In questo Paese, costituzionalmente refrattario agli spiriti del liberalismo anche se pronto a metabolizzarli nelle forme accomodanti del carattere nazionale, che puo' fare un liberale che non vuole rassegnarsi a lasciare le cose come stanno? Se rileggiamo da un punto di vista cosi' angolato la storia della democrazia italiana da quando una straordinaria classe politica cinquant'anni fa, la inventò come democrazia di massa, possiamo dire - schematizzando - che questo interrogativo ha trovato essenzialmente due tipi di risposte (o forse tre, valutando più nell'ispirazione che nella sua pratica il disegno malagodiano di creare una moderna destra liberale).
Due risposte: una di tipo omeopatico e una di tipo traumatico. Da una parte, svanito subito col Partito d'Azione il sogno di trasformare la caduta del fascismo in una 'rivoluzione democratica', c' è stato e c'è tuttora il tentativo di inserire se non altro 'elementi di liberalismo', - parafrasando Enrico Berlinguer - nella cultura e nell' azione politica della sinistra originariamente di matrice operaia e di formazione marxista (all'ingrosso). Parri, La Malfa, Bobbio, Scalfari: ciascuna per il suo, mi sembrano le figure più rappresentative di una tendenza che, nonostante la crisi storica dei socialismo, sta ancora oggi incontrando più resistenze del previsto.
Dall'altra parte, fallita rapidamente l'esperienza del primo partito radicale (1955 62) come forza omologa alle altre nelle sue modalità d'azione, c'è stato e c'è tuttora il tentativo di far emergere a furia di scossoni quegli aneliti liberali che - forse - si trovano imprigionati, sotto il peso di una storia ostile nel profondo della società italiana. E' la strategia di Marco Pannella, che per questo è sempre stato intenzionalmente scandaloso nel suo modo di fare politica - nella scelta cioè degli obiettivi, degli strumenti e dei suoi stessi alleati o meglio compagni di strada - e per questo non ha mai tenuto conto degli spartiacque convenzionali, ritenendo che destra e sinistra si definiscono anzitutto in base alla natura complessiva del regime politico e sociale, per cui in qualche misura si rispecchiano l'un l'altra.
E' normale perciò che, mentre strappa gli ultimi veli (per la verità molto trasparenti) del falso liberalismo ostentato dalla nuova destra, Pannella riapra adesso il dialogo con quella sinistra che è il suo naturale interlocutore. E normale sarebbe che si affrettassero a spalancargli le porte tutti quanti sono interessati al rinnovamento di una sinistra che oggi si trova assediata, anzi infiltrata, da populisti di ogni specie e risma, non solo conservatori ma perfino reazionari.