di essere un tentativo di evitare la formazione di monopoli, ci troviamo immediatamente di fronte alla constatazione che nel nostro sistema costituzionale quello referendario è l'unico strumento per evitare che il potere politico si ponga come il monopolistico detentore della potestà di stabilire cosa sia diritto. La fusione storica della tradizione liberale con quella democratica ha infatti praticamente abolito la distinzione fra diritto di produzione l

egislativa e diritto di produzione consuetudinaria a tutto vantaggio della prima. In questo modo è venuta a mancare la caratteristica di fondo del sistema liberale che consisteva nel concepire lo stato come il garante dei diritti individuali naturali preesistenti al potere politico. In Italia, come negli altri paesi di civil law, il processo della legislazione ha progressivamente eliminato il diritto naturale, anche nella sua versione di insieme di principi ai quali doveva in qualche modo ispirarsi la legislazione. In questo modo la produzione legislativa del diritto ha finito per assumere i connotati di una "produzione politica del diritto" e come tale legata agli interessi, contingenti o strategici, di una maggioranza parlamentare. Il risultato - non so se volontario o involontario - è stato che il potere politico si è ritrovato ad essere il monopolistico detentore della potestà di produrre diritto e di stabilire che cosa sia diritto. In conseguenza di tutto ciò, il principio della divisione del potere t

ramite la sua tripartizione ha finito per non rappresentare più un valido argine all'incremento del potere dei governanti. Nella prospettiva della tradizione filosofico-giuridica liberale tale processo non può essere accettato senza obiezioni di carattere dottrinario e di carattere pratico. Ma, purtroppo, bisogna prenderne atto e cercare di limitarne i danni. Da questo punto di vista, l'istituto referendario lungi dall'essere incompatibile con i principi della democrazia rappresentativa di tipo liberale, è, il contrario, l'unico strumento a disposizione per rompere il monopolio della produzione del diritto da parte dei politici. E come tale si tratta di uno strumento che deve essere strenuamente difeso. Se non ci fosse, infatti, ci si troverebbe nella assai poco liberale circostanza in cui il potere politico si troverebbe, in realtà e in pratica, nella condizione di disporre di un potere illimitato e, come si vedrà, anche incontrollabile. Infatti, se noi osservassimo la situazione costituzionale italiana da

questo punto di vista, non potremmo fare a meno di notare che le due Camere detengono il potere di modificare la Costituzione (sia pure con procedure non semplici) in tutte le sue parti tranne la forma repubblicana dello Stato; eleggono il capo dello Stato, concedono la fiducia al Governo, possono fare la legge elettorale, nominano parte dei componenti della Corte Costituzionale, e, infine, possono modificare anche le norme concernenti i criteri di nomina dei medesimi e le modalità tramite le quali sottoporre leggi al vaglio della costituzionalità. In altre parole, una maggioranza politica, sia pure con procedure complesse e lunghe, ha a disposizione, in teoria, tutti gli strumenti per approvare qualsiasi legge. Va da sè che tutto ciò ha assai poco di liberale, e che l'unico strumento a disposizione per evitarne la degenerazione in senso autoritario e totalitario connessi agli eccessi legislativi del potere politico, è appunto, la possibilità di far ricorso a referendum. Di conseguenza, ogni restrizione del

la possibilità di accesso allo strumento referendario si configura inevitabilmente come un ampliamento del potere politico e come una restrizione della libertà politica individuale. Ciò che è, a sua volta, assai poco liberale, e che dovrebbe indurre ogni persona di buon senso ad apporsi con decisione a simili proposte. Se questa è la situazione dal punto di vista della tradizione liberale, dal punto di vista politico-contingente tale prospettiva solleva perplessità ancora maggiori. Il caso dell'abnorme quantità di decreti in attesa di conversione in legge rende ancor più evidenti i pericoli connessi alla restrizione dell'uso dello strumento referendario. L'esperienza di questi ultimi anni ha mostrato quanto sia difficile, per una serie di motivi politici e tecnici sui quali non è il caso di dilungarsi, la produzione parlamentare di leggi. In conseguenza di ciò l'unico strumento per produrre diritto è diventato quello della decretazione d'urgenza. Il governo come nel caso della famigerata par condicio, ha cos

ì progressivamente assunto competenze che non gli sarebbero dovute spettare. La stessa difficoltà di conversione in legge dei decreti ha portato alla situazione per cui, il più delle volte, i medesimi vengono infine convertiti più per far salve le situazioni pregresse che per una loro obiettiva necessità. Di modo che è possibile regolare questioni - anche questioni fondamentali per un sistema che si definisce liberal-democratico - come quelle concernenti la libertà di espressione, tramite decreti che, non diventando leggi, non sono soggetti alla possibilità di un vaglio referendario. In questo modo, tuttavia - e qui sta l'aspetto inquietante della questione - si potrebbe anche giungere alla paradossale situazione in cui un governo il quale ha motivo di ritenere che una legge possa essere abrogata per via referendaria, non procede secondo la prassi parlamentare normale, ma tramite decreto legge. E, se ha l'accortezza di evitarne la conversione, può, tramite reiterazioni ed una maggioranza compiacente (quella

stessa che gli ha concesso prima la fiducia) trasformare il potere esecutivo in potere illimitato e praticamente privo di controlli. Ciò che non solo non è liberale, ma è anche assai poco democratico. Anche dal punto di vista politico-contingente, quindi, lo strumento referendario appare essenziale per una democrazia. Proprio perché si tratta dell'unico strumento che, in un sistema di produzione legislativa del diritto, i cittadini hanno a disposizione per limitare il monopolio della produzione del medesimo da parte della classe politica. In definitiva, venendo meno, o restringendosi, la possibilità di accedere allo strumento referendario, verrebbe meno anche la possibilità dei cittadini di controllare il potere politico. Di conseguenza, per coloro i quali pensano, con Popper, che la democrazia non sia da identificare tanto con un illusorio governo del popolo, quanto con la possibilità di controllare efficacemente i governanti, la difesa dell'istituto del referendum si configura come una battaglia politica f

ondamentale per difendere gli spazi di libertà individuale nei confronti di un potere politico che, tramite l'uso indiscriminato della legislazione, tende invece, e progressivamente, a ridurli. Anziché essere causa di incertezza del diritto, i referendum sono anche uno strumento essenziale per l'esistenza di uno "Stato di diritto liberale" e per poter esercitare efficacemente il diritto di opposizione e di controllo dell'attività dei governanti da parte dei governati.

 
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