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Agora' Agora - 4 agosto 1996
IL MESSAGGERO, 4 AGOSTO 1996

INTERVISTA A MARCO PANNELLA

"I GIUDICI NON FANNO GIUSTIZIA. DEVONO APPLICARE LA LEGGE".

"SCONFITTO? NO, E' IL POLO CHE COSI' RISCHIA LA FINE".

Intervista al Leader dei Riformatori, che ricostruisce le vicende del difficile rapporto con Berlusconi e attacca l'Ulivo: è l'apogeo della partitocrazia.

PANNELLA: IL POLO E' MORTO CON IL RIBALTONE

"Io finito? Me lo dicono da 27 anni. Adesso sveglierò l'Italia con i miei referendum"

di Paolo Rufini

ROMA - "Vuole sapere quel che ho provato di fronte alla sentenza Priebke? E' difficile. Non vorrei nemmeno dirlo. Ma io l'altra notte, ho avuto vergogna del mio Paese. Ho avuto vergogna delle reazioni italiane alla decisione del giudice. Un senso di nausea di fronte a quella che mi è sembrata una delle pagine più ignobili e vili di questa Italia drogata dalla viltà e dalla bassezza civile. E guardi che lì, quella sera a protestare, c'erano molti amici miei".

Decide di andare controcorrente Marco Pannella, in questa intervista che è la prima dopo due mesi di silenzio sui giornali. E in cui chiede a Berlusconi e a Fini di recuperare "la carica rivoluzionaria del pensiero liberale". "Io - dice - non dimentico la lezione, bellissima, di Calamandrei (chi se lo ricorda più?): "Ho terrore di un giudice che giudichi per fare giustizia e non per applicare la legge". Questo è il mio Dna. Guai anche a pensare che tu giudice debba dire il giusto. No, tu devi dire la legge. Cosa c'entra la memoria, la storia? Ecco, a chi in questi giorni (da Scalfaro in giù) ha urlato la necessità che il giudice creasse giustizia, memoria, civiltà, io posso solo ricordare la parole di Calamandrei".

D. Però lei, Pannella, è uno sconfitto. Tagliato fuori dal palcoscenico della Seconda Repubblica.

R. Ma quale seconda Repubblica? Questo è il secondo tempo della prima. Siamo all'apogeo della partitocrazia. E quale sconfitta? Tutte le volte che ci hanno dato per sconfitti, siamo rinati. Come nel 1966, quando Vittorini decise di divenire presidente di un partito radicale che aveva solo 170 iscritti. O come quando Pasolini, prima di venire ucciso, ci chiese di presentarci alle elezioni. Così, dopo 80 anni di scuola anti-liberale, dopo 80 anni di negazione del diritto, dopo che la storia, che ha più fantasia di noi, per un momento ha fatto perdere i vincitori, adesso ricominciamo. Anzi, continuiamo. Con i referendum. Lo Stato è fuori legge. E noi abbiamo quattro referendum sulla giustizia.

D. Ricomincia dal Polo? Ma nel Polo c'è anche chi gliel'ha giurata.

R. Il Polo? Il Polo è morto con il ribaltone. Adesso rischia di diventare qualcosa di simile all'Ulivo, con minori tradizioni e minore professionalità.

D. Berlusconi e Fini obietteranno, simili in che senso?

R. Nel senso che incombe su di loro la consociazione, cioè il potere piuttosto che la politica. Diverrebbero allora uguali ai leader di partito della prima Repubblica. Per questo non mi interessa affatto il dibattito sulla durata di prodi.

D. Già. Prodi, quanto durerà?

R. Non lo so. Non è importante.Non è questa la questione. Il fatto è che siamo tornati alla partitocrazia, anzi ne stiamo vivendo l'apogeo. Siamo al Gran Consiglio dei partiti. E questo è il vero "nemico".

D. Anche Prodi obietterà.Non accetterà di essere dipinto come il gran sacerdote di questo sinedrio.

R. Però è così. E' dal 1957 che i partiti governano tutti insieme attraverso il Parlamento. Perché mai, altrimenti, il 91 per cento delle leggi (centocinquantamila, forse duecentomila) sarebbe stato votato sostanzialmente all'unanimità? In Italia si è governato con le leggi e le leggine. L'Ulivo è in fondo il terzo tentativo di regolare i conti contro l'Italia liberale e cattolico-liberale.

D. Dicevamo del Polo. E di Berlusconi.

R. Berlusconi poteva essere nel '94 l'autore di una rivoluzione. Un "pazzo" che faceva passare degli atti rivoluzionari. E Martinazzoli non lo capì.

D. Martinazzoli? Che c'entra Martinazzoli?

R. C'entra, perché io proposi a lui, ad Amato, Zanone e a Segni un patto contro la Quercia e il Polo del BuonGoverno (l'alleanza fra Fini e Berlusconi)

D. Che patto?

R. Al Nord e nelle regioni rosse avremmo potuto allearci con la Lega e Berlusconi per battere la sinistra. Al sud avremmo sconfitto la destra. La storia sarebbe andata diversamente: Invece rimasi solo.

D. Martinazzoli disse che lei voleva rimanere solo: "Pannella si allea solo con Pannella".

R. Parlava di se stesso. Fu lui ad allearsi solo con Martinazzoli. Mi disse un giorno: tu dici sempre una mezza verità o una verità e mezza. Gli risposi, ti sei definito.

D. Finì con lei alleato di Berlusconi e della Lega.

R. Veramente noi, come posizione ufficiale, proponemmo anche ad Occhetto un patto. Dicemmo, in tutto il Sud, lì dove i candidati sono dell'MSI, noi diamo il nostro simbolo ai candidati progressisti, tranne che a quelli di Rifondazione e della Rete.

