PANNELLA INSISTE: UNIAMOCI CONTRO "ROMA LADRONA"
Intervista di Marco Ventura a Marco Pannella
pag.2
Bossi lo bolla come terùn e casinista, e respinge la proposta di Pannella di marciare insieme il 15 settembre in riva al Po. Lui, Pannella, con la determinazione serena del discepolo di Gandhi, porge l'altra guancia e rilancia: "Battuta per battuta, se c'è uno che oggi fa un gran casino è proprio lui. Ma lasciamo perdere le battute, piuttosto cerchiamo di ragionare apertamente e se Bossi lo vorrà, anche direttamente". Un invito: incontriamoci e parliamone...Ma di che cosa? "Io propongo alla Lega - spiega il leader riformatore - di non scartare sdegnosamente e frettolosamente un'ipotesi di unione o unità federalista e liberista, antipartitocratica e radicalmente alternativa, anche con l'aiuto possente che potrà venire dai nostri sette-otto referendum liberisti e da quelli volti a salvare la giustizia italiana dal suicidio a cui rischiano di portarla le fazioni dei giudici.
D. In parole povere?
R. Perché non attribuire alle componenti dello Stato federale da creare in Italia anche il potere di nomina o elezione dei giudici o almeno dei procuratori?
D. Alla Lega portereste in dote il potenziale politico dei referendum che si terranno in primavera?
R. Non solo. Dote e doti: la tradizione federalista degli Ernesto Rossi e degli Altiero Spinelli, fondamento teorico ed ideale degli Stati Uniti d'Europa, la nostra grande esperienza di lotte nonviolente, gandhiane e democratiche, alternative alla violenza dei poteri centralisti. Ma soprattutto le nostre lotte condotte col danaro fornito dalla gente, la nostra onestà, la nostra lealtà a progetti ed alleanze chiari.
D. Bossi, il 15 settembre non vi vuole. Andrete lo stesso?
R. Il problema non è andare o no. noi proponiamo di fare del 15 settembre non la giornata della secessione pompata e "convocata" dagli organi di regime da un mese a questa parte, ma di combinar loro lo scherzo di farne la giornata dell'unità dei federalisti, liberali, liberisti, antipartitocratici...
D. E secessionisti...
R. Bossi è secessionista per necessità, è costretto dal regime a seguire quella strada. E oggi quel che un tempo erano Curcio e le Br, nel senso che in Italia da ottant'anni si sono scelti con oculatezza l'antagonista e il protagonista. Venticinque anni fa si è fatto capire al movimento del '68 e alle varie autonomie che se avessero scelto violenza e terrorismo, sarebbero stati promossi ad antagonisti all'arco costituzionale allargato e a tutti i poteri riuniti. Così Bossi, se razzista e secessionista anziché federalista, sarebbe divenuto l'antagonista storico e politico dell'Ulivo e a quella tanta parte di Polo che purtroppo all'Ulivo è congeniale.
D.Intende che Bossi sta all'inciucio come un tempo le Br alla solidarietà nazionale?
R. Si tenta di usarlo nello stesso modo, ma il disegno è più radicato, articolato e meno grossolano che negli anni della P38, P2, P-Scalfari, Pci, e P-Andreotti...
D. La vera rivoluzione allora come si fa?
R. Non con le Bicamerali o le Costituenti. Certo che la costituzione va cambiata, ma tutta, e non si può farlo in alleanza con "Roma" e la sua classe dirigente dominante che da ottant'anni ha radici torinesi e milanesi.
D. Sottoscrive gli anatemi di Bossi contro Roma?
R. E' del 1950 il nostro slogan: "Capitale corrotta, nazione infetta". Non pensavamo a questo o a quel corrotto o corruttore, denunciavamo un blocco sociale, storico, culturale, che avrebbe prodotto sempre di più un'infezione mortale alla nazione, oltre che ai romani sottoposti a questa "Roma". E non vorrei che Fini e D'Alema si accorgessero di essere due fotocopie nel libro che il potere centralista dello Stato italiano ha scritto e sta scrivendo in questo secolo.
D. E' vero, Pannella, che ha messo in guardia Bossi da Irene Pivetti?
R. Non ricordo. Abbiamo avuto poche, troppo poche occasioni per parlare io e Bossi; sicuramente quando Bossi affermava di essere radicalmente liberista e liberale, fino a portare avanti i referendum con noi ed avere il grande coraggio di puntare sul sistema elettorale americano purché radicalmente federalista, io dissi che la Pivetti non poteva essere attendibile come classe dirigente liberale e liberista, ma che era più omogenea all'Italia post democristiana.
D. E Di Pietro?
R. Gandhianamente, le minacce reciproche di galera fra lui e Bossi non sono molto costruttive. Ma non credo che Di Pietro sarà necessariamente un avversario. Io mi preoccuperei piuttosto di uno schema con Borrelli grande commissario della Repubblica antimafiosa. Caselli procuratore capo a Roma e Vigna e Cordova in posizioni per loro accettabili, in un'Italia dominata dal sacro partito dei giudici al quale, credo, Di Pietro non si è mai iscritto.
D. Tra Pannella e Bossi chi fa più casino?
R. Divorzio, aborto, diritto di famiglia, voto ai diciottenni, garantismo e abolizione del finanziamento pubblico ai partiti sono un contributo importante ad un ordine democratico. Il secessionismo e, ieri, il preteso "razzismo" pre rabbia, disperazione, e frustrazione, mi paiono invece rientrare nel gran casino. Il regime, del resto, sceglie da sempre antagonisti incasinati e incasinabili, con servizi di ogni tipo....
D. A proposito i dossier, i falsi dossier dei servizi segreti...
R. Ah, quelli... E' stato un bel pesce d'agosto che poteva seppellire l'ottimo Bossi con una grande risata sei i giornali di regime non avessero deciso di risparmiarlo.