D. Sì, ma dopo...

R. Dopo, subito dopo le elezioni, dissi a Berlusconi: fai il governo migliore possibile. Fallo senza la Lega. E se non avrai la fiducia si tornerà a votare. Mi rispose che non era possibile. Come quando gli suggerii di far dimettere tutti i parlamentari per costringere Scalfaro a sciogliere il parlamento.

D. Insomma fece il ruole del grillo parlante. Come con Craxi, con Occhetto, con Martinazzoli, con Segni. Ma nemmeno Berlusconi la ascoltò. Come ci si sente nel ruolo di grillo parlante?

R. Grillo parlante fu Amato con Craxi. Il nostro invece fu il ruolo di una minoranza radicalmente alternativa e militante, sin dai tempi di Gobetti e dei fratelli Rosselli. Che io sia finito me lo sento ripetere da quando avevo 27 anni. Ma chi lo ha vinto il referendum per la privatizzazione della Rai-tv? E chi lo ha vinto il referendum sulla responsabilità dei giudici? E chi quello sulle trattenute sindacali? E chi ha proposto con un referendum l'abolizione degli incarichi extragiudiziari dei magistrati? Se Flik vuole impedire ai giudici gli arbitrati, il merito è di quel referendum. Certo poi Scalfaro se ne è andato alla Corte Costituzionale a dire che dei referendum si ata abusando. Ma lo decide il popolo se i referendum sono troppi o troppo pochi. la verità è che mentre noi vinciamo, lo Stato si pone sempre più fuori legge. E le nostre vittorie rischiamo di diventare inutili.

D. Mentre Bossi fa il rivoluzionario.

R. Bossi non sa nemmeno di cosa parla.

D. Si paragona a Gandhi...

R. E non sa cosa fosse la marcia del sale.

D. Minaccia referendum...

R. Che non si potranno fare. Bossi è un'invenzione dei padroni, dei grandi giornali, del Corriere della Sera, della Stampa, della Fiat, che da ottant'anni sono più attenti a scegliere gli antagonisti che i protagonisti. Così censurano la sola forza politica nonviolenta organizzata al mondo. Pubblicano le foto di Bossi accanto a quella di Gandhi. E convocano loro la grande adunata oceanica del 15 settembre.

D. Bossi sarebbe un'invenzione dei poteri forti

R. Hanno preso un demagogo da osteria, e lo usano per dimostrare la crisi della politica. Scegliendo nel diluvio delle sue parole quella che sono più funzionali ai loro interessi. Mentre noi veniamo censurati.

D. Voi chi?

R. Noi radicali, noi riformatori, noi club Pannella. Noi che siamo una grande forza partigiana, come l'Eta e come l'Ira. Solo che siamo gandhiani, nonviolenti, liberali.

D. Che farete?

R. Continueremo la nostra lotta partigiana. Due anni fa proprio in questi giorni, fu lanciato un manifesto, firmato da me e da Berlusconi che proponeva per l'Italia, il sistema americano: presidenzialismo, federalismo, bipartitismo. C'era scritto che i numi tutelari di questo progetto sono Luigi Einaudi, Luigi Sturzo, e Piero Calamandrei. Berlusconi se non vuole essere una meteora, deve ripartire da lì. Gliel'ho detto. Stai attento. Rischi di occupare il posto del Pci nella nuova ammucchiata. Non potrai che essere una meteora se non ci sarà una grande rivoluzione liberale. Invece anche lui ha pronunciato quella parola "concertazione", che è una bestemmia per un liberale. e adesso sulle riforme...

D. Contesta la larga intesa?

R. La grande intesa sulle regole è la più grande bestemmia contro la concezione liberale dello Stato. E' sulle regole che ti devi contrapporre, perché un sistema non può essere un altro. O è liberale o è corporativista. Altrimenti dopo il mattarellum e il tatarellum avremo il mattatatarellum. Il metodo non può dare che questo.

D. E Berlusconi il metodo l'ha accettato?

R. Berlusconi, dopo due anni di linciaggio, s'è convinto che in Italia è possibile sbagliare se si sta a sinistra, ma è più costoso, talvolta impossibile, se si sta a destra. La sinistra gli ha fatto capire che se si vuole salvare deve farsi cooptare, come il compagno Monsignor Dini, la compagna monsignora Pivetti, il compagno monsignor Bossi. Confalonieri, dell'Utri, Letta, che sono quelli che nell'ultimo anno hanno remato contro il Polo, contro Forza Italia, lo hanno costretto a diventare una specie componente esterna dell'Ulivo. E la grande intesa, patrocinata anche da Scalfaro, a questo serve: a "ridurre a senno" il primo fatto nuovo esploso in Italia negli ultimi 40 anni. Berlusconi poteva fare la rivoluzione liberale".

D. Anche D'Alema si dice liberale.

R. Lui probabilmente lo crede. Come pure Prodi, che è una persona onesta, seria, ma rimane uno splendido boiardo di Stato. Liberale...Anche Giovanni Gentile, con molti più titoli, riteneva di esserlo. Ma oggi la moderna lotta di classe è fra burocrati e ceti produttivi. In questi giorni, e nelle prossime due settimane, chiederò al Polo di riprendere la bandiera liberale. Di ripartire dalla proposta del modello americano. Di evitare il disastro di un divorzio definitivo tra l'elettorato italiano che è presidenzialista, federalista, liberista, e il Polo. Servono nuove regole. Bisogna chiudere l'era della partitocrazia, abolire il monopartitismo imperfetto della consociazione. Chiederò un incontro di tutto il Polo, per recuperare le ragioni del '94.

D. E perché mai uno come Fini dovrebbe impugnare la sua bandiera?

R. Fini come D'Alema, lo farà se capirà che gli conviene.

 
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